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L’Iran, il nostro sconosciuto fratello

Publie le martedì 30 giugno 2009 par Open-Publishing
3 commenti

Abbiamo tentato di capire cosa succede in Iran ma senza risultato. Per quanto in Italia ci si possa irritare per le invasioni di una Chiesa spesso soverchiante e impicciona, non abbiamo mai conosciuto una dominazione teologica della pesantezza di quella che domina l’Iran in modo medievale, e questo paese con i suoi usi e la sua cultura cosi’ devastante per il mondo femminile e cosi’ fanatizzante per quello maschile ci presenta un enigma di difficile comprensione come se guardassimo un mondo alieno. Anche se la sofferenza e’ uguale in tutto il mondo, uguale l’oppressione, uguale il tentativo di evolvere verso un mondo piu’ giusto, ugualmente solidale la vicinanza ad un popolo oppresso, ci sono coordinate che ci sfuggono perche’ non rientrano nella nostra mentalita’.

Difficile e’ vedere nella prospettiva giusta chi proclama l’insurrezione delle piazze come un grande movimento di liberta’ e chi invece lo legge come istigata da potenze occidentali. Difficile capire cosa sarebbe meglio per il futuro dell’Iran. Se le forme oppressive e insopportabili di chi violenta le elezioni, inganna il popolo, e infierisce sulla gente nelle piazze, bloccando ogni informazione ci fa reagire violentemente, restano pero’ per noi confuse le aspirazioni e le possibilita’ e non chiare le motivazioni, dal momento che l’antagonista di Ahmadinejad non sembra meglio di lui.

Ho chiesto a un’amica iraniana che vive in Italia di farmi chiarezza, ma non ne ho ricevuta.

Sashinka e’ figlia di un uomo che ha tradotto il libro di una prigioniera politica iraniana, comunista, ora rifugiata in Inghilterra, lei lo ha sistemato, sono riusciti a farlo pubblicare, ma non e’ stato facile distribuirlo. Purtroppo anche la sinistra, a cui questa prigioniera appartiene, nonostante le torture subi’te da questa donna, non ha ritenuto idoneo far girare le sue memorie, perche’ si sentiva "distante" dalle sue posizioni politiche.

Sashi dice:

“Ho capito cose in questi anni e con quel libro che mi hanno parecchio amareggiata. In merito a cio’ che si dice di Mousavi, purtroppo e’ la verita’. Mousavi era uno dei boia del regime di Khomeini e, a mio avviso, sta cavalcando l’onda di dissenso per le lotte di potere che ci sono all’interno delle fazioni. Ma al di la’ di questo, il popolo, che non ha grandi alternative di voto e che comunque si e’ attenuto ai programmi del signor Mousavi, si e’ sentito tradito perche’, evidentemente, per la maggior parte non ha votato Ahmadinejad.

Io credo che la protesta della gente vada al di la’ delle urne. Gli iraniani non ne possono piu’: le donne sono trattate come animali, i giovani (il 70% degli iraniani ha meno di 30 anni) si drogano tutti, i poveri sono troppi e tutto questo prosegue da 30 lunghi anni. La sinistra, ahime’, sta sempre comodamente seduta in poltrona a giudicare le situazioni senza riflettere fino in fondo. In ogni caso e’ vero che Mousavi non e’ un’alternativa...

Quando si parla di Iran, la premessa e’ che, dal 1980, il paese e’ in mano a una teocrazia, cioe’, presumibilmente, a un “governo di Dio”. Non aggiungo niente di nuovo se dico che dal 1981 al 1989, l’attuale avversario politico di Ahmadinejad, MirHossein Mousavi, era primo ministro della Repubblica Islamica, fomentava la guerra Iran – Iraq, auspicava la tortura, le impiccagioni, la violenza sessuale a danno delle prigioniere politiche condannate a morte e ancora vergini.

Non stupisco nessuno, neanche se ricordo che le elezioni in Iran sono quanto di piu’ lontano dall’idea di democrazia ed e’ piu’ che comprensibile che gli articoli dei cosiddetti “illuminati” siano pieni di queste, ormai scontate, notizie. Ma come in ogni discorso che sia scontato, c’e’ un “pero’”.

