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L’Istat: l’occupazione cresce dell’1,9%, ma il 46% di assunzioni sono contratti a tempo determinato
Publie le giovedì 22 marzo 2007 par Open-PublishingL’Istat: l’occupazione cresce dell’1,9%, ma il 46% di assunzioni sono contratti a tempo determinato
Il lavoro precario è aumentato del 10%
in un solo anno. E’ la grande piaga
di Roberto Farneti
Altro che innalzamento
dell’età pensionabile. E’
la crescente precarietà del lavoro
il primo problema di cui
si dovrebbe occupare il tavolo
concertativo su “Crescita
ed equità” che prenderà il via
oggi pomeriggio a Palazzo
Chigi. I dati diffusi ieri dall’Istat
parlano chiaro: nel 2006,
a fronte di un aumento dell’occupazione
dell’1,9%, il
46% delle assunzioni è avvenuto
con contratti a tempo
determinato. In pratica, un
nuovo posto di lavoro su due
è precario. E non è tutto perché
a questi dati, come ricorda
il segretario confederale
della Cgil Fulvio Fammoni,
andrebbe «sommata l’ampia
area delle false collaborazioni
e del lavoro nero, che non
solo non cala, ma si somma al
lavoro non stabile».
Alla crescita complessiva dell’occupazione
nel 2006 ha
dato un cospicuo contributo
la componente straniera: dei
425mila occupati in più,
178mila sono infatti non italiani.
Tra le vittime della flessibilità
ci sono le donne, a cui
sembra indirizzata la crescente
(+5,4%) diffusione del
part-time: il risultato è che
ormai il 26,5% delle lavoratrici
dipendenti ha una occupazione
a tempo parziale (e riceve,
di conseguenza, un salario
più basso).
Anche il calo record della disoccupazione
registrato dall’Istat
nel quarto trimestre
2006 va preso con le molle. Se
è vero infatti che il tasso ufficiale,
al netto dei fattori stagionali,
è sceso al 6,5%, il valore
più basso dal 1992 (data
d’inizio delle serie storiche) è
altrettanto vero che si tratta,
almeno in parte, di un dato
“drogato”. Basti pensare che il
calo maggiore ha riguardato
il Mezzogiorno, dove il tasso
di disoccupazione è sceso al
12,2% - con una flessione del
2% rispetto al 2005 - e dove
però la sfiducia nella possibilità
di trovare un lavoro sta da
tempo provocando fenomeni
di rinuncia nella ricerca di
una occupazione, soprattutto
da parte delle donne.
Resta il fatto che, malgrado
questo presunto miglioramento,
il tasso del Sud rimane
due volte e mezzo più elevato
rispetto al centro-nord.
Al Nord, infatti, il tasso di disoccupazione
è stato del
3,8% (3,9% nel nord-ovest e
3,6% nel nord-est), mentre al
Centro il dato del 2006 si è posizionato
al 6,1%.
Una cosa è certa, non è tutto
oro quel che luce. E’ vero che
la ripresa produttiva sta
avendo riflessi positivi non
solo sulle entrate fiscali ma
anche sulla quantità dell’occupazione.
Ma è vero anche
che è sulla qualità del lavoro
che si gioca la partita per lo
sviluppo. «La fase di crescita -
avverte la Cgil con Fammoni -
va sostenuta e deve essere accompagnata
da norme per la
buona occupazione dopo
quelle previste nella legge Finanziaria
».
La speranza è che il governo di centrosinistra
sappia ascoltare la voce di chi
rappresenta il mondo del lavoro, vale a dire
i sindacati. Al riguardo è di buon auspicio
il realismo del ministro del Lavoro, Cesare
Damiano, il quale se da una parte sottolinea
«i primi risultati» ottenuti grazie alla
«battaglia contro il lavoro nero», dall’altra
frena gli entusiasmi: «Non voglio ignorare
– spiega Damiano - che le nuove contabilità
considerano i rapporti di lavoro
anche quando sono saltuari e quindi può
accadere che nell’arco di un anno una persona
venga contata più volte. Questo si è
verificato soprattutto negli anni passati».
La volontà del governo di procedere nella
lotta contro la precarietà è testimoniata
anche dall’accordo siglato ieri da Cgil Cisl
Uil con il ministro Luigi Nicolais sul piano
di stabilizzazione degli oltre 300mila precari
nella Pubblica Amministrazione. In
particolare è stata concordata l’istituzione
di un tavolo permanente e c’è l’impegno
del ministro a predisporre, entro metà
aprile, il regolamento per l’attuazione del
fondo straordinario. Più che un piano, una
dichiarazione di intenti, dal momento che
la dotazione iniziale del fondo, come hanno
spiegato i sindacati, è di soli 5 milioni di
euro, ovviamente del tutto insufficienti.
Andranno, quindi, aggiunte risorse successivamente.
Non ci sta la RdB Cub, che
per protesta ha deciso l’occupazione «a oltranza
» della sala Stoppani a Palazzo Vidoni.
«L’occupazione - spiegano le Rdb - proseguirà
finché non ci saranno assicurazioni
sull’incontro con Prodi».
In realtà non ci sono i soldi nemmeno per
rinnovare il contratto degli oltre 3 milioni
di lavoratori pubblici. Il nulla di fatto dopo
l’incontro di ieri con il ministro dell’Economia,
Tommaso Padoa-Schioppa, non
ha lasciato scelta alle organizzazioni di categoria
di Cgil, Cisl, Uil, che hanno immediatamente
annunciato lo sciopero del
pubblico impiego entro il mese di aprile.
Il problema è che il governo, a dispetto di
quanto stabilito dal vertice dell’Unione,
non sembra aver ancora deciso come utilizzare
gli 8-10 miliardi del tesoretto frutto
delle maggiori entrate fiscali. Non è
stata nemmeno definita una linea comune
sulle pensioni, contrariamente a
quanto chiedevano i sindacati. Significativo
l’auspicio espresso alla vigilia del
confronto di Palazzo Chigi dal ministro
per la Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero,
secondo cui il fatto di poter contare su «risorse
maggiori rispetto a quelle preventivate
» rende «possibile» una posizione
unitaria del governo per politiche di welfare,
a cominciare dall’aumento delle
pensioni medio-basse.
Cgil Cisl e Uil hanno invece da tempo definito
le loro richieste: no a innalzamenti
dell’età pensionabile e al taglio dei coefficienti;
sì all’abolizione dello scalone e a interventi
per aumentare il reddito dei lavoratori
e dei pensionati.
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