Home > L’intervento integrale di Bertinotti all’assemblea della Sinistra Europea
L’intervento integrale di Bertinotti all’assemblea della Sinistra Europea
Publie le lunedì 2 luglio 2007 par Open-PublishingL’intervento integrale di Bertinotti all’assemblea della SE «Un soggetto plurale e unitario della sinistra è irrinviabile»
«Un soggetto plurale e unitario della sinistra è irrinviabile»
Fausto Bertinotti
Vi parlo in una veste che sto per dismettere, quella di presidente
del
Partito della Sinistra Europea, e lo farò con rispetto per le
istituzioni e per il mio ruolo istituzionale. Per questa ragione non
parlerò del governo, delle sue azioni e di come dovrebbe rispondere
alle grandi questioni sociali aperte né formulerò giudizi sulle forze
politiche. Malgrado questi limiti di autocensura credo di potervi
parlare di ciò che considero essenziale in questa fase politica in
Europa. Vorrei trasmettere il senso drammatico del momento che stiamo
vivendo e contemporaneamente di una necessità storica che credo sia
una reale possibilità.
Siamo a un passaggio cruciale, acuto. Non c’è in questo nessuna
drammatizzazione artificiale e anzi credo dobbiamo andare a fondo in
questa percezione. Passaggio drammatico e acuto per chi? Per l’Europa
in primo luogo. Il suo futuro come possibile potenza di pace e
produttrice di un modello diverso di organizzazione dell’economia è a
rischio, ma con essa è a rischio la civilizzazione che in Europa si è
costruita con la grande irruzione delle masse popolari dopo la
liberazione contro il nazifascismo. Ma all’interno di questo
passaggio
acuto per l’Europa c’è un passaggio ancor più acuto per la sinistra
in
Europa. Credo dobbiamo avere chiara la percezione che è a rischio la
sua esistenza, il suo futuro.
Di quale sinistra stiamo parlando? Credo che si possa dire che oggi
con l’eredità della storia, con la sinistra storica, la sinistra del
movimento operaio, è a rischio una sinistra politica che voglia
costruire "la politica" sui rapporti sociali, sulle condizioni
sociali
di vita, che voglia andare oltre la riduzione astratta e mistificante
di tutte e tutti "al cittadino votante", per scoprire dentro questo
esercizio in democrazia, la natura sociale delle persone, delle
coalizioni sociali. La domanda all’ordine del giorno che non possiamo
sfuggire è se esisterà un futuro per questa politica in Europa. Per
una politica, cioè, che sia costruita sulla critica al capitalismo
del
nostro tempo e al patriarcato cioé alle strutture e alle culture che
determinano l’oppressione dell’uomo e della donna contemporanee. Se
casca questa possibilità casca con essa un’idea dell’Europa. L’Europa
nel mondo e nelle organizzazioni sociali come portatrice di un
autonomo progetto anche rispetto alla globalizzazione capitalistica.
Un’idea di civiltà.
Ora perché corriamo questo rischio? Cosa è accaduto e cosa sta
accadendo per cui questa sinistra, "la sinistra" è a rischio? Noi
viviamo una crisi profonda della politica che segna profondi elementi
di distacco di parti importanti delle masse popolari dalla politica.
Una sorta di dura disaffezione. Un’impossibilità di investire le
proprie emozioni, i propri convincimenti nella politica. E’ l’esito
di
un quarto di secolo e dei processi dominanti in questo ultimo quarto
di secolo.
In questa crisi della politica si è affacciato un nuovo soggetto
politico, non solo economico-sociale come è sempre stato: l’impresa.
L’impresa che nel mercato ha l’ambizione non solo di costituire il
punto forte dell’organizzazione sociale, ma il paradigma della
politica. Sta qui l’ambizione, di questo nuovo capitalismo, di
cancellare il discrimine tra destra e sinistra pretendendo di
imporre,
invece, una presunta neutralità dietro la quale non c’è altro che
l’egemonia dell’impresa e del mercato. Se Montezemolo muove la
critica
e la contestazione per ottenere la demolizione del rapporto del
conflitto tra destra e sinistra non serve chiedere di quanti voti e
portatori. Serve piuttosto cogliere il senso profondo della sfida.
