Home > L’Iraq non farà da base per un attacco all’Iran

L’Iraq non farà da base per un attacco all’Iran

Publie le mercoledì 11 giugno 2008 par Open-Publishing

«L’Iraq non farà da base per un attacco all’Iran»

di Guido Olimpio

su Corriere della Sera del 09/06/2008

Il premier Maliki rassicura AhmadinejadIn Israele divampa la polemica per le dichiarazioni bellicose del vicepremier Mofaz, smentite dalla Difesa

Per ora sono solo indizi. Segnali raccolti da diplomatici e analisti dell’ intelligence chiamati a rispondere a un quesito: l’ attacco all’ Iran è vicino? A giudicare dall’ agitazione delle ultime settimane sembrerebbe di sì. Mettiamo insieme i tasselli partendo dall’ ultimo. Il premier iracheno Nouri Al Maliki, in visita a Teheran, ha assicurato che il suo paese non farà mai da base a un eventuale blitz contro l’ Iran.

Affermazione rivolta non solo ai vicini ma anche a quegli esponenti iracheni contrari a un accordo militare con gli Usa che darebbe al Pentagono la possibilità di usare l’ Iraq come trampolino. Quasi contemporaneamente, in un’ altra capitale molto interessata - Gerusalemme - il governo israeliano ha cercato di prendere le distanze dalle dichiarazioni del ministro Shaul Mofaz. Ex generale, di origine iraniana, con grandi ambizioni politiche, ha sostenuto che l’ attacco per fermare il programma nucleare iraniano è inevitabile.

Preoccupato dalle reazioni - anche il prezzo del petrolio ne ha risentito - Gerusalemme ha ribadito di essere in favore di nuove pressioni internazionali. Una posizione che in realtà - affermano alcuni - sarebbe una cortina fumogena per nascondere i preparativi di un assalto. Il premier Olmert è appena tornato da Washington per «uno scambio di idee» con Bush sull’ Iran. Un incontro preceduto da una consultazione tra i responsabili dell’ intelligence dei due paesi. La sensazione è quella di un crescente coordinamento in vista di un possibile raid.

Tra quanti credono che l’ opzione militare sia ineluttabile c’ è l’ ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer. In un articolo sul quotidiano libanese Daily Star ha disegnato uno scenario che considera altamente probabile un attacco all’ Iran da parte di Israele e Stati Uniti. Ai suoi occhi il recente discorso di Bush alla Knesset, dove ha denunciato l’ arrendevolezza davanti ai mullah, ne è la manifestazione più chiara.

L’ interpretazione di Fischer si salda con l’ indiscrezione su un ordine segreto firmato da Bush a metà gennaio: un atto con il quale la Casa Bianca autorizza, tra l’ altro, operazioni clandestine a sostegno di gruppi armati dell’ opposizione. E qualche attività - secondo informazioni da noi raccolte - sono già in corso. Molti esuli sono convinti - o forse sperano - che «sia possibile una sorpresa».

Ma quando? Esperti militari indicano settembre, perché in quei giorni vi saranno forze americane sufficienti. Altri invece suggeriscono una «finestra» tra novembre e gennaio: ossia quando già è stato eletto il nuovo presidente americano ma non è ancora in carica. Un’ opportunità, aggiungono altri, che potrebbe essere usata da Israele, abile come pochi a sfruttare momenti internazionali particolari.

A Teheran scrutano i «segnali di fumo». I duri, come Ahmadinejad, li interpretano come l’ avvicinarsi di una desiderata Apocalisse. I pragmatici, trovando sponda anche in commentatori occidentali, pensano che gli americani «non abbiano lo stomaco» per farlo, si affidano a contatti riservati con gli stessi statunitensi e puntano sulle resistenze del Pentagono. Per ora si può solo aspettare.