Home > L’UOMO DELLE STELLE
Lo straordinario della politica spettacolo è l’assoluta astrazione proprio nell’istante in cui afferma categoricamente di seguire princìpi praticissimi. Ricorderete i megamanifesti dell’ultimo uomo della Provvidenza italica nell’era del centrodestra. Recitavano: più pensioni e meno tasse per tutti. Non è andata proprio così, diciamo che è valso molto l’inverso con molteplici attacchi al potere d’acquisto per pensioni e stipendi e tasse per il solito lavoro dipendente. Ora anche il centrosinistra s’attrezza col suo “uomo delle stelle” a promette un domani migliore. In una missiva programmatica lanciata su “La Repubblica” dell’11 luglio Veltroni enuncia i soliti ottimi buoni propositi del politicamente corretto, uniti a un contraddittoriamente illogico. Giocare col desiderio e coi bisogni attiene al populismo o al peggior doppiogiochismo che proprio uno degli idoli del leader in pectore del Partito Democratico elargiva a piene mani.
Parliamo del kennedismo del mitizzatissimo JFK fatto di Nuove Frontiere e accordi con la mafia, di Berliner da liberare dal giogo della dittatura del Muro e di Baie dei Porci da organizzare contro un popolo che si emancipava. Questo e tanto altro è stato il kennedismo e Walter che è persona colta lo sa a tal punto da volerlo far suo. Magari non in politica estera, anche se strateghi del centrosinistra alla D’Alema devono ancora spiegare cosa ci sia di pacifico e umanitario nelle missioni in Iraq e Afghanistan dove l’esercito col tricolore è impiegato. Leggiamo allora la lezione di politica economica incentrata sui giovani. Veltroni scrive “C’è bisogno di un patto tra generazioni che cambi radicalmente il volto del Paese”. Magnifico. Verissimo. Ma se la contraddizione che riguarda, ad esempio, il futuro lavorativo dei giovani considerati l’anello debole della società viene colta senza individuare cause e responsabilità antiche e recenti la denuncia diventa mera propaganda. Alla stregua di quel che fa da anni il centrodestra.
Se la situazione lavorativa e previdenziale dei giovani è diventata disastrosa con supersfruttamento, precarizzazione, mancanza di tutele pensionistiche le normative introdotte dalla Legge 30 qualche responsabilità devono averla. Il leader Democratico enumera gli effetti senza dare una sbirciatina minima alla causa perché farlo significherebbe spiegare tanti comportamenti dell’imprenditoria grande e piccola, pubblica e privata, tutti rivolti al supersfruttamento della forza lavoro garantito da regole che hanno rilanciato da tempo la gran Festa del Capitale. Veltroni fa politica da trentasette primavere, dunque ricorda chi avallò la deindustrializzazione di fine anni Settanta in Italia. Senza neanche una parziale riconversione in nuove tecnologie com’è accaduto in altri Paesi della Comunità Europa, anche nell’allora diseredata Irlanda. L’avallo ai piani confindustriali che prevedeva la fuga dell’imprenditoria nazionale verso aree da manodopera a condizioni ottocentesche venne dai partiti di governo - Pci compreso, e non disorienti l’occupazione della Fiat che fu solo l’ultimo atto, la maschera per un massacro già avvenuto - e naturalmente dai sindacati con in testa la “Cgil dei sacrifici” di Luciano Lama.
Furono firmate molteplici cambiali in bianco, la real-politik del Partito che sperava ancora in un “compromesso storico” diventato “governo di unità nazionale” sacrificava l’esistenza di un’Italia produttiva con una classe operaia viva e vegeta, sostituita da un terziario plastificato, spesso neppure efficiente, e un incremento dell’attività commerciale in proprio. L’Italia della bottega, sempre esistita, si decuplicava, si ampliava la fascia di servizi-business vantaggiosi per chi li offre e sostanzialmente li vende, non per chi ne usufruisce pagandoli salatamene. E’ quel che è accaduto nei Trasporti o nella Sanità. Con le privatizzazioni e liberalizzazioni si sono spalancate porte a un sistema all’americana maculato di tutte le pecche dell’atavica lottizzazione nostrana. Quando Veltroni parla della presenza di “dispari opportunità” nella vita sociale fa il verso al Kennedy che citava le disuguaglianze dei suoi States per poi pranzare coi boss della Finanza che di quelle disuguaglianze erano gli artefici. Come si fa a dire che si vuole “dare spazio al merito nelle scuole, nelle università, nei concorsi pubblici” e far parte d’uno schieramento che sotterra la scuola pubblica e la ricerca alla stregua della sua distruttrice Moratti? Affermare che si vuol “costruire una vera nuova politica per la casa e dotarsi d’un moderno sistema di ammortizzatori sociali” quando un ministro come Padoa-Schioppa, che potrebbe benissimo esercitare in un futuro governo Veltroni ma anche Berlusconi-ter, mira a quadrare i conti tagliando qualsiasi ombra di welfare.
Sono affermazioni velleitarie o populiste che quel che resta dell’anima popolare italiana non merita affatto. Si obietterà, perché il centrosinistra e il Pds e prima lo stesso Pci praticano da tempo immemore l’interclassismo, che bisogna accontentare vari strati sociali. Quella coperta però è sempre corta e viene tirata più dalla parte benestante e ricca della Terra che verso i diseredati. Il Terzomondismo cui Walter tiene tanto dovrebbe averglielo insegnato. Quel che di fatto resta dopo la lezioncina su ciò che non va e si dovrebbe cambiare è lo stesso sapore melenso e falso, buono per creduloni, con cui proprio in questi giorni Al Gore lancia il grido dall’allarme (yenkee, sic!) per salvare il mondo dalla catastrofe dell’inquinamento. Peccato che il Democratico d’oltre oceano non governi, e anche se l’avesse fatto e prima di lui l’ha fatto il Democratico Bill, nessuno si sogna di rinunciare agli affari per salvare un albero. Come non si salvano certe zone dell’Africa dallo sterminio per fame e malattie. La propaganda però si fa. Fa fare bella figura, è una multicolore maschera da indossare.
Enrico Campofreda, 12 luglio 2007