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L’Alitalia in lotta, senza sciopero
di Francesco Piccioni
«Sciopero» fantasma nella compagnia aerea, dove invece viene confermata la mobilitazione «nel pieno rispetto delle regole». Decine i voli cancellati. Bloccati anche i trasporti pubblici, per il contratto della mobilità. Intanto l’industria registra un nuovo crollo
La stupidaggine arriva ad assemblea conclusa. Dopo ore ed ore di discussioni, serie, appassionate e intelligenti come sanno esserlo soltanto quelle tra persone che si giocano il posto di lavoro. Ossia la vita. E sorprende che ci sia sempre, anche in queste condizioni, chi non capisce dove si trova; o la portata della posta in gioco. Eppure gioca.
Non è difficile spiegare da dove venga quel fantomatico «sciopero» dichiarato all’improvviso, verso le 16 di ieri, da un «comitato» che non a caso non comprende nessuna delle organizzazioni che da giorni - non avendo sottoscritto i contratti imposti dalla Compagnia aerea italiana (Cai) - stanno sviluppando la mobilitazione all’interno di Alitalia.
Una battaglia difficile, contro un’azienda che non c’è più (e che quindi non subisce alcun danno da uno sciopero) e una che non c’è ancora; con il governo come vero dominus di uno scontro fuori di ogni regola. Una battaglia che alla fin fine ha stabilito un percorso, fissando lo sciopero legalmente indetto al 25 (data prenotata dalla Cub, cui tutte le sigle «ribelli» hanno dato adesione), e stabilendo fin lì un «codice di comportamento» improntato al rigido rispetto delle norme fissate nei manuali operativi. Non è poco, in un lavoro dove alla fin fine ognuno è solo con se stesso e un gruppo di colleghi che si può contare sulle dita di una mano. E’ molto, invece. Tant’è vero che ieri quasi tutti i voli hanno portato ritardi più o meno apprezzabili; alcuni sono stati cancellati. Senza sciopero.
Una situazione che comincia a farsi difficile per il governo (la Cai, come spiegano i dipendenti, aveva rinunciato già due volte a presentare l’offerta; solo Berlusconi li ha sempre riportati in gioco), ancora «padrone» del pacchetto azionario e al tempo stesso «garante» degli accordi stracciati un attimo dopo la firma. Al punto che molti - nel governo - puntano sul possibile «incidente» in grado di trasformare un complesso problema di relazioni industriali in una «questione di ordine pubblico». Basta far caso a quanti politici parlano della mobilitazione abusando di metafore militari («non ci faremo intimidire», «andremo avanti lo stesso», ecc).
L’assemblea di ieri doveva comunque far conto anche con una esasperazione vera. Mesi di finte trattative «con un pistola puntata alla tempia», di acquirenti che vanno e vengono, prospettive di vita che si disfano... Eppure prevaleva nettamente il ragionamento. Fa effetto vedere all’opera certi meccanismi. La «lotta» non è un dovere ideologico. «Si fa», cresce con in capannelli di persone che discutono tra loro; prende corpo e si modifica secondo gli interventi. Dipende da chi sei, che storia hai, che mansione copri nella «produzione» (c’è poco da fare: in una compagnia aerea il personale di volo è la «figura centrale»; i piloti in primis), quanto pesi come sindacato. Ma dipende anche dagli umori, dalle presenze. E dagli osservatori - i media - quasi mai disinteressati.
E’ qui che le proposte «estreme» possono diventare «di destra». La polizia è a 5 metri. Un gruppo - nemmeno numeroso - propone il «blocco totale subito». Si siedono in terra vicino al varco degli equipaggi. E’ un gesto poco meno che simbolico (i varchi sono sei: chi deve salire su un aereo ha altre cinque alternative), ma eccita le «forze dell’ordine». Basterebbe identificare i protagonisti della mini-protesta per veder partire altrettante lettere di licenziamento che metterebbero in difficoltà tutti gli altri.
Partono le discussioni. Da un lato si cerca di convincere la polizia ad attendere, dall’altro di far tornate indietro la manifestazione improvvisata. Ci si riesce: tutti d’accordo nel togliere il «blocco». Poi ci si scioglie, di fatto. Poco più di cento restano sul piazzale. Qualcuno mette ai voti una «mozione» per lo sciopero subito. C’è chi la contesta (Paolo Maras, dell’Sdl). Passa per un pelo. Un attimo dopo Alitalia informa i passeggeri (e soprattutto le agenzie di stampa) che per oggi non garantisce i voli. La stupidaggine era davvero molto attesa. Basti pensare che tra gli scioperanti a sorpresa non c’è un solo pilota. Gli aerei, oggi, decolleranno lo stesso. Un po’ in ritardo magari, come deciso in assemblea.
Il resto è cronaca. Il «garante» per gli scioperi nei servizi pubblici apre un’inchiesta (ne sono stati dichiarati 15, da qui a maggio) e convoca le parti. E siccome interpreta in modo originale il ruolo di «garante» chiede preventivamente la precettazione dei lavoratori (pensate voi se fosse stato un giudice...). Il ministro dei trasporti, Altero Matteoli, approva il suggerimento a tambur battente. L’Enac - come da copione - si è messa ad indagare sugli «scioperi» che ancora non ci sono. Anpac, Up, Sdl, Avia e Anpav confermavano il tipo di mobilitazione già in atto, dove la parola «sciopero» ricorre solo per la scadenza del 25.
Di reale c’è solo il numero degli aerei che portano ritardo, in crescita. Sono iniziate anche le cancellazioni, perché i ritardi - in questo settore - tendono ad accumularsi, fino a non essere recuperabili nel corso della giornata. Per oggi è previsto un ncontro tra i sindacati confederali - firmatari dei contratti-capestro proposti da Cai - per discutere su cassa integrazione e mobilità (le procedure sono state avviate da Alitalia, con l’invio delle lettere ai dipendenti per «cessata attività»), con molti probllemi per quel che riguarda il pagamento delle tredicesime e i carichi di lavoro di novembre (che finiranno probabilmente nelle «insinuazioni al passivo»). Come dicevano ieri a Fiumicino: «se magari qualche sindacato confederale si fosse fatto vivo per illustrarci, in assemblea, cos’è che hanno firmato quella notte a palazzo Chigi...».