E dentro questa crisi della politica c’è la crisi della sinistra: la
crisi nella crisi. La sinistra era più esposta a questi processi,
dopo
vicende assai complesse che l’hanno caratterizzata per lunghi
decenni,
trasformazioni passive che ha subito. E proprio nella modernizzazione
che si rivela la difficoltà. Il voto in Francia, ma anche in quello
del Nord Italia ci dicono qual è il rischio e qual è l’esito che può
intervenire nei processi politici se non combattiamo questo rischio:
una sinistra maggioritaria nel voto, ma che dimentica non solo la
tradizione comunista e socialista, ma anche quella socialdemocratica
per un approdo liberal-sociale, dall’altra parte una sinistra
d’alternativa frantumata, chiusa nella ricerca di piccole identità è
ininfluente sulla politica e sulla società.
La destra vince perché è portatrice di un’idea forte di società. Una
cattiva idea, ma un’idea. E per questo sfonda in un mondo
caratterizzato dalle paure, dalle incertezze, dal rischio rispetto al
futuro. Dà una risposta forte: cattiva, ma forte. La Francia vede nel
voto confermare l’esistenza del discrimine fra destra e sinistra.
Anche perché c’è una mobilitazione contro il pericolo Sarkozy e una
parte importante della popolazione operaia che persino aveva votato
anche Le Pen, ritorna a votare a sinistra per arginare questo
pericolo. Ma siccome questa distinzione non affonda le sue radici
nella società, cioè la sinistra non organizza la cultura della
sinistra, la destra sfonda e vince.
Risulta così un panorama disperante, una sinistra senza classe che
primeggia nel voto e nell’opinione e una sinistra di classe che non
guadagna un consenso di massa, consegnando così tanta parte della
popolazione alla sfiducia. E’ il rischio che si aggira per l’Europa.
E io chiedo davvero che ci interroghiamo su questo rischio. Sulla
impossibilità che finiamo così mentre tante domande si affacciano
nella società, tante soggettività, tante criticità, tante esperienze
nei movimenti. Eppure, questa criticità, questi conflitti, questi
movimenti non bastano. Davanti a noi c’è il rischio di una
americanizzazione della vita politica in Europa, dove anche i
conflitti sono confinati nella marginalità perché la politica la
fanno
altri soggetti. Noi dobbiamo contrastare a fondo questo rischio.
La sinistra ce la può fare, come testimonia l’esperienza complessiva
dell’America Latina, dove si assiste a una rinascita sulla base di un
nuovo patto tra le politiche della sinistra e i popoli o con
l’esperienza in Germania dove nasce un nuovo soggetto della sinistra
che sarà protagonista del futuro del paese e dell’Europa. Possiamo
farcela, ma non bastano i correttivi all’esistente, mentre
addirittura
risulterebbero fuorvianti le repliche identitarie. La possibilità di
difenderti da questa onda alzando la bandiera e alzando la capacità
di
denuncia.
Bisogna delineare, io credo, con tutti coloro che vedono questo
rischio, un’operazione politica grande e impegnativa. Si tratta di
arginare l’onda della depoliticizzazione e riprendere il cammino
dalla
trasformazione della società e dell’Europa. Io credo questo sia il
compito della Sinistra Europea e delle sinistre in tutti i paesi
europei. Rendere ciò un obiettivo credibile oltre che giusto. E’ una
necessità e penso in Italia, per voi, anche un’occasione. Quando una
parte delle forze riformiste fanno una scelta di ricollocazione nella
società e costituiscono così una novità politica, tanto da
configurare
la possibilità di un nuovo rapporto fra tutte le forze della sinistra
di alternativa.
Le sinistre non possono sfuggire a ciò che è all’ordine del giorno,
come antidoto al rischio indicato, cioè la costruzione di una
sinistra
di alternativa capace di mobilitare grandi energie in questo paese.
