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L’inchiesta catanese sulla morte di Raciti fa acqua da tutte le parti !

Publie le giovedì 8 marzo 2007 par Open-Publishing
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Il colpo mortale. L’autopsia. Le riprese delle telecamere. I testimoni. Crescono gli interrogativi sulle indagini

Le violenze di Catania riprese dalle telecamere

Due telecamere fisse puntate fuori e dentro lo stadio riprendono l’unica carica cui partecipa l’ispettore capo del reparto mobile Filippo Raciti contro la teppaglia catanese scesa giù dalla curva Nord per aggredire gli odiati "cugini" palermitani appena giunti al Massimino con un’ora di ritardo. Sono le 19,04 del 2 febbraio scorso e le immagini restituiscono i gesti di un ragazzone grande e grosso che con altri cinque o sei ultras afferra e poi scaglia verso gli agenti un pezzo di lamiera. Lo stesso pezzo, secondo le ricostruzioni degli investigatori, verrebbe usato contro il plotone di divise blu a mo’ di ariete. Ma questo le immagini non lo mostrano. È in quegli attimi, compresi tra le 19,04 e le 19,09 che, secondo la Procura dei minori e la Squadra mobile di Catania, Raciti riceve il colpo mortale che gli recide una vena del fegato. Ed è qui, sul filo dei minuti e dei fotogrammi, che rischia di sommarsi il dramma di un ultrà minorenne, Antonio, 17 anni, travolto da un’accusa ancora tutta da dimostrare. Un "carusu do Furtino", quartiere ad alta densità popolare di Catania, attirato dal fumo dei lacrimogeni e dai rumori della rissa, pronto a rigirare la felpa per calarsi il cappuccio sul volto, un "carusu" che la sera del 6 febbraio, ripreso dalle telecamere nascoste nella camera di sicurezza della questura di Catania, alla domanda di un ultrà rinchiuso con lui: "L’hai ammazzato tu?", avrebbe fatto cenno di sì, spavaldo, con la testa. Basta questa ammissione, poi smentita durante l’interrogatorio, e contestata dalla difesa del minorenne secondo cui il video girato in questura dimostra esattamente il contrario, a chiudere la partita dell’accusa e a rendere giustizia alla morte di Raciti? "L’espresso" è in grado di ricostruire, momento per momento, che cosa è accaduto quella sera a Catania.

Ore 16,30: un’ora prima del calcio d’inizio migliaia di persone affollano la zona cosiddetta del prefiltraggio, tra l’esterno delle curve e l’area interna dello stadio. "C’era una fila enorme all’ingresso della curva Nord", racconta Sergio, uno dei tifosi presenti, "è stato in quel momento che hanno deciso di aprire i cancelli. E tutti, 5 mila, 6 mila persone, sono entrati senza alcun controllo. A me non è stato vidimato l’abbonamento. Neanche ai tornelli c’era alcun controllo, né da parte della polizia, né da parte degli steward dello stadio". Tra i tifosi entra anche Antonio, piccoli precedenti per rissa, figlio di un operaio della St Microelectronics, azienda gioiello della Silicon Valley catanese, e di una fioraia, studente del quarto anno dell’istituto Val di Savoia.

Ore 19,04: il secondo tempo è cominciato da qualche minuto e allo stadio arrivano i pullman dei tifosi palermitani, scortati dalla polizia. Dai gradoni della curva Nord inizia un fitto lancio di oggetti verso gli avversari, protetti da un cordone di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Partono i primi lacrimogeni. Dagli spalti i più esagitati si precipitano verso le uscite per cercare lo scontro fisico. Tra loro c’è pure Antonio.

Ore 19,04-19,09: due telecamere fisse riprendono l’unica carica cui partecipa l’ispettore Raciti, riconosciuto con certezza dal casco opaco, ricordo del G8 di Genova, dai gradi sulle spalline e dall’assenza dei parastinchi. La prova più forte dell’accusa è un "combinato disposto di due filmati realizzati da due posizioni diverse". Le riprese non sono complete perché entrambi gli obiettivi non colgono l’eventuale contatto. La prima telecamera puntata verso l’interno della Nord riprende i tifosi che raccolgono un pezzo di lamiera, probabilmente un coprilavabo in alluminio con delle spalliere, che pesa circa cinque chili. Si intravedono altre cinque o sei persone, non riconosciute, che insieme ad Antonio raccolgono quella sbarra e la lanciano "a parabola". L’altra telecamera è puntata verso l’esterno e ritrae i poliziotti che si dirigono verso l’ingresso della curva Nord. Viene ripreso anche il momento in cui la lamiera cade per terra sollevando polvere.

