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L’antipolitica

Publie le domenica 27 maggio 2007 par Open-Publishing

Una volta la politica era la cura del bene pubblico e nell’Atene classica si riteneva che nessun uomo fosse degno di essere chiamato cittadino se non si occupava del bene comune come suo dovere primario. Oggi è l’attività di una casta ristretta per la cura dei propri interessi i cui costi sono riversati sulla città, e se qualcuno avanza una critica non gliene viene riconosciuta la legittimità e l’intrusione è detta “antipolitica”.

"Io non conosco questa cosa, questa politica, che viene fatta dai cittadini e non dalla politica."
(Massimo D’Alema).

(Tabacci) “In Italia il conflitto di interessi è così diffuso che chi non ha un conflitto di interessi non è nessuno”.

“Il convento è povero, ma i monaci sono ricchi”.
(da un blog)

In sole tre settimane un libro molto ben scritto ha venduto 300.000 copie, un fatto veramente raro la cui importanza va ben oltre la sua bontà intrinseca e che dovrebbe far riflettere: ‘La Casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili”, di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella. Rizzoli.
Dice Stella: “La politica è un hortus conclusus, dove entra solo chi è cooptato”.
Sull’onda di questa denunzia e citandola addirittura, esplode l’arringa del pm Montezemolo all’Assemblea di Confindustria. Gli imputati ci sono e sono parecchi. Manca la corte. E il giudice è colluso.

“Basta con i processi alle imprese!Quando figure di primissimo piano delle istituzioni si spingono a dipingere come ‘mpresentabile il capitalismo italiano, senza che si alzi una sola voce dal mondo della politica a smentire questa autentica falsità, il mondo industriale deve rivendicare a viso aperto la capacità di saper fare il proprio mestiere!
È caduto il muro di Berlino ma in Italia non è scomparsa la tentazione di prendersela con l’impresa, alimentata da un clima di ostilità di alcuni settori della politica”.

“Manca la forza per un grande progetto Paese. La riforma delle istituzioni, della macchina amministrativa e della politica viene prima di tutto. Il costo della rappresentanza politica nel suo complesso in Italia è pari a quello di Francia, Regno Unito, Germania e Spagna messi assieme.“

“In entrambi gli schieramenti sembra mancare la forza per dar vita ad un grande progetto Paese che sappia coinvolgere gli italiani e i cui risultati non si vedranno i tempi brevi.
La politica è forte solo quando sono forti le sue idee, le soluzioni che propone, gli scenari che offre al Paese e sui quali mobilita le passioni. L’attuale debolezza della politica e la litigiosità dei partiti comportano seri rischi”.

“La politica è la prima azienda italiana con quasi 180.000 eletti. Il costo della rappresentanza politica nel suo complesso in Italia è pari a quello di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna messi insieme. Il solo sistema dei partiti costa al contribuente 200 milioni di € l’anno, contro i 73 della Francia. E mi riferisco ai contributi diretti. Stime recenti parlano di un costo complessivo della politica vicino ai 4 miliardi di €".
(cita esempi scandalosi di malgoverno come gli assessori del Veneto che hanno anche i funerali gratis o le tonnellate di rifiuti a Napoli. Sugli statali dice: “Liberiamoci dai fannulloni!” )

“È inaccettabile che in un paese civile dove ci sono 40,5 milioni di contribuenti Irpef, solo il 4% del totale sia sopra i 40.000 euro e lo 0,8% sopra i 100.000. Sono dati francamente scandalosi di cui dovremmo vergognarci. Se questo fosse vero, di macchine se ne venderebbero poche e non solo di macchine!”
“Il lavoro nero è una vergogna, è causa delle morti sul lavoro e richiederebbe la forza pubblica in modo permanente.”

“Il futuro del paese e delle imprese non può adagiarsi sui tempi e i rituali della partitocrazia. Bisogna guardare avanti e porsi obiettivi non più di breve termine, legati alle scadenze elettorali. L’Italia deve essere moderna, competitiva, concorrenziale e meritocratica. Non possiamo più permetterci di non decidere, di perdere tempo. Non vorrei che qualcuno pensasse che questa ripresa sia sufficiente. Non lo è. Oggi vogliamo andare oltre, proiettarci nel futuro e ragionare di come potrebbe essere l’Italia nel 2015”.

”Gli imprenditori italiani non sono disposti a pagare un euro in più di tasse. Non è accettabile una pressione fiscale così concentrata sulla produzione, rispetto alle rendite e ai consumi. Paghiamo troppe tasse per alimentare la spesa corrente e gli interessi sul debito mentre i servizi sono spesso insoddisfacenti e gli investimenti pubblici non arrivano ad un modesto 4% del Pil. Per ridurre stabilmente la pressione fiscale la strada è abbattere il debito pubblico, tagliare la spesa improduttiva, su cui si è fatto ancora pochissimo per non dire nulla, spingere la crescita dell’economia. E poi, come ripetiamo da anni, far pagare le tasse a tutti”.

