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L’autunno del patriarca

Publie le martedì 21 luglio 2009 par Open-Publishing
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I documenti sonori resi pubblici dall’Espresso dicono che Patrizia D’Addario, prostituta, ha detto la verità e Silvio Berlusconi, capo del governo, ha mentito. È giunto allora il momento di tirare qualche (temporanea) conclusione sull’affare che, nel "carnevale permanente" dell’Italia di oggi, rischia di uscirne sfigurato e invece ha un solo, ostinatissimo punto fermo: Silvio Berlusconi è costretto o a tacere o a mentire perché non è nelle condizioni di rispondere ad alcuna domanda. Non è che il Cavaliere non abbia provato a dare qualche risposta. Ci ha provato ripetutamente, confusamente, animatamente, affannosamente e sempre in condizioni protette (giornali di sua proprietà, il servile servizio pubblico della Rai), mai riuscendo nell’impresa di non contraddirsi. Di non ingannare. Di non smentire se stesso. Di non dover ammettere a collo torto quel che aveva già pubblicamente negato. Oggi, nel mondo rovesciato che lo protegge, frulla qualche argomento buffo: in difficoltà dovrebbe essere chi chiede la verità e non chi, impossibilitato a raccontarla ai pensanti, vive sotto tutela, in fuga da se stesso e dalla sua vita, nascosto anche al suo amatissimo pubblico al quale sempre chiede che lo applauda e gli voglia bene. È il mondo della verità rovesciata. Sono i prodigi di un’Italia con malattie organiche, impavidamente adulatoria, pronta a proclamare presto Berlusconi anche "correttore di terremoti, delle eclissi, degli anni bisestili e degli altri errori di Dio".

La scena diventa da farsa se soltanto si ricorda che, nel corso del tempo, il lavoro giornalistico (non solo di questo giornale e di questo gruppo editoriale) ha sempre meglio definito il "sistema di scambio sesso-danaro-potere" inaugurato da Berlusconi (Dominijanni, Manifesto, 14 luglio). Si dice: non ci sono più spine che pungono il Cavaliere, magari un po’ ammaccato, Berlusconi l’ha fatta franca anche questa volta, ed è tutto un vivamaria. Come se si potessero dimenticare le "storie" note. È vero che "la memoria politica ha delle sincopi" (Franco Cordero), ma in questo caso i ricordi non sono ancora deperiti. Conviene riproporli in bell’ordine: Berlusconi premia con candidature al Parlamento le giovani donne che sono state gentili con lui a Palazzo o in Villa. Berlusconi frequenta minorenni, ne lusinga una (Noemi) sbirciando un portfolio procuratogli da Emilio Fede, le promette un futuro nello spettacolo o, in alternativa, a Montecitorio. Berlusconi fa sesso con prostitute che affollano le sue feste, qualcuna (come Patrizia d’Addario) diventa candidata. La politica può assuefarsi a questo varietà che disonora le istituzioni e le rende vulnerabilissime come osservano anche le teste meno ammobiliate che, mentre gridano "che schifo!", non si accorgono di aver detto che "il governo è ricattato da succhiatrici di capezzoli"? Può essere considerata ordinaria, nel mondo evoluto, una così smaccata debolezza di un premier all’estorsione, al ricatto? È un aspetto rilevante della storia perché quel che non mancano in quest’affare sono le testimoni, e quindi gli attori di una possibile coercizione delle volontà del capo del governo. Sono decine e decine le amanti senza amore, ricompensate bene o mediocremente, che si sono succedute nel serraglio del capo del governo. Festa dopo festino. Orgia dopo orgia. Nel taccuino del pubblico ministero di Bari ci sono diciannove nomi di giovani donne che hanno partecipato alle feste di Palazzo Grazioli o di Villa Certosa. Il pubblico ministero deve dimostrare che un ruffiano ha favorito la prostituzione. Ne sono state sufficienti quattro, di quelle diciannove giovani donne, per chiudere il cerchio. Il loro racconto è stato univoco: sono state pagate dal ruffiano, amico di Berlusconi, per andare a Palazzo e, in qualche caso, per fare sesso con il "sultano" o infilarsi in formazioni - diciamo - più eclettiche e animate nel "letto grande", dono stravagante (o intenzionale) di Vladimir Putin. Il ruffiano le ha pagate per le loro prestazioni e quattro fonti di prova sono sufficienti per il processo, pensa il pubblico ministero. Che mette punto. Non vuole scandali. Vuole un processo.