Interrogato l’8 febbraio, il minorenne indagato si riconosce nei fotogrammi, ammette di avere scagliato insieme agli altri il pezzo di lamiera e anche di averlo "spinto una volta" contro gli agenti, ma sostiene di non avere colpito nessuno. Per gli investigatori l’assenza di immagini determinanti "è un dettaglio marginale", perché, sostengono, "è rigorosamente logico che ci sia l’impatto" tra il giovane e l’ispettore. Una tesi contestata dalla difesa: "Dalle immagini", dice l’avvocato Giuseppe Lipera, "si ha la perfetta percezione che l’oggetto lanciato abbia compiuto interamente la sua traiettoria per inerzia, senza urtare alcunché. Nei filmati non c’è alcun fotogramma che ritragga i giovani che brandiscono a mo’ d’ariete quel pezzo di lamiera. Anche i carabinieri del reparto mobile di Palermo, interrogati l’11 febbraio, non aggiungono nulla. Quel possibile colpo non l’ha visto nessuno, neanche i carabinieri che erano alle spalle dell’unità guidata dall’ispettore Raciti, all’ingresso della curva Nord". Intanto la scientifica sta esaminando lo strappo subito dal giubbotto di Raciti "sul lato destro" per accertare la compatibilità, anche dalle tracce di polvere, con il lavabo di alluminio. Ma il punto è un altro. Se Raciti subisce un colpo mortale, nessuno se ne accorge. Neanche lui.

Ore 20,30: la partita è finita, ma gli ultras proseguono la guerriglia fuori dello stadio. A un’ora e 20 da quell’unica carica Raciti continua a difendere l’ordine pubblico. "Ci lanciavano estintori", ricorda Carmelo P., collega di Raciti, "pietre, pezzi di ceramica e lavabi contro i nostri mezzi. Abbiamo preso un Discovery per cercare di allontanarli, ma ci hanno assalito, sfondando la carrozzeria della vettura, i vetri. È persino scoppiata una ruota". Sessantadue tra poliziotti e carabinieri refertati all’ospedale Garibaldi, contro 25 tifosi testimoniano una violenza a senso unico. Persino il capo del reparto mobile, Pietro Gambuzza, alle cinque del mattino si accorge di avere il piede destro fratturato. "Eravamo riusciti a fermare uno degli aggressori, io non volevo andare via", ricostruisce l’agente, "ma Raciti mi ha detto di portare il fermato nel camper dove li raccoglievamo e sono andato. Da lontano ho poi visto del fumo sotto la vettura e quando sono tornato sul posto Filippo era già in barella svenuto". Raciti è nel Discovery, qualcuno getta una bomba carta dentro l’auto. Alle 20,34 l’ispettore si accascia: "Mi sento male, aiuto...". Lo soccorre un medico della polizia che per primo si accorge del Discovery che procede lentamente a marcia indietro con lo sportello anteriore destro aperto, scortato da agenti di polizia. L’ispettore arriva al pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi in condizioni disperate. Il referto d’ingresso parla di arresto cardiocircolatorio per barotrauma, evento conseguente all’onda d’urto causata da esplosione. Il corpo di Raciti, infatti, non presenta alcun segno visibile di contusione o di contatto con un corpo contundente. "Ci siamo accorti subito che era gravissimo", dice Sergio Pintaudi, direttore del Dipartimento di emergenza: "Dalla lettiga dell’ambulanza al lettino del pronto soccorso il volto è diventato cianotico e le labbra nere. Il cuore ha smesso di battere. Raciti viene sottoposto a massaggio cardiaco, adrenalina e defibrillazione, poi viene trasferito in rianimazione". Ma il cuore è fermo e non ripartirà più; dall’organo arrivano solo segnali elettrici di risposta alle cardiostimolazioni,il cervello si fermerà intorno alle 22,10. Dice il medico: "Gli esami hanno evidenziato la lesione di una vena del fegato, ma sul corpo non c’era alcun segno visibile di impatto. Questo può non voler dire nulla: un colpo di questo tipo può essere aggravato da tanti fattori come la posizione del corpo o eventuali movimenti. Considerando la carica di adrenalina del momento e la giovane età, il colpo che ha causato la lesione va collocato in un arco temporale di tre quarti d’ora al massimo prima del decesso. In altra situazione la morte sarebbe arrivata più rapidamente". I dati definitivi dell’autopsia, eseguita dal medico Giuseppe Ragazzi, non sono ancora disponibili. Il difensore del minorenne indagato, Giuseppe Lipera, ha nominato un perito per le controanalisi: "Non abbiamo avuto nulla", spiega il legale, "neanche i primi dati dell’esame autoptico. La Procura dei minori ha comunicato di non poterli fornire perché la perizia è stata disposta da altra autorità giudiziaria, la Procura distrettuale della Repubblica". Resta una domanda: Raciti muore per il colpo subito tra le 19,04 e le 19,09 non ripreso dalle telecamere? Oppure ne ha subito un altro, mortale, durante la guerriglia successiva?

