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L’Unione inciampa su Li Gotti

Publie le martedì 23 maggio 2006 par Open-Publishing
1 commento

Governo. Il nuovo sottosegretario alla Giustizia in quota Di Pietro vanta un curriculum speciale. Giovane del Msi è poi diventato avvocato dei due boss Buscetta e Brusca

di Stefano Olivieri

"Si cominci a mettere in fila i nomi dei magistrati che hanno sbagliato a Milano, a Palermo, a Roma e Perugia e così via e siano immediatamente processati". Era il novembre del 2001 e a pronunciare queste parole era l’avvocato Carlo Taormina, parlamentare di Forza Italia nonché all’epoca sottosegretario agli Interni. Quei giorni erano particolarmente caldi perché c’era appena stata la sentenza di assoluzione di Berlusconi (processo SME) dall’accusa di aver pagato tangenti alla Guardia di Finanza.

Sappiamo come finì. L’Ulivo insorse e presentò una mozione con cui si sollecitava l’esecutivo a "revocare all’avvocato Carlo Taormina le funzioni di sottosegretario". A depositarla erano i capigruppo alla Camera dei Ds, Luciano Violante, della Margherita, Pierluigi Castagnetti, e del gruppo Misto, il verde Carlo Boato. Nella mozione si faceva riferimento non solo alle dichiarazioni infuocate dell’avvocato sulle risultanze del processo a Berlusconi, ma anche a situazioni che riguardavano l’attività professionale di Taormina giudicate "incompatibili con le responsabilità istituzionali che gli competono in quanto sottosegretario agli Interni, quali la difesa di imputati di gravi reati di mafia e di corruzione".

Taormina infatti era stato l’avvocato difensore di personaggi in pesante odore di mafia e per questo la mozione dell’Ulivo chiosava ribadendo la richiesta di allontanamento dell’avvocato perché "lede il prestigio del governo italiano e non è più compatibile con la dignità del paese e la sua credibilità internazionale".

Come è noto Taormina si dimise da sottosegretario. Poi tornò alla ribalta nel 2003 all’interno della commissione Telekom Serbia, e anche lì con un colpo di teatro arrivarono le sue dimissioni, con una confessione urbi et orbi : "Confesso, sono io il burattinaio di questa vicenda. Mi autodenuncio per concorso in calunnia con Paoletti, Marini e Pintus". Ce lo ritroveremo davanti di nuovo due anni dopo, nel 2005, in prossimità di fine legislatura, presidente della commissione che doveva indagare sulla morte di Ilaria Alpi. Si mosse poco quella commissione, abbastanza però per intimidire Maurizio Torrealta, unico fra tutti i direttori Rai ad aver mandato in onda la famosa intervista a Borsellino in cui emergevano i rapporti fra Berlusconi e Mangano e Cosa Nostra e Marcello Dell’Utri. A Torrealta furono sequestrati i computer e perquisita casa, e per comprendere la predisposizione del presidente Taormina a cercare la verità sulla morte della giornalista Rai basta ricordare le sue parole : «Quella di Ilaria Alpi? Una vacanza finita male» .

Questa digressione sulla precedente legislatura è forse un po’ lunga, ma necessaria. Perché tutto ci saremmo aspettati dal governo dell’Unione, tranne che inciampasse nello stesso infortunio del precedente governo. Ma la storia si ripete davvero, soltanto questa volta nell’orizzonte del ministero della Giustizia. Sul web la notizia è rimbalzata freneticamente partendo dal comitato “Verità e Giustizia per Genova” e diffondendosi velocemente, pur in presenza di un curioso equivoco: tuttora sul sito ufficiale del governo, infatti, così come nelle pagine online della Stampa, del Corriere della sera, dell’Unità, infine nelle news del sito dei Beni Culturali, il nominativo oggetto di attenzione è quello di Luigi Rigotti, che per altro non risulta parlamentare eletto e nemmeno accreditato di alcuna biografia online.

Perché questa volta non si tratta di Taormina e nemmeno di Rigotti, bensì di Luigi Li Gotti, questo sì personaggio dal curriculum lontano - e in modo inquietante - dalle aspettative degli elettori dell’Unione. Perché Giulio Li Gotti, nuovo sottosegretario al dicastero della Giustizia presieduto da Clemente Mastella, non è una persona qualunque, tutt’altro: l’avvocato penalista crotonese cinquantacinquenne vanta infatti una militanza trentacinquennale nel MSI (fu anche segretario di federazione dal 1972 al 1977) prima di approdare nel 2003 all’ Italia dei Valori di Antonio di Pietro dove è andato a ricoprire addirittura la carica di responsabile per la Giustizia. Ignoriamo quali motivazioni abbiano indotto l’ex magistrato di Mani Pulite a dare non solo ospitalità, ma anche responsabilità all’interno del suo partito all’avvocato penalista difensore di pentiti del calibro di Buscetta, Contorno, Brusca. Fra l’altro Li Gotti è anche difensore di Francesco Gratteri, uno dei funzionari di polizia coinvolto nello sciagurato intervento notturno alla scuola Diaz di Genova durante il G8.

Non facciamo processi alle intenzioni, perché in politica è lecito e legittimo cambiare opinione. Esempi ne abbiamo numerosi, addirittura di conversioni a “U” come nel caso di Tiziana Majolo, o di Tiziana Parenti, infine di Gaetano Pecorella ex presidente della commissione Giustizia per Forza Italia, che da giovane difendeva l’ultra sinistra.