Mi chiedo quanti di quelli che, come me, sperano in un mondo migliore, desiderano l’uguaglianza sociale tra le persone, lottano perche’ non si muoia piu’ di fame, quanti, appunto, si sentano a proprio agio ripetendo quello che dicono gli ayatollah, e cioe’ che la protesta post – elettorale iraniana e’ orchestrata dall’occidente. Dietro a un’affermazione del genere, se ci si ferma a questo, c’e’ tutta la superficialita’ tipica degli intellettuali seduti in poltrona e di quelli che il popolo lo amano solo nelle pagine di storia.

Dietro a questa affermazione isolata, c’e’ anche un vergognoso disprezzo per il popolo, quel popolo che dal 12 giugno 2009 sta protestando e sta subendo le conseguenze della totale illiberta’ di un regime crudele e incapace di sopportare una sola parola di critica nei suoi confronti, figuriamoci una rivolta.

Ma qual’e’ il problema di fondo? La insensata credenza per cui la Repubblica Islamica sarebbe una roccaforte contro gli Stati Uniti, porta all’altrettanto insensata giustificazione di un regime sanguinario che non ha niente da invidiare alla Germania nazista. Ci sono fiumi di libri di esiliati politici iraniani – un esempio e’ ‘Sotto il cespuglio della bella di notte’, di Nasrin Parvaz – in cui si descrivono le barbare pratiche della Repubblica Islamica, non solo contro i comunisti, ma contro tutti quelli che non la pensano come loro.

Quindi, certamente Mousavi non e’ l’alternativa e certamente e’ stata fatta una grossa campagna elettorale che ha illuso la gente con la promessa della partecipazione, senza dubbio ci sono forze occidentali interessate al declino della Repubblica Islamica, ma c’e’ anche la gente.

C’e’ il 70% della popolazione che ha meno di 30 anni, che non sopporta piu’ il clima nefasto in cui e’ costretta a vivere.

Ci sono le donne – di cui i compagni intellettuali spesso si dimenticano – che pur laureandosi trovano difficilmente lavoro, che pur essendo uguali ai maschi, senza i maschi non sono nessuno. Le donne che sono costrette a mettere dei fazzoletti in testa con la scusa della religione, ma che vengono spinte dal regime a prostituirsi per due pecore o una vacca.

Con queste premesse e postille dovremmo fare i conti, appoggiando e rispettando un popolo che sta pagando il prezzo del suo dissenso, ma che e’ lontano anni luce dal concetto di martirio promulgato dal Corano.

Dovremmo fare un bagno di umilta’ e, almeno col pensiero, scendere in piazza con loro”.

Poiche’ sono dura a capire, le ho chiesto: “Ma se Mousavi e’ un carnefice come Ahmadinejad, perche’ il popolo lo ha votato ed e’ pronto a morire per lui?”

Mi ha risposto: “Parteggiano per Mousavi perche’ ha fatto delle promesse. Con la moglie al fianco ha parlato di apertura verso le donne e poi ha detto che avrebbe liberato i prigionieri politici (gli stessi che ha mandato lui in galera). Di fronte a queste e a tante altre promesse e’ difficile preferire Ahmadinejad.”

Noi restiamo senza parole.
Si puo’ essere tanto disperati da accettare di morire per scegliere tra due carnefici quello minore?

Masadaweb.org

Masada n° 948. L’Iran, il nostro sconosciuto fratello

Messaggi

    • L’Iran verso la fine della teocrazia


      Ciò che sta accadendo in Iran, con i risultati elettorali non riconosciuti da Mir Hussein Mousavi, che accusa di brogli il Presidente Mahmoud Ahmadi-Nejad, la Guida Suprema Ali Khamenei che, al contrario, legittima il risultato ufficiale fornito dal Ministero degli Interni e centinaia di migliaia di persone che si riversano per le strade della capitale Teheran per manifestare il dissenso al regime, pone il problema dell’essenza stessa della Repubblica Islamica e del perdurare dell’ideale della Rivoluzione Islamica, a distanza di trent’anni dall’instaurazione del sistema statale tutt’ora in piedi nel Paese.

