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L’apparizione di Chavez a Porto Alegre
31 gennaio 2005
Hugo Chavez, presidente del Venezuela, ha fatto la sua apparizione attorno al Forum sociale mondiale, domenica 30 gennaio. Era un Grande Evento, il terzo della serrie, dopo il discorso di Lula e dopo il lancio del "Manifesto di Porto Alegre" firmato da 19 personalita’ di tutto il mondo. Grande Evento, nel senso che sono di quelli di cui la grande stampa, confusa dalla dispersione delle attivita’ del Forum, percepisce immediatamente. Infatti, all’albergo Plaza Sau Rafael, alle 14, per accreditarsi alal conferenza stampa che Chavez avrebbe tenuto prima di trasferirsi al Gigantinho, lo stadio coeprto dove qualche giorno prima Lula aveva convocato il suo popolo, c’era una coda infinita di giornalisti e, mescolati ai professionisti dell’informazione, decione di fans del presidente venezuelano. Il quale e’, in America latina, e anche in Brasile, popolare come una rockstar. Il Gigantinho, nel frattempo, si danava riempiendo di decine di migliaia di persone, tra i quali i Sem Terra, che avevano vistosamente disertato l’incontro con Lula. Si aspetta, gran confusione, si tirano a sorte i giornalisti che faranno le cinque domande previste, e sembra un sorteggio molto guidato: uno e’ di Prensa latina, l’agenzia cubana, un altro di Ips, che fabbrica ogni giorno il giornale del Forum, l’altra e’ una ragazza di un gruppo di mediattivisti evidentemente felici di interloquire con Chavez, infine una nordamericana che vive in America latina e che si dichiarera’ orgogliosa di poter "parlare con un rivoluzionario". Le domande, in ogni modo, sono solo un pretesto per far parlare Chavez. Che finalmente arriva, seguito da vicino da Bernard Cassen, di Attac e di Le Monde diplomatique. Camicia rossa, la faccia india ben nota, voce profonda, Chavez si raccconta cons cioletzza, e’ spiritoso e ha battute fulminanti, come chiamare la segretaria di stato Usa "Condolencia" Rice (con dolore, in castigliano), oppure mimare un Bush supermen e poi aggiungere: "Ma noi abbiamo la kryptonite". La gente e’ deliziata. Non esiste presidente latinoamericano, a parte il fin qui isolatissimo Fidel Castro, che parli in modo tanto diretto, in pubblico, del dominio nordamericano, dei tentativi di rovesciare governi legittimi, come appunto quello venezuelano. Non lo fa Lula, che parla al massimo di "multilateralismo", e che paga con sofferenza tutte le rate del debito. Chavez, quando nomina il Fmi, si fa il segno della croce sogghignando e mormora "Dio ce ne liberi". La sua idea e’ che i popoli del sud, i soli che possono salvare il nord da se stesso, devono proporre un agenda alternativa alla politica mondiale. Percio’ Chavez ha spiegato nel dettaglio la pluralita’ di relazioni sud-sud a cui sta lavorando: prima di tutto con Cuba, ma con l’America latina (vi e’ il progetto di "Telesur", una tv continentale che dovrenne competere con la Cnn, a cui potrebebro associarsi canali brasiliani e argentini), con i paesi produttori di petrolio (l’Iran, la Libia, l’Algeria...), ma anche con la Spagna di Zapatero (la cui visita a Caracas e’ gia’ in programma), e cosi’ via. Quanto al Venezuela, l’idea e’ di evitare "la perversione sovietica del capitalismo di stato" (parole testuali), in nome di uno "sviluppo territoriale endogeno". "La societa’ - ha detto Chavez - viene prima dell’economia". Finita la conferenza stampa, il presidente venezuelano si e’ trasferito al Gigantinho, dove ha difeso Lula, assai fischiato dalla platea, ed e’ stato introdotto da un Ignacio Ramonet entusiasta di un presidente democratico, che mantiene la parola e che resiste al neoliberismo.
(carta.org)