Tutti hanno diritto di cambiare opinione ma non per questo debbono necessariamente costituire la prima scelta, secondo noi nemmeno la seconda per un governo, quello dell’Unione, che ha il dovere di corrispondere a precise aspettative dei cittadini elettori. Non siamo scesi in piazza mille volte in questi cinque anni per vedere poi affidata una poltrona di sottosegretario alla Giustizia a chi si pone pesantemente, con il suo curriculum professionale, esattamente dall’altra parte di chi ha chiesto e ora pretende una completa sintonia del governo e dei suoi rappresentanti su un tema così delicato come quello della giustizia. Se Taormina non era idoneo nel 2001, a nostro avviso non lo è a maggior ragione l’avvocato Li Gotti, per di più un tecnico, non un eletto. Perché fra l’altro a sceglierlo stavolta è stato il governo dell’Unione, e ci dispiace davvero che si inizi con un infortunio simile. A Prodi a questo punto compete la responsabilità di rimediare rapidamente ad un simile infortunio, ad Antonio di Pietro l’invito a darci una definizione dei valori che lo hanno indotto a considerare e promuovere la candidatura di Luigi Li Gotti e infine il consiglio di verificare con maggiore attenzione le iscrizioni al suo partito, visto che proprio a IDV spetta il primato del più repentino cambio di casacca di un suo rappresentante: Valerio Carrara, unico senatore IDV eletto in Lombardia nella scorsa legislatura per poi passare dopo un giorno dall’altra parte.

http://www.aprileonline.info/artico...

Messaggi

  • Le cose sono un po’ più complicate ....

    Li Gotti non è stato l’avvocato dei “mafiosi”, bensì l’avvocato di tutti i “pentiti di mafia”.

    Come diceva De Gregori, la differenza salta agli occhi.

    Il ruolo di difensore di tutti i “pentiti” di Cosa Nostra lo ha reso oggettivamente “organico” al pool antimafia di Palermo, cioè a Falcone e Borsellino prima ed a Castelli dopo, ma anche ai superpoliziotti antimafia come De Gennaro, Gratteri, La Barbera.

    Direte, che c’entra un fascista con questi ? Ma perché Borsellino cosa era ?
    E cos’è Gratteri ?

    La verità è che, prima nella lotta alle varie mafie e poi in quella alla corruzione politica, si era creata, negli apparati dello stato, una strana alleanza tra personaggi di sinistra ( Falcone, Caselli, De Gennaro, Colombo, D’Ambrosio, Boccassini, La Barbera) e personaggi di destra, in alcuni casi addirittura dichiaratamente fascista, ma comunque “d’ordine” ( Borsellino, Di Pietro, Borrelli, Gratteri, Davigo e , tra gli altri, anche Li Gotti).

    Questa strana “alleanza” antimafia ed anticorruzione ebbe pure i propri “cantori” giornalistici , da Travaglio ( anche lui ex missino come Li Gotti)) a Santoro ( chi ricorda che una delle sue prime trasmissioni, dove Curzi e la Mussolini erano soliti scambiarsi complimenti ed inchini, si chiamava significativamente “Il Rosso e il Nero” ?)

    Lo “sparigliamento delle carte” avvenuto nel 1994 con l’avvento di Berluskoni sulla scena politica creò un altro equivalente “sparigliamento” in questi ambienti, per cui il Cavaliere arrivò addirittura a proporre Di Pietro al Ministero degli Interni del suo primo governo.

    Un altro momento di “sparigliamento” fu Genova 2001 dove i superpoliziotti di destra e di sinistra si trovarono, in un “riflesso d’ordine”, uniti come una spada col governo Berluskoni nella repressione selvaggia di quel movimento di lotta mentre i politici “organici” alla vecchia “alleanza” si trovarono sulla sponda opposta, anche se per la verità la stessa medesima cosa era successa solo pochi mesi prima a Napoli quando ancora governava il centrosinistra.

    E comunque è stato normalissimo che, dopo Genova, il superpoliziotto Gratteri si sia andato a scegliere come difensore il superavvocato Li Gotti, con cui tanto aveva collaborato negli anni precedenti nel pool antimafia di Palermo.

    Con gli anni, però, apparso chiaro il ruolo “mafioso” da un lato e di totale continuità con i personaggi di Tangentopoli dall’altro di Berluska e del suo governo, la vecchia alleanza poliziesco/ giudiziaria è tornata in qualche modo “organica” al proprio interno, schierandosi giustamente ed ovviamente come un sol uomo contro i governi di Berluskoni.

    Da qui nasce la vicenda anche di Li Gotti.

    Che è sì figlia del bipolarismo più esasperato - vero cancro della politica italiana dal 1993 ad oggi, senza il quale mai avremmo avuto Berluskoni al governo - ma anche della sostanziale riunificazione nel governo Prodi di quell’ antico “partito dei giudici e dei superpoliziotti” di cui l’ Avv. Li Gotti era già membro più che onorario nel decennio precedente.

    Insomma, se non ci fosse Berluskoni, personaggi come i Li Gotti, i Di Pietro, i Travaglio ecc.ecc. sarebbero naturalmente schierati con una “destra normale”.

    L’esistenza, al momento tutt’altro che al lumicino, dell’ anomalia Berluskoni e della sua banda mafiosa di galoppini continua a perpetrare anche questa altra speculare anomalia.

    A dimostrazione comunque di quanto, nell’ indicare i due "poli" di questo maledetto bipolarismo all’italiana con le etichette classiche di "destra" e di "sinistra", si sia molto approssimativi e non si riesca spesso a comprendere le differenze basilari.

    Keoma

    ( già pubblicata il 22 maggio a commento di un articolo analogo)