      Si ha quasi l’impressione che, qualunque sia l’evoluzione che la vicenda subirà, qualcosa in Iran stia davvero cambiando, a livello di struttura statale e ridefinizione dei poteri interni, così come per quanto riguarda il ruolo del leader del Paese. La questione è delicatissima, ma anche molto interessante nell’ottica di una migliore comprensione della direzione che sta prendendo l’Iran. Le questioni sul tavolo riguardano la legittimità della Guida Suprema come capo di Stato assoluto; le due diverse fonti di legittimazione del potere, politica e religiosa, e quale sia quella che oggi prevale; il ruolo dell’ala “militare” composta dal Corpo della Guardia della Rivoluzione Islamica (i cosiddetti Pasdaran); il tutto inquadrato in un sistema nominalmente teocratico e, per di più, sciita.

      Proprio il fattore dello sciismo fornisce una chiave di lettura molto significativa per comprendere meglio il senso della Rivoluzione del 1979, alla luce del fatto che, per questa corrente dell’Islam, il capo della comunità ha il ruolo di luogotenente dell’Imam, che è la vera guida dei fedeli, andato in “occultamento” e non presente momentaneamente sulla Terra (gli Sciiti affermano che tornerà come Messia, il Mahdi). Fino alla sua nuova venuta (qui è, appunto, il senso messianico), dunque, i suoi poteri sono temporaneamente trasferiti ad una figura terrena, che “ne fa le veci”, figura che dunque, a tutti gli effetti, acquisisce un’aurea di semi-santità ed è quasi investita di poteri divini. Nell’Iran post-rivoluzionario, tale figura è stata fatta coincidere con la Guida Suprema, storicamente prima l’Ayatollah Khomeini e, adesso, Khamenei. Per ciò che dovrebbe essere la politica sciita, va da sé che, essendo la vera guida della comunità in occultamento, ma essendo al tempo stesso anche colui che in ultima istanza ha il diritto di prendere qualsiasi decisione (in quanto non è morto, ma solo “nascosto”), il potere decisionale del suo luogotenente dovrebbe limitarsi a perpetuare la funzione dell’Imam dal punto di vista religioso, fino al suo avvento terreno. In altri termini, essendo l’Imam in occultamento sì, ma comunque presente, qualsiasi altro potere diventa illegittimo ed usurpatore, rispetto alla sola autorità (anche politica) riconosciuta. Ciò coincide con una posizione estremamente quietista e poco incline ai cambiamenti politici nel mondo terreno.

      Come fa notare Renzo Guolo nel suo lavoro “La via dell’Imam. L’Iran da Khomeini a Ahmadinejad”, il fatto stesso di portare avanti una vera e propria rivoluzione politica da parte di Khomeini, ha rappresentato una forte rottura con la tradizione, facendo di fatto uscire lo sciismo dal tradizionale quietismo cui era abituato. In questo modo, l’Ayatollah Khomeini ha definitivamente stabilito il sopravvento dell’elemento politico su quello religioso. Questo non è assolutamente un elemento da sottovalutare nel momento in cui ci si accosta all’analisi del panorama iraniano: nonostante lo Stato sia formato, a tutti i livelli, di elementi “religiosi” e “politici” (ne è un esempio lampante la suddivisione, all’interno del Consiglio dei Guardiani, organo di 12 membri preposto all’approvazione delle leggi, tra 6 membri nominati direttamente dalla Guida Suprema e 6 provenienti dall’apparato civile nominati dal Parlamento), di fatto la politica prevale sugli aspetti religiosi. Ne è una ulteriore riprova il fatto che lo stesso Khomeini, prima della sua morte, abbia stabilito che per assurgere al ruolo di Guida Suprema non si debba per forza essere Ayatollah, massimo riconoscimento per le autorità clericali sciite (ed è proprio grazie a tale specificazione di Khomeini che, nel 1989, Khamenei ne ha potuto prendere il posto, pur essendovi in Iran personalità più consone e prestigiose dal solo punto di vista religioso).