Si sa come Berlusconi si scrolla di dosso la polvere: è vero, ho fatto sesso con Patrizia D’Addario, ma non sapevo che fosse una prostituta, ho invitato in casa un’ospite sbagliato, tutto qui. L’argomento del "sultano" è degno di Friedrich Durrenmatt: "Il caso è stato interpretato come intenzione, la sventatezza come proposito deliberato". In questa storia - è un domino, Veline, Noemi, D’Addario - affiora dunque una nuova tessera da vagliare: caso o intenzione, sventatezza o programma, la presenza di zambràccole nel "letto grande"? I documenti sonori dell’Espresso sono la risposta inoppugnabile all’interrogativo. Berlusconi sa che Patrizia è una prostituta (lo sa perché deve pagarla "con una busta"), lo sa per i giochi multipli che propone alla signora. È una realtà così caparbia che non lascia margini all’avvocato del presidente (quello dell’utilizzatore finale). Nicolò Ghedini deve negare alla radice che quella realtà ci sia; deve dire che è inventata nella pretesa - si potrebbe dire totalitaria - di eliminare in un colpo solo ragione, memoria e finanche l’udito.

A quasi tre mesi dal viaggio a Casoria per i diciotto anni di Noemi, un provvisorio rendiconto deve concludere che Silvio Berlusconi ha in questi mesi attraversato, senza pudicizia, tutta intera la fenomenologia della menzogna. Nella sua classificazione, Vladimir Jankélévitch distingue la menzogna in base al rapporto che intrattiene con la verità. E dunque c’è la dissimulazione, quando ci si limita a nascondere la verità (Berlusconi ha detto: "Non ho mai voluto candidare veline, non frequento minorenni"). L’alterazione, quando si modifica la natura del vero (Berlusconi ha detto: "Non sapevo che Patrizia fosse una prostituta"). La deformazione, quando se ne ingrandisce o se ne rimpicciolisce il formato (Berlusconi ha detto: "Ho visto tre, quattro volte Noemi e sempre con i genitori"). L’antegoria, quando si dice l’assoluto contrario (Berlusconi ha detto: "Non ho mai pagato una prostituta"). La fabulazione, quando invece di mascherare la verità, la si inventa di sana pianta (Berlusconi ha detto: "C’è un progetto eversivo contro di me").

Verità e menzogna. Etica pubblica. Fiducia tra eletto ed elettori. Tra i pifferi e le grancasse di un’Italia ingaglioffita o pavida, di questo ci parla uno scandalo, da cui il capo del governo non riesce a venir fuori. Non c’è bisogno di ripetere quanto hanno scritto qui Carlo Galli (L’etica della democrazia, 22 giugno), Stefano Rodotà (L’etica pubblica perduta, 10 luglio; Il dovere della chiarezza, 13 luglio), Edmondo Berselli (Verità finte e bugie vere, 15 luglio). Dovrebbe essere ormai chiaro che "chi mente - non importa su che cosa - è un pericolo per la libertà e la democrazia" e diventano "parole al vento" gli "assennati appelli alla concordia e al dialogo senza il parallelo, anzi preliminare, appello alla chiarezza della verità" (Gustavo Zagrebelsky, Quando il potere teme la verità, 17 luglio). A meno di non voler pensare, come il patriarca di Marquez: "Non importa che una cosa non sia vera, che cazzo, lo diventerà col tempo".

Quel tempo non arriverà fino a quando rifiuteremo di credere vero ciò che sappiamo falso, fino a quando continueremo a chiedere al patriarca di turno di rendere disponibile la verità in un dibattito pubblico. Finanche Berlusconi, all’alba della sua avventura politica, era d’accordo: "La gente deve fidarsi solo di chi dice la verità" (2 marzo 1994). E dunque, presidente, adesso che è al suo autunno, come ci si può fidare di lei?