(08 marzo 2007)

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Giallo-Raciti-in-curva-Nord/1532388//1

Messaggi

    • Il mistero della morte di Raciti

      Un articolo dell’«Espresso» solleva dubbi sulla tragedia di Catania. Autopsia e filmati tv contraddicono la ricostruzione ufficiale. In rete le teorie alternative

      Simone Pieranni da "Il Manifesto" del 9.3.07 pag.18

      Sulla morte dell’ispettore Filippo Raciti, anche L’Espresso sembra nutrire dei dubbi. Giungono così sul palcoscenico nazionale della comunicazione, tutte le ipotesi che da almeno un mese scorrono tra le migliaia di parole spese sull’accaduto, sui siti dei tifosi o sui forum di discussione.

      Il periodico, oggi in edicola, pubblica infatti un articolo che pone interrogativi sulla morte del poliziotto, avvenuta a seguito degli scontri fuori dal Massimino di Catania la sera del 2 febbraio. Quel che si dice il tempismo. Ieri l’avvocato che difende il diciassettenne accusato di omicidio, ha infatti portato alla ribalta una nuova teoria: che a uccidere Raciti possa essere stata una sportellata di un’auto delle forze dell’Ordine. Lo affermerebbe una nota della Digos in cui è riportata una conversazione tra uno degli arrestati e i suoi genitori, in cui viene detto che Raciti sarebbe stato colpito da «un colpo di sportello».

      Sui siti e sui forum dei tifosi le possibili cause della morte di Raciti, iniziano a viaggiare nel giorno in cui vengono parzialmente comunicati i risultati dell’autopsia. Dapprima infatti si era detto che fosse stata una bomba carta, scagliata contro l’automezzo sul quale era l’ispettore. Poi, come confermato dai dati autoptici, venne fuori che la morte sarebbe stata causata dallo spappolamento del fegato, da un probabile corpo a corpo, da un corpo contundente, si parlò di una ferita a stella, poi non se parlò più, di scoppio di una vena del fegato. Teorie su teorie, possibilità su possibilità. I forum e i blog fornivano anche ricostruzioni video e foto a conferma o meno di questa o quella teoria.

      Allora la stampa nazionale preferì seguire la pista principale: venne fuori infatti il teppistello diciassettenne, accusato di omicidio volontario solo qualche giorno dopo il suo arresto. Confessa di avere partecipato agli scontri. L’accusa principale - oltre al video, dapprima chiaro, poi chiarissimo, infine lacunoso - sarebbe la naturalezza con cui il ragazzo avrebbe ammesso il suo ruolo: gli ultras arrestati sono tutti nella stessa camera di sicurezza, la Polizia li ascolta e li filma. «Alla domanda di un ultrà rinchiuso con lui: ’L’hai ammazzato tu?’, avrebbe fatto cenno di sì, spavaldo, con la testa». Un caruso, per i giornalisti de L’Espresso.

