Home > L’Italia perde a Bankopoli
di Enzo Biagi
Non ho dubbi: se ci fosse un manifesto a favore dell’onestà di Piero Fassino, vorrei essere il primo firmatario. Ma devo dire che qualche leggerezza è stata commessa, con il rischio che il maggior partito dell’opposizione, e tutto il centrosinistra, alla vigilia di un voto importante, ne escano indeboliti. Sicuramente in questi giorni la coalizione ha fatto vedere la sua fragilità. Spaccatura all’interno dei Ds, distacco imbarazzato della Margherita, un vecchio leader, Achille Occhetto, si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, Prodi lapidario, «eventi così costituiscono una ferita profonda della coscienza collettiva del Paese», e Bertinotti, come da copione, che ha sparato a zero su tutti.
Il paragone col centrodestra è evidente anche se insostenibile: da quella parte sono stati tutti stretti intorno a Dell’Utri, a Previti, per non parlare della solidarietà a Berlusconi. Sono convinto che le opinioni vanno distinte dai fatti, e che quindi anche in questo caso la magistratura debba essere lasciata lavorare in pace. Se i manager di Bankopoli hanno sbagliato, devono pagare, ma questo non autorizza il linciaggio preventivo del segretario dei Ds, Fassino.
Poi se c’è uno che non può fare la morale, è proprio Silvio Berlusconi che fa sorridere anche gli ingenui quando sostiene di non aver mai mescolato affari e politica. Si è detto anzi che la politica si è fatta tanto divorare dagli interessi economici da diventare un tutt’uno. Ma sono gli uomini che l’hanno fatta diventare così debole. È possibile che in Italia per far emergere un problema occorra sempre uno scandalo, stavolta quello delle banche? Più di 25 anni fa Enrico Berlinguer diceva: «I partiti sono soprattutto macchine di potere e di clientela, gestiscono interessi lontani dai bisogni umani e non perseguono il bene comune». Aveva ragione. Quella lezione che oggi viene ricordata come la «questione morale» non è servita a nulla.