Gli elementi di partenza ci sono. Si sentono largamente condivisi in
un vasto campo di popolo. Sono il rifiuto della guerra e del
terrorismo, in primo luogo. E come avessero ragione i movimenti, il
partito della pace, ce lo dicono le vicende di questi giorni. Quando
la politica viene messa sotto scacco ormai c’è la tragedia. Guardiamo
la vicenda palestinese che non è solo confinata alla tragedia di un
popolo in un territorio. E ci dice che se viene meno la prospettiva
politica, quella spirale guerra-terrorismo si abbatte su tutti in
termini devastanti. E l’altro discrimine è quellocresciuto in tutti
questi anni dal rifiuto delle politiche neoliberiste per costruire
altri elementi di politica. Un processo dunque per costruire una
risposta a grandi temi come quello della precarietà che corrodono il
tessuto sociale. La costruzione di una politica di alternativa.
Ma per farlo è necessario costruire una massa critica capace di dare
efficacia alle cose giuste, non basta aver ragione bisogna potersela
prendere la ragione per poter cambiare il paese. E per prenderla ci
vuole una forza che sia in grado di rimotivare una nuova prospettiva.
E per costruirla ci vuole la necessità di cogliere il momento,
l’attesa che si produce. Non tutti i momenti sono uguali, lo sappiamo
bene. Se si suscita un’attesa come si sta suscitando in questo
momento, allora si può organizzare un’emozione collettiva. Una forza
nuova non la si fa soltanto con la ragione, la si fa anche con la
passione, le emozioni e i sentimenti. Un grande poeta italiano,
Giacomo Leopardi, scrisse: «Se la ragione, e solo se, la ragione
diventa passione è possibile la conoscenza». Pensava così anche
Gramsci. Ci ha insegnato così anche il movimento delle donne e il
femminismo. Dovremmo averlo imparato.
Gli scogli ci sono, è evidente: un processo di costruzione dell’unità
non è indolore. Il tema del rapporto con i movimenti, la questione
del
governo, devono essere affrontati, sono problemi reali, anche
difficili. Ma voi avete accumulato saperi, esperienze per poterli
affrontare. Per avere assunto - e io credo sia forse l’esperienza più
importante di questa comunità - il rapporto con i movimenti come il
terreno fondamentale del lavoro politico e della rifondazione.
Cambiano i corsi dei movimenti e cambiano i corsi della politica, ma
questo è un paradigma della politica del futuro.
Questa comunità ha costruito un rapporto anche con l’esperienza di
governo come possibilità, come scelta, non come obbligo, ma come
operazione politica da sperimentare e da verificare. Ora lo vediamo
che questi sono grandi problemi, sono problemi non risolvibili una
volta per tutte, ma credo che si risolvano meglio tanto e quanto più
si è forti.Solo se un soggetto politico a sinistra risulterà forte,
ampio, plurale, ci sarà la possibilità di connettere ai movimenti e
ai
conflitti la rappresentanza politica. E solo se rinasce nella
politica, se risorge il tema della trasformazione della società
questa
connessione potrà diventare di lungo periodo.
Il tema che sta di fronte alle sinistre è nientemeno che il
socialismo
del XXI secolo. Tema difficile, impegnativo, ma a cui possono
lavorare
per la situazione in cui siamo, per la natura della globalizzazione e
per le domande che crescono nella società, forze che vengono da
storia
comunista, socialista, democratico-radicale, di cattolicesimo
sociale,
nuove culture di movimento, avendo già incontrato tutte queste, le
grandi culture del femminismo e dell’ecologismo critico.
