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L’Argentina di Naomi Klein "Si sono salvati con la ribellione"
Publie le giovedì 17 marzo 2005 par Open-PublishingIntervista alla giornalista icona del movimento no global
che ha girato un documentario sulle rivolte nel Paese di Menem
di GAIA GIULIANI
"PRENDERE quello che non ci hanno dato". Vuol dire questo "The
take", il titolo del film documentario che Naomi Klein, scrittrice e
icona del movimento no global, e il marito Avi Lewis, giornalista,
hanno girato nelle fabbriche argentine occupate dopo la crisi del
2001, l’anno della bancarotta. Prendere quello che agli operai
argentini è stato tolto o, più semplicemente, non è stato dato.
Nel film si vedono immagini di repertorio con i camion blindati
delle banche avanzare come dei tank tra le strade di Buenos Aires
portando fuori dal paese i risparmi della gente. Con uomini e donne
al seguito che urlano impotenti, tempestando di pugni i cancelli
degli istituti di credito che non riapriranno più, tanto i forzieri
sono stati svuotati.
In un giorno hanno perso i risparmi di una vita, le fabbriche dove
avevano lavorato per anni hanno chiuso. "La grande forza degli
argentini è stata quella di ribellarsi, di cercare un’alternativa
per riprendersi dal tracollo - commenta Naomi Klein - e lo slogan
che fa da sottotitolo al film, ’occupare, resistere, produrre’ è
nato da loro e racconta una rivolta pacifica".
Perché girare un film sulle fabbriche argentine?
"Perché il forum di Porto Alegre del 2002 sviluppò l’idea di
un’alternativa al mercato globale delle multinazionali. Quando gli
operai argentini occuparono le fabbriche chiuse, riattivando da soli
il ciclo produttivo, io e mio marito abbiamo pensato che si stava
passando dalla teoria dei forum alla pratica delle catene di
montaggio. E volevamo farlo conoscere al mondo. Siamo arrivati otto
mesi dopo la crisi e ci siamo rimasti per sei settimane. La
situazione era disperata e incoraggiante, eravamo stupiti dalla
capacità di reazione che avevano avuto gli operai. Molto più
efficaci nella loro battaglia produttiva di quanto non lo fossero
stati i padroni delle fabbriche o lo stesso Menem che aveva
privatizzato tutto".
Operai-imprenditori, è possibile?
"Diciamo che la differenza si può riassumere nel mate, una bevanda
tradizionale del Sud America dal grande contenuto energetico. Utile
per la produttività perché tiene svegli, era ben vista dagli
imprenditori ma solo se bevuta in solitudine. In gruppo cambiava
veste diventando immediatamente sovversiva, una minaccia. E infatti
per gli operai della Bruckman (una delle fabbriche dove sono state
fatte le riprese, ndr), c’era il divieto assoluto di berla insieme,
e non avevano neppure il permesso di parlare tra loro, anche nelle
pause lavorative. Il lavoro era diventato uno strumento per
distruggere la connessione sociale".
Come si arriva dal mate all’occupazione?
Gli operai hanno ricreato un circolo virtuoso in cui ognuno ha messo
in campo le proprie capacità professionali, formando una rete di
collaborazione dove è stata usata l’unica arma vincente: il supporto
della comunità. Hanno deciso di correre insieme il rischio di
un’occupazione e, quando il loro lavoro ha cominciato a dare i suoi
frutti, si sono assegnati gli stipendi sottraendoli dai guadagni e,
soprattutto, dalle somme che dovevano essere investite per
continuare a far funzionare le fabbriche. Tutto quello che i vecchi
padroni avevano tralasciato di fare, intascando la maggior parte dei
guadagni e indebitandosi sempre di più grazie alla copertura del
governo. La Zanon, una azienda di ceramiche occupata e rientrata in
produzione grazie alla gestione operaia, adesso dona le sue
ceramiche agli ospedali, e lo può fare senza andarci in perdita. La
comunità è contenta, e se può collabora".
Non ci sono state reazioni da parte della forza pubblica, dei
legittimi proprietari delle industrie?
"Certo, ma la comunità ha fatto quadrato. Alla Zanon quando è
arrivata la polizia gli operai hanno cominciato a lanciare delle
palle di ceramica con le fionde, usando una parte del processo
produttivo per combattere il tentativo di sgombero. Simbolico, no?
Intanto dall’altra parte della barricata scendevano in strada le
madri urlanti che accerchiavano gli agenti".
Tutti in rivolta, ma chi ha portato Menem al ballottaggio alle
elezioni del 2003?
"Non lo so, ma che sia stato votato da milioni di persone è vero.
Purtroppo questo dipende dal fatto che la gente ha sempre bisogno di
un salvatore, di qualcuno che gli dia speranza, anche se ha già
fallito. Menem per fortuna si è ritirato, ma il suo esempio mi
ricorda da vicino l’Italia con la doppia elezione di Berlusconi. Un
mondo nuovo è possibile, ma bisogna imparare da esempi come quello
argentino. Quella sì che è una vera storia globale".