      Il vero punto debole è però il video: la scena presentata come decisiva non c’è, non si vede. Sono le immagini dell’unica carica cui partecipa Raciti, ripresa dalle due telecamere fisse. Sono le 19.04. Raciti lo si riconosce, perché ha il casco opaco, è l’unico. Pare sia un ricordo della sua partecipazione al G8 di Genova nel 2001. A Genova, come Raciti, quel casco lo avevano solo quelli del Settimo Nucleo del Reparto Mobile, che parteciparono agli scontri di piazza e una parte dei quali prese parte all’irruzione della Diaz. Per quel fatto il comandante e i sette capi squadra sono oggi sotto processo a Genova.

      Le riprese però, non sono complete, non si vede il presupposto impatto tra l’oggetto usato come ariete e il corpo di Raciti. Chi ha condotto le indagini ritiene che la mancanza del frame sia «un dettaglio marginale», perché «è rigorosamente logico che ci sia l’impatto tra il giovane e l’ispettore». La pensa così anche il gip di Catania Alessandra Chierego.

      Questa deduzione però sarebbe contraddetta dalle parole dei carabinieri del battaglione Palermo che giunsero in soccorso ai poliziotti. Lo scrive nella propria istanza di scarcerazione l’avvocato Lipera: «Cinque carabinieri avrebbero riferito infatti di aver visto un oggetto di lamiera piegata uscire dal cancello, dopo essere stato lanciato dall’interno e cadere a terra strisciando sull’asfalto. Nessuno di loro ha riferito di aver visto l’oggetto attingere alcuno».

      Nei frangenti della carica delle 19, specificano i giornalisti de L’Espresso, «se Raciti subisce un colpo mortale, nessuno se ne accorge. Neanche lui».

      Gli scontri proseguono, i racconti degli agenti parlano di sassaiole, di continuo lancio di oggetti. Lipera riporta le parole dette da Raciti al responsabile Digos Guarino in quelle circostanze, «a quello alto e grosso dell’Anr ve lo faccio vedere io quello che mi ha fatto... ve lo faccio vedere poi nelle foto». A.N.R. starebbe per Associazione Non riconosciuta, gruppo ultrà del Catania di estrema destra e «dallo stile british». Il ragazzo indiziato, fa notare l’avvocato, non appartiene agli A.N.R. Ed è alto solo un metro e settanta.

      Oltre al buco nelle immagini ci sarebbe anche il referto medico a confermare dubbi sulle cause della morte di Raciti, ricordati da Lipera ieri e da L’Espresso oggi: «l’autopsia eseguita sul corpo di Raciti evidenzia la presenza di quattro focolai di frattura a carico del fegato. Secondo il medico legale Giuseppe Caruso, consulente tecnico di parte, l’entità delle lesioni fanno presupporre che tra l’evento lesivo e il sopraggiungere dello stato di shock siano trascorsi solo pochi minuti».

      Invece passò più di un’ora e mezza. Alle 20.20 Raciti è ripreso dalla telecamere di Sky mentre compie un arresto, alle 20.30 si sente male. Da lì la corsa in ospedale e la notizia della sua morte, tutt’altro che chiarita.

    • CATANIA - «E’ innocente, scarceratelo subito». I risultati dell’autopsia motivano una nuova richiesta della difesa del ragazzo di 17 anni accusato di avere colpito mortalmente l’ispettore Filippo Raciti, la sera del 2 febbraio, durante gli scontri fra ultrà e polizia in occasione del derby Catania-Palermo. Il perito del Pm, Giuseppe Ragazzi, ha rilevato nel referto, notificato anche alla difesa del minorenne, che il decesso è stato determinato da un colpo subito «anche parecchi minuti prima» della morte.

