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L’autonomia di Liberazione è un dogma?
di Bianca Bracci Torsi, Direzione nazionale Prc
Sui termini della polemica fra Liberazione e il Prc, suo editore, ci sarebbe poco da aggiungere se non ci fosse un argomento tabù che tutti danno per scontato: l’autonomia del giornale rispetto a tutti, compreso appunto il partito di cui è organo, come recita ogni giorno la prima pagina. “Unico giornale libero” ripete spesso il suo direttore e sull’unicità non ci sarebbe nulla da dire. Tutti i giornali del mondo rispondono infatti alla loro proprietà e ne seguono con più o meno elasticità, la linea politica, direttore e redattori la condividono o vi si adeguano.
Fanno eccezione i quotidiani gestiti da una cooperativa come il manifesto creato da un gruppo di compagni legati da un comune progetto e da una comune passione, fra i quali le differenze erano comunque assorbibili da una scelta strategica comune. Naturalmente i proprietari dei giornali dettano legge su quello che si deve o non si deve pubblicare e come.
Quando la proprietà è un partito la linea editoriale coincide con la linea politica del partito stesso. Può risultarne un bollettino interno rivolto solo ai militanti o un giornale vero aperto al mondo.
Questo fu l’Unità dei suoi anni migliori, ricca di firme prestigiose, di inchieste che facevano epoca, di polemiche appassionate che coinvolgevano un pubblico molto più vasto del pur ampio popolo comunista. Il paragone fra il Pci e il Prc e quindi fra l’Unità e Liberazione segna una divaricazione profonda. Cambiati i tempi, cambiati i partiti, cambiata la sinistra, cambiati i comunisti fra i quali le differenze latenti sono diventate dibattito aperto, anche aspro, fino alla scissione e/o allo strutturarsi in correnti interne allo stesso partito con linee politiche anche strategiche contrapposte. E possibili cambi di maggioranza.
Un giornale di partito, aperto alla sinistra più ampia e multiforme ha in questo caso un compito molto difficile: sostenere la linea politica votata dalla maggioranza-dirigenza del partito e contemporaneamente dare spazio alla sinistra esterna e a quelle componenti che alla linea vincente si sono opposte, le quali peraltro possono legittimamente avere loro pubblicazioni come Essere comunisti, Falce e Martello, Alternative per il socialismo. Ed è su questo punto che cade la unicità di Liberazione come giornale autonomo dal suo stesso partito-editore e aperto a tutte le idee a e tutte le proposte di tutta la sinistra a partire dalle componenti interne del Prc.
Infatti il nostro giornale è stato fedele interprete e abile divulgatore della linea approvata al Congresso di Venezia e delle sue modifiche "in itinere" dei suoi alleati interni ed esterni e dei compagni che quella linea dettavano e modificavano riducendo al minimo la visibilità delle minoranze sia negli spazi che nella collocazione (chi ha qualche pratica di giornali conosce la differenza tra l’essere messi in prima pagina o nelle pagine interne, fra un titolo a quattro o cinque colonne e uno a due o tre, oltre che dal modo in cui un compagno o una proposta sono presentati nel titolo e nel commento redazionale).
Il contrario dell’autonomia, in tutti sensi. L’ultimo congresso però ha votato un’altra linea e ha eletto un altro gruppo dirigente, del quale la ex maggioranza ha rifiutato di far parte.
Per Liberazione però non è cambiato nulla o quasi e lo sforzo della sua redazione è quello di continuare a sostenere i leader e la politica della ex maggioranza oscurando o distorcendo quella della maggioranza attuale.
Qualche esempio: va in prima pagina l’area, trasformata in associazione politico culturale, "Rifondazione per la sinistra", la sua festa, il lancio del suo tesseramento; come l’intervista a Mussi con un grande titolo che grida: "Cara Rifondazione, facciamo un altro partito" senza una parola di commento mentre si definisce sbrigativamente "dipietrista" la politica illustrata dal segretario Ferrero, contrapposta alla "innovazione" (parola magica) di Bertinotti e Vendola, in coda a un articolo sulla definizione del comunismo "parola indicibile" che naturalmente ha l’onore della prima pagina quasi sempre negata al segretario stesso.
Sono alcuni esempi, ogni lettore può divertirsi a collezionarne molti altri, in media uno al giorno.
Ma, per favore, se le parole hanno un senso il direttore e la redazione di Liberazione vantino i loro effettivi meriti, non quelli inesistenti, si dichiarino per quello che sono: un giornale schierato con una componente del Prc ieri maggioranza e oggi minoranza e accettino le critiche che questo atteggiamento suscita consapevoli che diventare minoranza dopo una lunga stagione di maggioranza dominante è duro per tutti ma è una regola della democrazia interna che bisogna accettare, magari rendendosi conto che il Congresso di Chianciano ha introdotto, fra gli altri, un cambiamento di stile non poco significativo. Il rispetto per tutti i compagni e per tutte le posizioni interne ed esterne al Prc.