(21 luglio 2009)

http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-14/autunno-patriarca/autunno-patriarca.html

Messaggi

  • D’Addario-premier, nuovi audio

    Stampa estera: "Allora è vero"

    ESCLUSIVA L’ESPRESSO. Dopo quelle pubblicate ieri, ecco altre 4 registrazioni realizzate dalla escort sugli incontri con Berlusconi a Palazzo Grazioli. Dagli accordi con Tarantini alla colazione con il premier.

    Link :

    http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-14/nuovi-audio/nuovi-audio.html

    http://espresso.repubblica.it/dettaglio/intercettazioni/2104824

  • Negare è la prima regola dei corifei azzurri. Salvo smentirsi o essere smentiti da altri

    La seconda regola è banalizzare. E poi c’è la campagna di discredito contro la D’Addario

    Il Cavaliere, Ghedini e Tarantini
    al varietà delle contraddizioni

    di GIUSEPPE D’AVANZO

    Lo ha negato ostinatamente, ha evocato trame oscure e complotti assassini, ma Silvio Berlusconi sapeva che Patrizia fosse una prostituta perché i patti prevedevano che dovesse pagarla. Il "regalo" del Cavaliere aveva promesso Gianpaolo Tarantini alla signora.

    La voce di Silvio Berlusconi, le parole di Patrizia D’Addario, ascoltate ora nelle registrazioni messe a disposizione dall’Espresso, rendono onirici i discorsi, le parole e i gesti distribuiti nel corso del tempo dal capo del governo, dal suo avvocato Niccolò Ghedini, dai corifei azzurri, dai commessi obbedienti dell’informazione. Stiamo soltanto al presidente del Consiglio e al suo consigliere legale. Il fatto è stranoto a chi non guarda soltanto i telegiornali controllati dal "sultano" anche se pagati dal contribuente. Patrizia D’Addario racconta di aver fatto sesso a pagamento con il capo del governo, la notte del 4 novembre 2008 (la paga un ruffiano, Gianpaolo Tarantini, benvenuto e atteso ospite delle feste del premier).

    La donna raccoglie, a Palazzo Grazioli, fotografie e registrazioni di quella notte. La sua testimonianza è fin dalle prime battute di una solidità che imporrebbe cautela, economia verbale. Ghedini muove per primo. Il suo passo, come sempre gli capita, pretende di eliminare l’evento, come se il fatto concreto (una prostituta a Palazzo Grazioli) potesse essere cancellato: è uno sgorbio sulla lavagna. "Non credo che la D’Addario sia mai andata a casa del premier", dice Ghedini (Ansa, 17 giugno). C’è un metodo nella tecnica dell’avvocato e del suo Capo: non esiste alcun criterio di verità praticabile, soltanto opinioni e "credenze" che durano un giorno. E’ una credenza o un’opinione che la D’Addario sia stata a Palazzo. Le informazioni che gli giungono da Bari (occhio, le registrazioni sono state consegnate al pubblico ministero e sono inesorabili) devono consigliargli una maggiore prudenza.

    Il secondo passo tende a minimizzare gli esiti giudiziari. "Ancorché fossero vere le indicazioni di questa ragazza, e vere non sono, il premier sarebbe l’utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile". (Affaritaliani.it, 17 giugno). Escluso ogni danno legale, Ghedini passa a banalizzare quel che è accaduto: se pure fosse vero quel è accaduto ma non è vero quel che è accaduto (Ghedini sa essere psichedelico), Berlusconi "sarebbe soggetto inconsapevole". Quella sera, ammesso che la D’Addario fosse lì ma non è vero che fosse lì, Berlusconi è stato soltanto affascinato dalla bellezza di quella donna che non sapeva si prostituisse. Gli dà manforte Gianpaolo Tarantini.

    Intervistato dal quotidiano della Casa, il ruffiano nega di pagare le signore "per prestazioni intime" con il premier: "Il presidente non poteva immaginare che io rimborsassi a delle ragazze le spese che dovevano sostenere per venire a Roma. Se avessi saputo che Patrizia D’Addario faceva la escort non l’avrei mai frequentata e tantomeno l’avrei portata a cena col presidente. Si era presentata come figlia di un imprenditore del settore edile" (Il Giornale, 27 giugno).