      Lo scontro contestato dall’accusa all’imputato avvenne alle 19.08, Raciti è morto alle 22.10: «La frase "anche parecchi minuti" - sostiene l’avvocato Giuseppe Lipera nell’istanza consegnata al Gip - fa riferimento ad un tempo comunque inferiore alla mezz’ora», altrimenti, argomenta il legale, il dottor Ragazzi, che bene conosce il lessico delle perizie medico-legali, avrebbe scritto "oltre mezz’ora". «Se dunque il fendente mortale va collocato "anche parecchi minuti prima" delle 22.10, siamo autorizzati a dire che ieri ritenevamo che mancasse la prova della colpevolezza, mentre oggi, sulla base della perizia, diciamo che c’è la prova dell’innocenza».
      Dall’autopsia emergono anche altri dati che la difesa ritiene in contrasto con le tesi dell’accusa. Il perito ha accertato fratture costali che per «quantità ed entità, hanno provocato necessariamente - spiega il legale - dolori lancinanti, di cui peraltro non esiste testimonianza. La squadra di Raciti dichiara di non aver mai notato segni di dolore, o udito lamentele dell’ispettore prima delle 20.20».

      Anche il perito di parte ritiene improbabile che lo scontro mortale sia avvenuto alle 19.08. «Le gravi lacerazioni epatiche hanno avuto come conseguenza una emorragia interna talmente imponente - osserva infatti Giuseppe Caruso, anatomo patologo - che, nonostante l’ipotesi di una rottura del fegato in due tempi, si deve escludere un arco di tempo di un’ora e mezza prima del grave shock».

      L. Gal.

      www.ilmessaggero.it 11.3.07

    • Catania, 12:19 15.3.07

      RACITI: LEGALE 17ENNE, NEI FATTI IL GIP CI DA’ RAGIONE

      "Indirettamente il Gip Alessandra Chierego ci ha dato ragione perche’ ha riconvocato un funzionario di polizia e il medico legale nominato dalla Procura per verificare le nostre contestazioni all’ordinanza di arresto". Lo afferma Giuseppe Lipera, il legale del diciassettenne indagato per l’uccisione dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti, durante i disordini del derby Catania-Palermo. "Il Gip - ha spiegato ai giornalisti - ha riconvocato il medico legale Giuseppe Ragazzi che autointerpretandosi ha precisato che nell’autopsia, quando ha scritto che l’impatto e’ avvenuto ’parecchi minuti prima’ della morte, voleva dire anche alcune ore prima. Inoltre un funzionario di polizia ha spiegato che l’orario delle telecamere di sorveglianza dello stadio Massimino non era esatto, perche’ avanti di cinque minuti e questo torna a fare rendere compatibili le riprese dello scontro con la presenza in Curva Nord dell’ispettore di polizia". Il medico legale di parte Giuseppe Caruso, presente alla conferenza stampa, ha contestato la ricostruzione del collega nominato dai pm: "C’e’ stata una rottura di 4 costole di Raciti che hanno prodotto la lesione al fegato per pressione e questo procura dolori lancinanti. La morte in questo caso avviene dopo 15-20 minuti l’inizio dell’emorragia epatica".

      www.repubblica.it

    • Intervista a Bruno Bartolozzi - E se non lo avesse ucciso lui? Con il suo sasso?

      da Radio Sherwood di Padova

      Bruno Bartolozzi del "Corriere dello Sport/Stadio" ospite fisso di "Sport alla Rovescia".

      In questa puntata il nostro opinionista fa il punto sui provvedimenti presi dal governo in seguito a Catania-Palermo, dove rimase ucciso l’ispettore Raciti.

      Chiara la sua idea su quanto deciso dal governo, ma appassionante diviene il suo resoconto quando affronta proprio la questione della morte del poliziotto.

      Infatti la dinamica, stando ai media, sembrava molto semplice quella notte. Ma poi con l’andare avanti delle ore quello che sembrava un caso già risolto diventa un nuovo "mistero italiano".

      Insomma, dopo avere constatato che il decesso non è stato causato da una bomba carta, e che neppure un tubo o un sasso (una delle armi altamente letali più frequentemente utilizzate, secondo la nostra polizia) emerge, sottovoce, che l’agente potreebbe essere stato investito da un’auto. Della stessa polizia.

      Audio al link :

      http://www.sherwood.it/E-se-non-lo-avesse-ucciso-lui-Con