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L’Onda blu invaderà Roma
di Sara Farolfi
Il 12 dicembre è il giorno dello sciopero generale dei metalmeccanici: manifesteranno nella capitale contro governo e Confindustria. Lo ha deciso l’assemblea dei delegati Fiom
Un lunghissimo applauso soffoca le parole: «Sciopero generale dei metalmeccanici il 12 dicembre, con manifestazione nazionale a Roma». Lo ripeterà due volte, il segretario generale dei metalmeccanici Cgil, Gianni Rinaldini, alla platea di 5 mila delegate e delegati riuniti ieri alla vecchia fiera di Roma. Lo scenario è «nuovo e complicato», dice Rinaldini, ma «pur con tutti i nostri litigi, pur tra tutti i problemi, la Cgil rimane l’unica organizzazione di massa». Pochi mesi di governo Berlusconi hanno letteralmente sconquassato lo scenario sociale e i rapporti tra le confederazioni.
La «crisi» (reale) si abbatte su una crisi (materiale) che già c’era. E anche i rapporti dentro il maggiore sindacato italiano sono cambiati, rotto l’isolamento della Fiom. «Non sempre da momenti come questi si esce per il meglio, perciò abbiamo il dovere di stare in campo con un’idea alta di confederalità», scandisce poco dopo Guglielmo Epifani, segretario generale Cgil: «La Fiom e la Cgil sono la stessa cosa, senza annullare la dialettica staremo in campo con un disegno condiviso».
Non fa riferimento esplicito, Epifani, allo sciopero, che nelle parole dei delegati - come anche nell’affollarsi di mobilitazioni già programmate da altre categorie e alcune camere del lavoro - si vorrebbe ’generale’ di tutta la confederazione.
Effetto «onda» (insieme ai delegati ieri dal palco hanno parlato anche alcuni studenti), e non potrebbe essere diversamente all’indomani di una imponente manifestazione per lo sciopero generale della scuola: mai nella sua storia il sindacato italiano ha visto una tale presenza di giovani. «Mai vista una cosa così», ammette ancora incredulo Epifani. Non si sa quando la crisi sarà finita - «non illudiamoci che sarà breve», dice Rinaldini - ma una cosa è certa, secondo Epifani: sarà la più grande redistribuzione negativa contro le giovani generazioni.
Ma quella di giovedì è stata anche la giornata della firma separata sul contratto del pubblico impiego. I segretari di Cisl e Uil, scesi dal palco di piazza del Popolo, sono corsi a palazzo Chigi a firmare il testo dell’accordo scritto e imposto dal ministro Brunetta («e sarebbe ora di una legge sulla rappresentanza», scandisce il segretario Fiom). «Abbiamo detto no perchè non si può accettare un rinnovo che vale meno della metà dell’inflazione reale», spiega Epifani, «se si firma un contratto così, si potrà poi a un altro tavolo (quello con Confindustria ndr) chiedere il doppio?». «Non c’erano le condizioni», alza la voce, un po’ suo malgrado, il segretario generale Cgil, «noi saremmo stati disponibili al compromesso».
E’ un passaggio lungo quello che Epifani dedica al capitolo ’unità sindacale’. Non per caso, su questo il segretario si è speso fino ai limiti del possibile. Ma l’unità - che la base chiede o a cui, come giovedì in piazza, costringe - non può essere racchiusa in quel fare accordi ’a prescindere’, come esplicitamente la intendono Cisl e Uil. «Il governo punta a dividere», convergono sia Rinaldini che Epifani. «Punta a ridefinire il ruolo del sindacato, programmando un’ulteriore riduzione delle retribuzioni insieme al peggioramento delle condizioni lavorative», specifica il segretario Fiom. Confindustria pretende di dettare legge, ma anche in questo caso un documento che di fatto peggiora le condizioni salariali e normative oggi in vigore, con l’esplicito obiettivo di sterilizzare l’azione sindacale, è stato sottoscritto da Cisl e Uil. Promettono in cambio, governo e padroni, qualche soldo in più, con la gestione degli enti bilaterali. Un altro, tutt’altro, sindacato. «No grazie».
Il tutto mentre la crisi precipita. Crisi dell’economia reale, «crisi di un’idea di sviluppo fondata sulla svalorizzazione del lavoro», nelle parole di Rinaldini. Un modello di società per cui «un lavoratore che guadagna 1100 euro al mese è considerato un povero coglione, e i furbi sono i vincenti». Ma c’è un ’qui e ora’, un «quadro socialmente esplosivo» che richiede risposte immediate. Chi la paga la crisi? «Non noi», un po’ come l’Onda, e con un di più, quello di chi la crisi la paga da qualche decennio. La cassa integrazione (cig), per chi ce l’ha, significa stipendi che stentano ad arrivare a 800 euro al mese. Per chi non ce l’ha, per gli apprendisti, per i precari - che sono circa 200 mila nell’industria, tra i 4 e i 500 mila considerando anche il pubblico impiego e gli altri settori - il problema neanche si pone: si va dritti a casa.