    Vediamo come vanno davvero le cose nei documenti sonori dell’Espresso. Tarantini chiama Patrizia: "Ti passo a prendere alle nove e un quarto, andiamo lì...". Tarantini sa che Patrizia è una prostituta: "Lui non ti prende come una escort, capito? Lui ti prende come un’amica mia, che ho portato...". Tarantini sa che c’è l’eventualità che Patrizia debba fare sesso con il "sultano": "... Poi se lui decide rimani lì...". Se viene "eletta" per una notte "favorita" del serraglio, sarà ospitata nel "letto grande". Patrizia vuole essere pagata, beninteso: "Mille per la serata". I patti sono chiari. Gianpaolo non paga l’intera posta, solo un gettone, il resto tocca al "sultano". Dice "Mille te li ho già dati... poi se rimani con lui... ti fa il regalo solo lui...". Dunque, "se fa il regalo" Berlusconi è consapevole del lavoro di Patrizia. Non è il povero diavolo raggirato da invitati ingrati. E’ questa la linea di difesa che il premier propone in pubblico. "Purtroppo abbiamo sbagliato l’ospite, e lui ha sbagliato l’ospite dell’ospite" (Ansa, 25 giugno).

    Se ci sono limiti allo stravagante, si deve concludere al contrario che Berlusconi sollecita e sa qual è l’impegno di Tarantini e il lavoro professionale delle amiche che gli porta in casa. Gianpaolo conosce finanche le abitudini sessuali del premier ("Non usa il preservativo"). Prepara le "ragazze". Le rassicura che Berlusconi "farà il regalo". Patrizia D’Addario protesterà, il giorno dopo, che nessuna busta le è stata data. Tarantini se ne meraviglia.

    Le registrazioni sgonfiano quel che ci è stato raccontato finora. Ghedini ci aveva rassicurato che nessuno poteva essere così sciocco da credere che il "sultano" dovesse pagarsi il sesso. "Il presidente non ha bisogno che qualcuno gli porti le donne. Pensare che Berlusconi abbia bisogno di pagare 2000 euro una ragazza, perché vada con lui, mi sembra un po’ troppo. Penso che potrebbe averne grandi quantitativi, gratis" (Corriere, 17 giugno). Falso. Come falso è quel che racconta Berlusconi a un salariato della Casa: "Ha mai pagato una donna perché restasse con lei?". Risponde: "Naturalmente no. Non ho mai capito che soddisfazione ci sia, se non c’è il piacere della conquista..." (Chi, 24 giugno).

    Più che falso, è colpevolmente menzognero il Cavaliere quando la butta in politica, adombrando alle spalle della D’Addario un complotto e un partito. "C’è qualcuno che ha dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito a questa signora D’Addario" (Chi, 24 giugno). Non c’è il mandato del ruffiano amico che ha ingaggiato Patrizia, e non solo, per animare le sue notti, ma addirittura il solito "progetto eversivo".

    Questa è la scena, questo il metodo. Primo, negare. Lo si è visto anche lunedì alla diffusione dei primi nastri. "Materiale senza pregio, del tutto inverosimile e frutto di invenzione", dice Ghedini (Ansa, 20 luglio). Quel che sentivamo era "frutto di un’invenzione" meglio tapparsi le orecchie. Secondo, banalizzare. Nessun eccesso del Cavaliere, soltanto un invito infelice. Le parole di Tarantini liquidano anche questa: "... Poi ti fa il regalo solo lui...". Terzo, il discredito contro la donna: "E’ stata mandata e retribuita benissimo". Il solo che l’ha "retribuita" è stato Tarantini, Berlusconi se n’è dimenticato anche se lo doveva fare come era nei patti.

    L’audio delle conversazioni a Palazzo Grazioli documenta che il capo del governo ha mentito a gola piena dal primo giorno di questa storia (terzo capitolo di uno scandalo cominciato con le Veline e continuato con Noemi). Non si può far torto a Luigi Zanda che ieri nell’aula di Palazzo Madama ha detto: "Gli ultimi scampoli di conversazione resi noti ieri e oggi sono lì a dimostrare quanto ci sia bisogno che chi governa il nostro Paese dica la verità. Anche nel dire il vero e il falso, il presidente Berlusconi ha superato ogni limite consentito. Non esiste alcuna nazione dove la menzogna dei governanti non corrompa pericolosamente la società e le istituzioni".

    (22 luglio 2009)

    http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-15/davanzo-22lug/davanzo-22lug.html