“La ripresa non è ancora consolidata, è fragile, e si spegnerà rapidamente se saremo lasciati soli”. “La crescita deve essere la missione di tutti. È una ripresa di cui non ci possiamo accontentare e per ora viene tutta dalle imprese e dal mercato. Per ripartire definitivamente bisogna rimuovere le tante, tantissime anomalie che ci costringono a competere con un braccio legato dietro la schiena”.

“Non si tratta di fare una riforma difficile, ma solo di applicare le leggi esistenti, dalla legge Dini alla riforma Maroni… il sistema previdenziale italiano corre il rischio, fra pochi anni, di pagare una pensione per ogni salario. È arrivato il momento di cambiare alcune regole del gioco nell’interesse delle imprese e dei lavoratori per restituire alle relazioni industriali un ruolo vero nel governo dell’economia. Vorremmo confrontarci con un sindacato che guardi un po’ meno al passato e un po’ più al futuro. Un sindacato che vuole essere classe dirigente non può dire sempre di no”.

“La "legge Biagi va completata e non ridotta e servono ammortizzatori sociali moderni per ampliare gli spazi di flessibilità contrattata. Occorre ridurre il costo contributivo e fiscale degli straordinari, incentivare la contrattazione di secondo livello, legando gli aumenti salariali ai risultati aziendali e alla produttività. Proposte che sono ancora impopolari in qualche settore del sindacato".

Il discorso di Monzemolo è durissimo. Si scatena la bagarre. Chi parla di antipolitica. Il Manifesto dice che questo è il discorso elettorale di chi si prepara a scendere in campo. Chi applaude. Chi dimentica. Chi sorvola. Prodi è gelido. Mussi applaude l’abolizione delle province. Gelida la Bonino che ricorda la battaglia solitaria dei radicali contro il finanziamento pubblico dei partiti (e abbiamo visto come sia stato rispettato!?). Padoa Schioppa esulta. Parisi si bea a sentir parlare di riduzione della spesa pubblica, lui che ha voluto una spesa in armi di 21 miliardi di €! Bertinotti che già teme una crisi di Governo da una sx che gli è già scappata di mano, riduce Montezemolo a “tecnico senza voti che cerca surrogati della politica!”

Una critica alla politica, certo, ma a un Presidente di Confindustria non spetterebbe anche una critica al sistema industriale?
Insomma la sagra degli ipocriti!

Di fatto nessun discorso puo’ essere avulso dal suo contesto e che qui esso sia la platea di Confindustria lascia freddini..
La parte a nome della quale Montezemolo accusa, è la prima responsabile della gigantesca evasione fiscale, ha appoggiato governi che hanno depenalizzato il falso in bilancio e hanno fatto criminali riforme del risparmio e, da dx come da sx, ha sempre usufruito di giganteschi contributi pubblici.
Montezemolo parla come un puro senza colpa, mentre è il presidente di una casta che con i politici corrotti è stata culo e camicia e ancor oggi usufruisce di grossi regali, mentre il resto del paese è torchiato dalla Finanziaria, una casta che di fronte al fisco, alla trasparenza di bilancio, al lavoro nero e alle regole del lavoro e del risparmio ha sempre glissato e le conseguenze le vediamo nei Ricucci, Consorte, Fazio, Tanzi...e in ministri generosi come Mastella che ha pure riproposto la depenalizzazione della bancarotta fraudolenta, così cara all’industriale Berlusconi.

Padoa Schioppa: "Il mondo dell’impresa è il vero beneficiario di questa legge finanziaria. Sommando riduzione del cuneo fiscale, crediti di imposta, fondi per la ricerca, la finanziaria dirotta sulle aziende un terzo delle risorse destinate allo sviluppo. Non era mai accaduto in passato."
Il solo cuneo fiscale porterà alle imprese il regalo di 5 miliardi di euro ma è indubbio che ciò significherà un incentivo allo sviluppo. E il fatto, poi che ne usufruiscano anche banche e assicurazioni, i cui costi sono i più alti d’Europa con prestazioni peggiori, è vergognoso.
In luogo di libero mercato e di concorrenza europea vediamo cartelli vietati dalla legge e condizioni che fanno allibire il resto dell’UE e a che libero mercato pensasse Bankitalia lo abbiamo visto con Fazio. Ma le assicurazioni sono in mano ai politici e le banche assicurano fondi alla politica, dunque cane non mangia cane. Ognuno foraggia i suoi.

Stella dice: “Oggi ogni critica alla politica è squalificata come antipolitica, qualunquismo o demagogia.” La classe dirigente rifiuta che la rivolta non sia alla politica in quanto cura della cosa pubblica ma proprio a lei come formata da disdicevoli, incapaci e corrotti.

Berlusconi, sempre pronto a prendere la palla la balzo, salta su a dire che Montezemolo “lo copia”, che quel programma di riduzione delle tasse e degli sprechi e di tagli alla spesa del palazzo è esattamente il suo. “Mi è parso di risentire il mio programma elettorale, ma, per attuarlo, occorre avere il 51% dei voti”. E forse non li aveva? E cosa ha fatto?