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L’ORA DI PUNTA

Publie le martedì 11 settembre 2007 par Open-Publishing

Regia: Vincenzo Marra
Soggetto e sceneggiatura: Vincenzo Marra
Direttore della fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Luca Benedetti
Interpreti principali: Fanny Ardant, Michele Lastella, Giulia Bevilacqua, Augusto Zucchi
Produzione: R&C Produzioni, Rai Cinema, French Connection
Origine: Ita, 2007
Durata: 96’

Non importa se Filippo Costa, prima finanziere poi imprenditore ma sempre profittatore, sia l’eccezione o la regola. Lui esiste, fa parte del sistema e decidere se ne sia il frutto o l’origine è questione di lana caprina. Il messaggio che la nostra Italia sia marcia proprio in quegli apparati che, come la costosissima Guardia di Finanza, dovrebbero preservarla da intrighi economici e dalla corruzione è narrato didascalicamente. Ma la storia scorre indecisa fra la denuncia civile, pur non essendo e non volendo essere una pellicola impegnata, e l’introspezione di genere su categorie d’individui. C’è il corrottissimo Comandante del corpo e c’è il tenentino venuto dal profondo Sud con tanta voglia di rapportarsi alla corruzione più che per combatterla per usarla e arricchirsi.

C’è la bella gallerista Catherine avanti con gli anni ma sempre fascinosa, rimasta sola e piena di passione. Colta, benestante e dispensatrice di conoscenze giuste nella classica catena che lega fra loro bel mondo, politici, finanzieri e anche manovalanza malavitosa. In quest’ambiente l’ambizioso Costa vuole finire e restarci, così usa l’avvenenza giovanile e l’intraprendenza per salire in fretta in alto passando sui sentimenti dell’innamorata mallevadrice. C’è la seconda figura femminile debole, l’ex fidanzata di Costa già bidonata che lui ricerca e ricorteggia dopo essersi sistemato con e da Catherine. E’ un mondo di vinti che ha smarrito l’anima e ha lo sguardo ciecamente rivolto al proprio particolare economico o affettivo. E chi non è organicamente cinico e falso come Costa è destinato a soccombere oppure deve chinare la testa e fra lo sconforto accettare come fa Catherine.

Dice Marra d’aver scelto questo titolo per il film mentre osservava il passaggio fitto della gente in uno dei luoghi dove piazzava le cineprese. Celeberrimo slargo al centro della capitale, folla itinerante e lui a chiedersi - in quell’ora di punta - quanti avrebbero potuto vestire i panni di Filippo, del suo superiore, dell’imprenditore evasore e ricattatore, delle belle e usate donne. Ce ne sarebbero tanti, troppi in un sistema che ormai si perpetua senza soluzione di continuità. Inquietante e plausibile supposizione che comunque non solleva la pellicola da una pedissequa ovvietà. E se la finzione fotocopia il reale lo fa nel piattume degli stessi personaggi freddi e inespressivi come sono gli attori Lastella e Bevilacqua.

Dell’Ardant che dire? Come ci sia finita un’attrice e donna di classe su un set che a un interessante spunto fa seguire cospicue ovvietà non riusciamo a capirlo. Forse perché quelle rughe che non offuscano uno dei più bei sorrisi della Settima arte egualmente non cancellano l’innato charme amoroso che la sua femminilità promana. Dunque il ruolo dell’amante dall’intenso glamour non poteva essere che suo. Del resto - dopo essere passata per le trasgressioni parisian-martoniane de “L’odore del sangue” - l’amour fou è uno dei pezzi forti di Fanny sin dai tempi della “La femme d’à côté”. Però quello era Truffaut. Ben altra storia e soprattutto Cinema con la maiuscola.

Enrico Campofreda, 10 settembre 2007