Perciò «gli ammortizzatori sociali vanno estesi a tutto il mondo del lavoro dipendente, sia rispetto alle dimensioni d’impresa, che per la tipologia contrattuale, e quindi anche ai contratti a progetto». E’ la prima delle «misure d’emergenza» che Rinaldini elenca (e su cui c’è piena convergenza con quanto più tardi dirà Epifani). «Il governo prenda i soldi dalla detassazione degli straordinari», una presa in giro in tempi di riduzione dei volumi produttivi, incalza Epifani. E ancora: «Non è possibile che uno straniero che viene licenziato diventi immediatamente un clandestino»: «Anche loro devono avere ammortizzatori sociali e il tempo di trovare un lavoro». Infine, sul piano fiscale, è necessario detassare la tredicesima e restituire almeno in parte il maltolto del cosiddetto fiscal drag. «Non è accettabile che se ci sono da salvare banche i soldi ci sono, mentre per tutto il resto ci sono i vincoli europei», conclude Rinaldini.
«Bastonare i poveri e premiare i ricchi», non è forse la stessa storia della legge sull’editoria? Fare piazza pulita di tutto ciò che resta del ’servizio pubblico’, scuola, università, sanità.. E’ un disegno omogeneo e coerente, quello del governo, che in quanto tale richierebbe una risposta unitaria. I metalmeccanici, che nei capannelli ieri parlavano di scuola e dei loro figli, chi del maestro unico chi delle proteste nelle università, lo sanno. Desolante condizione materiale, e insieme voglia di riscatto, negli interventi dal palco. Qualcuno, giovanissimo, non si fa illusioni: «Non è facile oggi la fabbrica, non è facile riuscire ad andare oltre il proprio bisogno individuale». Ma una cosa è certa, l’«onda» non è che all’inizio.
Messaggi
1. L’Onda blu invaderà Roma, 24 novembre 2008, 14:27, di pietro
no alla politica dell’elemosina! No alla detassazione della tredicesima!!
Contro la datassazione 12-11-2008
Certamente la crisi c’è e viene come sappiamo dalla mancanza di regole del liberismo e della globalizzazione. Le "regole" sono sempre state considerate il fumo negli occhi dai fautori della libertà del mercato e dell’individualismo. La verità è che il mercato non esiste quando si giunge alla fase oligopolistica e monopolistica. Possiamo parlare di mercato dei prodotti farmaceutici o delle auto? Ricordate quante piccole e medie fabbriche come la Lancia e la gloriosa Alfa Romeo sono state divorate dalla Fiat?.
Ma la crisi viene usata per terrorizzare l’opinione pubblica, giustificare la decrescenza delle retribuzioni sotto il livello previsto dalla Costituzione, tenere in scacco quanti vorrebbero fare qualcosa per migliorare la loro condizione di vita. Ieri alla Camera il Ministro Tremonti parlava di "intensificazione" della crisi!! In sostanza c’è una irresponsabile amplificazione di una situazione difficile per giustificare un regime di generale depressione delle retribuzioni e le controriforme del welfare.
Vorrei ancora una volta dichiarare la mia contrarietà alla detassazione prima degli straordinari, ora della tredicesima (se sarà fatta) e domani chissà....
Sono contrario perchè la detassazione non affronta il problema di una riforma dell’Irpef ed anzi la rinvia sine die. Non c’è dubbio che va amplificata la parte esente dei salari e delle pensioni e vanno abolite l’irpef regionale e comunale. Queste tendono a pesare sempre di più sui redditi. Bisognerebbe inoltre rivedere il sistema di tassazione delle rendite finanziarie e dei patrimoni naturalmente a partire da certi livelli. Ma questo non viene fatto ed anzi si tende ad appesantire il carico fiscale sui più deboli.
La detassazione non a caso è chiesta dalla Confindustria e dalla Confcommercio cioè dalle organizzazioni imprenditoriali. E’ una alternativa agli adeguamenti salariali dovuti e non realizzati dalle imprese. E’ una mancia una tantum. E’ un modo per dire: non dovete aspettarvi niente da noi! La detassazione uccide lo Stato dal momento che lo priva delle risorse necessarie alla sua sopravvivenza. Si calcola che per detassare la tredicesima ci vogliono nove miliardi di euro. Quale sarà l’effetto di una cosi drastica riduzione delle entrate dello Stato? Quanti servizi si dovranno tagliare ai cittadini oltre quelli già in programma per la scuola e per la sanità? Si debbono abolire del tutto le pensioni ridotte oramai a meno del quaranta per cento delle retribuzioni?
Dal 1993, anno del primo grande accordo di concertazione ad oggi, c’è stato un trasferimento di ricchezze dal lavoro dipendente ai redditi imprenditoriali e professionali di oltre dieci punti di Pil. Insomma c’è stato un impoverimento di venti milioni di lavoratori a vantaggio delle altre categorie sociali!! Questo impoverimento è stato dovuto alla mancata indicizzazione delle retribuzioni ed ai miglioramenti salariali calcolati sulla cosiddetta "inflazione programmata", cioè a molto meno dell’aumento del costo della vita! Quindi nel campo dei profitti ci sono risorse sufficienti per finanziare miglioramenti salariali!
Detassare il salario vuol dire ridurre la sua funzione sociale ed infliggere al welfare un danno incalcolabile a lunga scadenza. Non tanto lunga perchè il conto verrebbe presentato al più presto dal Tremonti di turno...
ps: che la crisi riguardi soltanto le persone che sono state impoverite dal liberismo al potere si può vederlo osservando il florido consumo di generi di grande lusso come i panfili, le ferrari, le lamborghini ed i ristoranti ed albergo a 7 stelle.....
Anche la crisi viene alimentata e governata soltanto contro chi vive di lavoro...
pietro ancona