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L’Aquila - Il potere a piazza Palazzo, i fatti a piazza Nove Martiri

Publie le lunedì 22 marzo 2010 par Open-Publishing


Non so come raccontarvi la giornata di ieri. Non riesco a narrarla come una cronista del terremoto aquilano, quale mi sono autoeletta dal 6 aprile. Un cronista dovrebbe essere privo di coinvolgimento emotivo e parlare semplicemente degli accadimenti. Io, invece, la giornata di ieri l’ho vissuta con il cuore aperto e con tutta me stessa. Ed è stata bellissima.

Ancor più bella di quel 14 febbraio scorso, quando è nato il movimento dei cittadini aquilani. Dopo giorni di scoramento,nel corso della settimana,dove sembrava di essere di nuovo soli e pochi di fronte alla macchina da guerra che organizza i consensi elettorali, e sembrava di essere inermi, quasi schiacciati, dal clero, dai politici, dall’esercito, dalla polizia, da Bertolaso che tornava alla carica con i metodi che conosciamo, ebbene siamo esplosi di nuovo. Tantissimi ed incontenibili.

Alle 10 del mattino le carriole erano pronte per partire alla volta di piazza Palazzo. Sapevamo che l’esercito ed i vigili del fuoco l’ avevano sgomberata dalle macerie, ma volevamo constatare il lavoro fatto. E poi, provare,senza consenso della Digos, ad avanzare alla volta di piazza San Pietro. Cuore del quarto più devastato dal sisma.

Si stava partendo quando un’auto blu è arrivata. Il presidente della regione, Gianni Chiodi, voleva entrare in piazza con noi. "Vi faccio strada" ci ha detto l’ennesimo strumentalizzatore. Qualche sguardo scambiato velocemente e il corteo non è partito. Lo abbiamo mandato avanti solo, con il codazzo dei giornalisti. A riprendere la piazza pulita e vuota.

Siam partiti dopo una quindicina di minuti. Lentamente. Eravamo fortemente contrariati dall’ennesimo spot. Dopo alcuni metri, ancora qualche sguardo di tacita intesa, abbiamo iniziato a correre, con pale, secchi e carriole. Qualcuno ha spostato una transenna, posta ad occultare sapientemente una delle tante piazze della nostra meravigliosa città, e ci siamo imbucati per la stretta viuzza che conduce a piazza Nove Martiri. E lì, davanti ai nostri occhi, si è svelato il mucchio di macerie che la sovrasta. Ed i giardinetti invasi di sporcizia e materiale di risulta. E abbiamo iniziato a spalare. E differenziare. E la catena umana si è formata spontaneamente. E i cittadini arrivavano, in massa.
Ci siamo abbracciati, quasi piangendo. La fantasia e la spontaneità che vinceva sul potere. E quante facce nuove e quanta buona volontà.

Nel frattempo, al parco del Castello, altre centinaia di persone, famiglie con bambini, ripulivano le aiuole e piantavano le primule. E i bimbi facevano disegni.

La piazza del Duomo era pienissima. Nei tendoni che avrebbero ospitato l’assemblea cittadina si prendevano le prenotazioni dei partecipanti. Più di quattrocento. Ma erano in tantissimi quelli che assistevano da esterni. Alla spicciolata ci siamo diretti a piazza Palazzo, in tempo per constatare che è stata ripulita, ma che la differenziazione non è stata effettuata, se non per qualche mucchietto di pietre poste lì per le telecamere. Sarà una dura battaglia, che verrà portata avanti con la carta bollata. A suon di esposti.

Vedere lo "struscio" lungo il corso cittadino, dopo quasi un anno, mi ha commossa. Gli Aquilani, anche quelli che non hanno spalato, si son ripresi la loro città. Deserta fino a qualche settimana prima.

L’assemblea, facilitata da esperti volontari, giunti da Roma e Firenze, ha prodotto un primo documento importantissimo. I bisogni e le proposte dei cittadini. Tavoli di lavoro dove ognuno si è reso referente e responsabile delle proposte avanzate. I facilitatori ci hanno detto che mai avevano visto un’assemblea tanto sentita e partecipata. E poi il pranzo, offerto dagli amici di un vicino paese, con il supporto di tutti noi, ci ha visti intorno agli stessi tavoli di discussione. Ci ha visto sorridere. E sperare.

Sappiamo che sarà dura. E che il percorso di ricostruzione della nostra città lungo e periglioso. Ma la ricostruzione sociale è iniziata da noi. Dal popolo delle carriole, come i media ci hanno battezzati. Un raggio di sole, nella giornata dal cielo velato, ha illuminato lo scorcio della serata. Un segno di speranza e di unità. Sappiamo bene che ormai costituiamo una realtà tangibile. E ci temono in molti. E molti vorrebbero cavalcare i risultati dello sforzo e del sacrificio che, dopo undici mesi, mostra i suoi frutti. Noi vogliamo continuare ad essere liberi. E a rivendicare il diritto alla partecipazione. Alla trasparenza. Alla verità.

Miss Kappa 22.03.2010

http://abruzzo.indymedia.org/article/7442