Home > L’illusione monetaria
Per chi volesse assumersi il compito della demistificazione dei meccanismi basilari dell’economia capitalistica sorge subito il problema di imbattersi nell’illusione monetaria, nell’idea cioè che il denaro sia un’entità a sé stante, con una sostanza propria, e che il potere e il prestigio dei ricchi, rispetto ai poveri, emani direttamente dal possesso di esso.
L’illusione monetaria non è affatto un tratto esclusivo del capitalsimo e dell’era moderna. Nel Satiricon di Petronio Arbitro come nelle satire di Giovenale,opere dell’antichità imperiale romana, il denaro spicca come la più venerata delle divinità, e il principale regolatore delle gerarchie sociali, senza nessuna delle pur timide mitigazioni che i principi di uguaglianza predicati dalla Rivouzione Francese riuscirono ad imporre. Ma che una delle migliori opere per la comprensione dei rapporti sociali inerenti al capitalismo sia il romanzo "Il denaro", di Emile Zola, è certo una prova assai eloquente di quanto poco le cose siano cambiate da allora, almeno sotto questo riguardo.
Il problema fondamentale dell’illusione monetaria è che al denaro viene attribuito una specie di valore di feticcio che blocca l’intelligenza critica, ed impedisce di vedere da cosa esso tragga davvero la sua forza.
Il denaro non è che un’unità di misura che fornisce un’equivalente aritmetico dei valori di scambi. Se un litro di vino, la copia di un giornale quotidiano e due mozzarelle fresche hanno lo stesso prezzo, significa che possono essere scambiati l’uno con l’altro. Ma la difficoltà del baratto, legata al fatto che i bisogni umani si manifestino a distanza di tempo e di spazio, comporta inconvenienti che si è risolto utilizzando il denaro.
L’enfasi, poi, che il denaro pone sui valori di scambio fa passare in secondo piano che la ragion d’essere di una merce è il suo valore d’uso, la sua capacità di soddisfare un bisogno umano. Un bisogno nutrizionale, nel caso del vino e della mozzarella, e un bisogno di informazioni nel caso del giornale quotidiano.
Ciò fa sì che una orribile frittura fatta con nocivi oli idrogenati da McDonald valga esattamente quanto la più genuina delle mozzarelle, se ha lo stesso prezzo. E il fatto che il mercato sia pronto ad assorbire moltissime di quelle fritture comporta possibilità di affari che fanno passare in secondo (o terzo) piano la necessità di dare una corretta informazione sui valori nutrizionali delle cose che ogni giorno ingeriamo.
Ma non è il denaro che fa la mozzarella o il giornale quotidiano, sono le forze produttive che la società ha sviluppato al suo interno. E queste forze produttive si indentificano essenzialmente con il lavoro neuromuscolare e le abilità cognitive di tutte le persone che sono coinvolte nel processo di produzione. Il denaro non vi prende parte che come facilitatore degli scambi.
Certo la facilitazione degli scambi è una funzione essenziale del processo economico, e il denaro, in questo senso, è necessario; come è nessaria la respirazione che, nell’organismo umano, facilità gli scambi tra l’ossigeno e i prodotti del metabolismo interno.
Anche Internet è un formidabile facilitatore degli scambi, ma mentre diventiamo subito inquieti alla possibilità che il controllo della rete si concentri in poche mani, sia pure con mezzi "legali", non siamo altrettanto inquieti quando questo accade con il denaro. E sono le emanazioni feticistiche dell’illusione monetaria che determinano questa differenza di reazione.
Questo meccanismo fuorviante prende forma, ad esempio, nel fatto che ci immaginiamo il capitalista come una persona che ha molto denaro (e il deposito di Paperon de Paperoni è la più sintetica rappresentazione di questa fantasia). In realtà il capitalista è il possessore del capitale ed il capitale non è che un altro modo di definire quei combinati di forze produttive, come sopra le abbiamo definite, che servono a produrre merci: vino, mozzarelle, giornali... Di questa capacità di controllo sulle forze produttive che il capitalista esercita il denaro non è che un simbolo, oltreché la possibilità di convertirsi in altre forme di capitale più redditizie.
Dal momento che viviamo in un mondo di merci l’illusione monetaria è uno degli ostacoli più formidabili alla comprensione delle forze che plasmano il nostro destino a nostra insaputa. E se queste forze non le comprendiamo, non abbiamo alcuna possibilità di esercitare un controllo su di esse e, quindi, sul nostro destino.