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L’intercettazione globale
di Marco Sferini
La proposta del governo di mettere la parola "fine" alle intercettazioni ambientali a scopo di indagine è un’altra di quelle riforme, se così benevolmente si possono definire, che non riforma nulla che, invece, non farà altro che deteriorare il legame tra i poteri dello Stato e inquinare ancora una volta i rapporti tra le più alte cariche e uffici di questa malandata Repubblica.
Premesso che l’intercettazione di un colloquio è diventata ormai una prassi comune di indagine, giustificata anche dalle moderne tecnologie che assistono la fase di investigativa su un determinato presunto reato, va detto che di per sé, come per ogni cosa, il mezzo o la cosa usati non sono cattivi, brutti e sporchi. E’, ovviamente, la discrezione con cui si adopera quel mezzo che fa la differenza e che lo porta più o meno in cattiva luce davanti all’arena della pubblica opinione, in pasto al giudizio di popolo. Non ci sentiamo di difendere a spada tratta, come fa Di Pietro, questo strumento e non ci sentiamo neppure di eliminarlo dalla scena delle possibili metodologie di indagine che le forze di polizia possono usare per scovare criminali, mafiosi, malavitosi di ogni tipo.
Non ci sembra, infatti, che le intercettazioni ambientali siano mai state usate per scoprire il piccolissimo evasore fiscale che ha il negozio sotto casa nostra (è solo un esempio!!!), oppure per trovare il più antico, genuino e caratteristico ladro di galline.
Abbiamo ascoltato tante volte le voci degli intercettati nei programmi tv di cronachetta di un’Italia alla deriva sociale e politica (ed economica, occorre sempre sottolineare questo importantissimo aspetto strutturale): la Franzoni in macchina che parla col marito e col suocero; Olindo e Rosa che parlano nelle rispettive celle del carcere; mafiosi d’annata che confessano in dialetti molto ostici all’immediatezza della compressione linguistica di aver ucciso questo o quel rivale di faida.
I giornali stessi hanno più volte abbracciato la linea del formato scandalistico, che potrebbero benissimo lasciare ai giornaletti tutti intrisi di asfissiante gossip mondano, e hanno pubblicato i testi delle intercettazioni senza poter pubblicamente spiegare da quale mano erano arrivate nelle loro redazioni.
E’ quindi ovvio che lo strumento dell’intercettazione possa, anzi debba avere una regolametazione, ma cancellarlo con un colpo di spugna per evitare che si scoprano chissà quali altri pasticci negli affari del Cavaliere nero di Arcore... beh, diciamo che acqua sotto i ponti ne passa parecchia...
Ritorniamo ennesimamente alla storia della "pro domo sua", della subordinazione degli strumenti e dei mezzi dello Stato, quindi pubblici e sociali, quindi pagati e retti dai contributi dei cittadini tutti, all’interesse di uno soltanto (o forse anche di qualcuno d’altro...). Non è una novità, ed infatti lo scandalo sta semmai nella riproposizione di questo costume antidemocratico, antisociale ed eversivo, e non nel suo concretizzarsi come tale.
Ma la questione dominante è che il governo eletto da pochi mesi è disposto ad assecondare qualunque esigenza privata del suo Presidente e che, con alchimie giuridiche di ogni tipo, farà apparire legale ciò che è apertamente incostituzionale e che viola i più elementari diritti dei cittadini.
Se l’uso smodato delle intercettazioni è di sicuro sbagliato e oltrepassa il confine della legalità e del rispetto delle persone e della loro vita privata, altrettanto illegale e ingiusto, dunque, è privare le forze dell’ordine (termine che siamo costretti ad usare, ma che ci fa venire l’orticaria...) di uno strumento che può evitare pedinamenti e vecchi metodi di indagine che non porterebbero ad una flagranza differita del reato, che si può ascoltare, che si può vivere a distanza, ma che resta tutta registrata sul nastro di una bobina.
Ciò che inquieta ancora di più, però, è la mancata critica del governo agli spioni potenti del pianeta: Echelon e altri occhi indiscreti, orecchie da segugio che si portano ad ogni muro per ascoltare ciò che diciamo e facciamo. Ogni nostro messaggio sul telefonino è registrato e tenuto dalle centrali telefoniche, dai gestori della "vita è adesso", come di quelli degli uccelli rapaci finti, e così via.
Ciò che inquieta non è l’intercettazione della polizia, ma il fatto che tramite un cellulare si può tranquillamente sapere in quale punto del pianeta siamo, in che momento preciso.
Un invisibile ma reale controllo globale, impossibile da evitare se non gettato all’ammasso il nostro cellulare.
Il sistema delle comunicazioni è una grande piazza di libertà, ma è anche una grande prigione di massa: fino a che il profitto avrà vita, non ci libereremo di certo di queste spie che tutto temono e che devono, in qualche modo, anche loro essere complici del potere...