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L’Ernesto: «Prc via dal governo e diciamo no alla Cosa Rossa»
Publie le martedì 18 dicembre 2007 par Open-PublishingFosco Giannini e Luigi Pegolo criticano l’operato del partito e il
percorso che ha portato al nuovo soggetto politico
Fuori dal governo, fuori dalla Cosa rossa. Perché entrambi sono
«dichiaratamente troppo moderati». Lo hanno chiesto ieri Fosco Giannini
e Luigi Pegolo, parlamentari di Rifondazione comunista, area Ernesto. La
loro presa di posizione giunge il giorno dopo la votazione della fiducia
al governo sul decreto espulsioni, l’«ennesimo atto di lealtà verso il
governo che ha fallito» puntualizzano. «E se anche il presidente della
Camera, che è stato uno dei principale sponsor di questo esecutivo ha
detto le stesse cose, vuol dire che il problema c’è» puntualizza Giannini.
«Siamo dentro una fase in cui tutti siamo caduti dentro la grande
illusione che qualcuno aveva già chiamato “pericolo di cretinismo
parlamentare”, ossia l’illusione che si possano cambiare le cose nella
schermaglia istituzionale quando i padroni, il capitale e la borghesia
partono da posizioni oggettivamente favorite» dice il senatore Prc. Da
questa analisi non può che discernere un cambiamento di rotta: «Noi
crediamo che ora i rapporti di forza a favore del nostro popolo si
possano cambiare attraverso l’inaugurazione di un nuovo lungo ciclo di
lotte sociali, necessario come il pane». Per fare questo però serve una
rappresentanza politica: «Chi ci si mette alla testa?» si chiede
Giannini. Non la Cosa rossa «che non ne ha la forza e lo spessore perché
nasce perché è nato il pd. Ma si fa così un progetto? La Cosa rossa sta
nascendo su una piattaforma politico sociale moderata, lo dicono loro
stessi. Per esempio, il 20 ottobre Mussi non è venuto e questo è
simbolico, vuol dire che lui è il teorico del bipolarismo».
Un attacco più diretto al partito lo ha fatto Pegolo, riferendosi al
voto di giovedì al Senato: «Il gruppo del Prc si è diviso
sull’opportunità di dare o meno la fiducia, ma serviva dare un segnale
estremamente forte. Avevamo chiesto il ritiro della delegazione di
governo, ora invece si rischia l’ennesimo accordicchio. Per questo noi
riteniamo che sia venuta meno la condizione per la permanenza del Prc al
governo: le condizioni, i vincoli che subisce da parte dei poteri forti
sono tali da non consentire l’evoluzione positiva che ci attendevamo». È
per questo che, continua Pegolo «la verifica di gennaio non serve a
nulla, perché c’è già stata in questo anno e mezzo». Da qui la critica
anche riguardo quello che sta succedendo all’interno di Rifondazione
comunista: «La decisione di spostare il congresso limitandosi a una
verifica con gli iscritti è inutile. Di più, è un fatto antidemocratico
e la dimostrazione che il gruppo dirigente non si sente più sicuro».
Alla conferenza stampa ha partecipato anche Leonardo Masella, capogruppo
del Prc nel consiglio regionale dell’Emilia Romagna. Anche lui non ha
risparmiato critiche: «Si è fatta una critica al potere poi invece ci
siamo ancorati. Ma se la linea cambia ci vuole un nuovo gruppo
dirigente. Invece c’è paura di ricevere dal congresso uno stop alla
“cosa rossa-arcobaleno” e quindi di stoppare il processo che dovrebbe
portare al superamento del Prc. Ma è possibile che la “cosa
rosso-arcobaleno” nasca senza nemmeno un congresso?». Infine Francesco
Maringiò, del coordinamento nazionale dei giovani comunisti: «Dal punto
di vista delle nuove generazioni il giudizio sul governo non può che
essere senza appello. Il bilancio e la verifica possiamo farli già da
adesso. Sul versante della lotta alla precarietà questo governo è
rimasto sordo».
Liberazione 8 dicembre 2007