      E’ proprio in una simile cornice che oggi, in Iran, gli equilibri di potere sono messi per la prima volta davvero a repentaglio e si potrebbe giungere ad un secondo tipo di rivoluzione, dopo quella del 1979. La contrapposizione non è tra due opposti schieramenti, quello riformista e quello conservatore, ma in realtà tra due modi opposti di concepire lo stesso sistema statale derivante dalla Rivoluzione khomeinista. A ben vedere, il vero sconfitto in entrambi i casi potrebbe essere proprio la Guida Suprema, ossia il concetto stesso di legittimazione di stampo religioso del potere. Appare evidente, infatti, che, sebbene Khamenei pubblicamente appoggi Ahmadi-Nejad, la natura del potere di quest’ultimo ed i mezzi attraverso i quali il potere viene esercitato e incanalato, abbiano poco a che vedere con la spiritualità e molto con il nazionalismo ed il militarismo (magari impregnato, questo sì, di sentimento religioso, per poter raggiungere una più ampia fetta di elettorato). La base di consenso di Ahmadi-Nejad e, soprattutto, gli uomini di cui lui stesso si circonda per governare il Paese, provengono essenzialmente dal mondo dei Pasdaran, più che da quello dl clero. Ciò vuol dire che, se la situazione continuasse ad essere tesa come adesso ed il regime dovesse imporre con la forza la propria volontà, lo Stato si trasformerebbe sempre di più in una sorta di regime militare, piuttosto che continuare ad essere una teocrazia in cui il potere del clero sciita ha effettivamente l’ultima parola su tutto. In un simile scenario, come del resto già sta progressivamente avvenendo da 4 anni a questa parte, il ruolo della Guida Suprema potrebbe addirittura essere messo in secondo piano, rispetto a quello del Presidente, che diventerebbe molto più influente di prima, grazie al controllo delle milizie del Corpo di Guardia della Rivoluzione Islamica (quasi come se fosse un esercito al tempo stesso personale e dello Stato).

      Nell’altro scenario, ancora peggiore agli occhi della Guida Suprema e della legittimazione religiosa del potere, a prendere il potere potrebbero essere quei riformisti rappresentati da Mousavi, ma che in realtà sono oggi guidati da un pragmatico, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ex Presidente della Repubblica e, probabilmente, aspirante al ruolo di Guida Suprema egli stesso. Rafsanjani è a capo dell’Assemblea degli Esperti, organo composto da 86 membri eletti dal popolo, unico nel Paese che ha il potere di destituire la Guida Suprema in carica. Mosso anche da interessi economici personali (Rafsanjani è uno degli uomini più ricchi del Paese ed è a capo di un vero e proprio impero economico privato), l’ex Presidente starebbe addirittura tentando di raccogliere i consensi necessari, all’interno dell’Assemblea degli Esperti, per destituire Khamenei e, grazie alla disposizione per cui non vi è bisogno del titolo di Ayatollah per divenire Guida Suprema, farsi eleggere al suo posto. Dal momento che, per tale scopo, è necessario estromettere dal potere gli ultra-conservatori guidati da Ahmadi-Nejad, si spiegherebbe l’alleanza tra Rafsanjani e Mousavi. D’altro canto si spiega la difesa dei valori della Rivoluzione da parte di Ahmadi-Nejad e, dall’altra parte, l’appoggio che quest’ultimo ha da Khamenei, sebbene la stessa Guida Suprema veda in Ahmadi-Nejad un elemento di destabilizzazione per la sua legittimazione di tipo religioso del potere.

      Questa sembra, dunque, essere la posta in gioco in Iran: il sistema messo in piedi all’indomani della Rivoluzione e il concetto di teocrazia e legittimità religiosa del potere. Il clero sciita e la Guida Suprema attuale potrebbero essere messi in secondo piano da un regime di stampo militare e praticamente laico (Ahmadi-Nejad), nel migliore dei casi. Altrimenti l’Iran, con i riformisti e i pragmatici di Rafsanjani che hanno l’intento di spartirsi il potere, potrebbe divenire una Repubblica sempre meno religiosa e sempre più politica, riducendo l’elemento religioso, attualmente fondante della Repubblica stessa, a mera caratteristica sociale e popolare, piuttosto che statale. La seconda rivoluzione sembra essere sempre più probabile, tutto sta a vedere in che direzione andrà.

      Stefano Torelli

      Link: http://www.lospaziodellapolitica.com/2009/06/liran-verso-la-fine-della-teocrazia/

    • Bugiarda perché? Perché ho fatto parlare una poetessa iraniana e ho riportato le sue parole?
      Ma capisci almeno quello che stai dicendo? O parli solo secondo pregiudizi e insulti?

      viviana