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L’accademia dei cornflackes

Publie le domenica 14 gennaio 2007 par Open-Publishing

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Notiziario NIP - News ITALIA PRESS agenzia stampa - N° 9 - Anno XIV, 12 gennaio 2007

"Il mondo il giorno dopo"

L’accademia dei cornflakes

All’inizio degli anni ’90 lavoravo come analista di sistemi informativi presso una delle più grosse multinazionali del settore alimentare nella sua sede di Milano. Durante l’implementazione di una nuova tecnologia di gestione progetti mi ritrovai a collaborare con alcuni giovani consulenti di una società che ci aiutava, appunto, ad affrontare quello sforzo monumentale. Uno di questi consulenti, facendo riferimento a moduli o dati che avremmo dovuto usare, continuava a parlare di binders di progetto, binder delle risorse, etc. etc. . Debbo confessare che allora mi ci volle un notevole sforzo per capire che si trattava semplicemente di raccoglitori (tradotto fedelmente ’classificatore’), e quel consulente conquistò immediatamente la corona di principe delle battute sparate dai miei colleghi di fronte all’aperitivo serale. Ma non sapevamo che lo scherzo era contro di noi e che stavamo assistendo alla nascita di un vero e proprio trend: l’uso di inglese ed inglesismi per aggiungere colore alle nostre frasi.
Avrei potuto chiamarla tendenza, che è un termine completamente equivalente a ’trend’, ma ho preferito illustrare il concetto con un esempio.
Fatemi una cortesia e provate a contare nelle prossime 24 ore quante volte incontrate la parola ’tendenza’ e la parola ’trend’; ne rimarrete sorpresi!
Non ho intenzione di sollevare alcuna critica alla lingua inglese in se e per se; anzi, diventare fluente con essa, mi ha notevolmente aiutato nelle mie esperienze lavorative e sociali in Europa e nel resto del mondo. Quello su cui non concordo è l’inutile ’bastardizazzione’ della nostra bella lingua, il parlare di ’business’, quando il nostro dizionario è provvisto del termine ’affari’, insomma l’uccisione prematura dell’Accademia della Crusca e di tutto quello che essa rappresenta.
Infondo siamo tutti coscienti del fatto che le lingue si diffondono primariamente tramite il dominio bellico ed in secondo luogo con la supremazia economica. E’ così che il latino dell’impero romano ha lasciato la propria impronta in metà del mondo conosciuto, è così che lo spagnolo dei ’conquistadores’ si è diffuso nelle Americhe ed è così che l’inglese, non quello della regina, ma quello dell’impero a stelle e strisce, è diventato la nuova lingua franca.
Un importante contributo alla diffusione dell’inglese è stato anche dato dal progresso tecnologico e dallo stradominio statunitense nel campo dei computers (o dovrei forse chiamarli calcolatori dopo tutto quello che ho scritto?).
Nella mia personale esperienza, trovo che soprattutto nel caso di testi tecnici e scientifici sia spesso conveniente leggere gli originali poiché molti dettagli e sfumature si perdono nella traduzione ed altre volte compaiono veri e propri errori. Probabilmente uno scrittore od un regista direbbero esattamente la stessa cosa in letteratura e films. Di sicuro nei campi tecnologici le traduzioni, sono qualche volta, impossibili da trovare, se non altro perché la velocità del progresso le rende obsolete prima ancora della loro pubblicazione.
Ad ostacolare la diffusione dell’inglese c’è il fatto che non si tratta assolutamente di una lingua semplice, soprattutto a causa della sua della sua incerta pronuncia. Le combinazioni di lettere non hanno in inglese una pronuncia fissa, come nelle lingue derivanti dal latino ma, variabile, a seconda della parola in cui si trovano. E’ per questo che i dizionari e vocabolari inglesi mettono molta enfasi nella trascrizione fonetica dei termini. E’ sempre per lo stesso motivo che i giovani statunitensi praticano sin dalle scuole elementari lo "spelling" delle parole, imparano a memoria interi dizionari, e partecipano a competizioni chiamate "spelling bees" dove si sfidano l’un l’altro nel ricordare la pronuncia delle parole più difficili del dizionario.
Dal punto di vista strettamente tecnico, una lingua come l’esperanto sarebbe stata molto più semplice da diffondere per la sua facilità e modernità ma ovviamente mancava dell’opportuno supporto bellico ed economico per avere alcuna speranza di successo.
Ma anche gli Stati Untiti stanno ultimamente fronteggiando un attacco linguistico che nessuno aveva anticipato anche perché non arriva sull’onda di una guerra o di investimenti economici, ma insieme ad un enorme flusso migratorio. La minoranza latina negli Stati Uniti ha infatti ormai imposto un bilinguismo de factu che non potrà non sfociare presto in lingua ufficiale, con quasi 50 milioni di individui su di una popolazione di circa 300 milioni di abitanti, i latini sono ormai diventati la più grande minoranza negli Stati Uniti e non hanno, per il momento, nessuna intenzione di abbandonare completamente le loro lingue madri.
Io, da parte mia, conscio dei principi di diffusione delle lingue nel mondo, ho cominciato da qualche mese a consultare uno dei più antichi oracoli conosciuti, il cinese "I Ching" o libro dei cambiamenti, tanto per iniziare a familiarizzare con la loro cultura ed i loro ideogrammi. Potete scommettere che uno dei miei prossimi acquisti sarà un vocabolario italiano-cinese-italiano.

(Se mi volete scrivere: clicca ; oppure: Carlo Parlanti F25457, 350-2-56L Po box 9, Avenal, CA 93204, USA)

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