Una nuova forza politica si costruisce, plurale, unitaria, grande se
alla base c’è una cultura politica forte e una pratica politica
riformata. La Sinistra Europea è una preziosa esperienza. Ci ha fatto
incontrare forze politiche diverse in diversi paesi europei. Abbiamo
imparato a non giudicare. Abbiamo imparato a poterci aspettare delle
sorprese anche laddove non era prevedibile secondo la logica di un
processo lineare. Chi, cinque anni fa, avrebbe pensato alla
possibilità di una unificazione nella Die Linke in Germania, tra i
comunisti della Pds che venivano dall’esperienza storica della
Germania dell’Est, un sindacalismo radicale come quello della Wasg e
uno dei leader più importanti della socialdemocrazia tedesca come
Oskar Lafontaine. Come può accadere un fatto così? Accade perché si
coglie l’opportunità di una congiuntura politica e in quel momento la
pratichi e la realizzi.
Ora, questa cultura politica è alla portata dell’esperienza che voi
state compiendo. E una pratica politica riformata è quella che può
consentire di combattere l’imbarbarimento che avviene anche nella
società. Preziosa esperienza quella della Sinistra Europea che ci ha
insegnato che l’Europa non è politica estera. L’Europa è la politica,
l’Europa è il campo in cui la Sinistra Europea cresce e vive oppure
muore. L’Europa è ormai il terreno quotidiano dell’azione politica.
Ed
è il terreno su cui stiamo imparando che oggi Germania, Francia,
Italia, il grande cuore dell’Europa continentale, hanno di fronte a
sé
gli stessi problemi.
Credo che noi possiamo affrontare questi temi investendo tutto il
patrimonio accumulato e mettendolo in un campo aperto. L’obiettivo di
un soggetto plurale e unitario della sinistra in Europa e in Italia è
irrinviabile. I modi per l’unità sono conosciuti. Una vasta gamma di
opportunità si aprono sempre nel processo unitario. E’ inutile
pensare
di mettere il carro davanti ai buoi, bisogna cominciare. Per imparare
a nuotare bisogna buttarsi in acqua, bisogna promuovere cioè un
processo. Gli strumenti, le modalità sono conosciuti. Pensate al
sindacato che li ha sperimentati: l’unità d’azione, la discussione
sull’unità organica, grandi processi federativi come quello che ha
reso grande l’Flm in un rapporto in cui si scombinavano l’unità di
organizzazioni in cambiamento e la nascita di nuovi soggetti come i
delegati. E non si dica che i delegati non ci sono: si possono
costruire nel territorio forme partecipate autonome di vita
democratica della nuova sinistra.
I tempi e i modi in certi periodi sono decisivi. Insisto sulla natura
della sfida, quella di ridare una prospettiva al cambiamento,
all’efficacia dell’azione collettiva e politica. Abbiamo tante
domande, tante sollecitazioni critiche e tanta difficoltà a
raccoglierle. La costruzione di una cultura politica per incidere nel
senso comune delle popolazioni è un terreno importante quanto il
movimento e il conflitto. Non meno.
Si riaffaccia di fronte alle sinistre in Europa, come tema
ineludibile, il tema dell’egemonia, cioè della possibilità di
cambiare
in corsa le culture dominanti. Lo sappiamo, al fine la contesa sarà
decisa dai rapporti sociali e in essa il lavoro torna già oggi ad
acquisire un peso forte, un segno. Ma c’è il problema di come aprire
uno spazio politico affinché queste domande, questi bisogni diventino
organizzazione del cambiamento della società. Si tratta di aprire uno
spazio politico perché possano riprendere fiducia per affermarsi. Non
ce la farebbe la sinistra, neppure se facesse un buon sindacalismo di
sinistra. Non ce la può fare la sinistra soltanto picchettando, come
necessario e giusto, le rivendicazioni dei lavoratori e del
sindacato.
Non c’è nessun economicismo che possa fronteggiare la bisogna. Senza
una cultura politica che incida sul senso comune le buone ragioni
diventano impraticabili. E questo non te lo puoi permettere perché
questo riapre un circuito di crisi della politica e di distacco dei
lavoratori. Vincono i fontamentalismi a quel punto. Al rapporto
destra-sinistra si sostituisce quello tra amico e nemico, e il nemico
può essere chiunque, anche quello di cui avresti bisogno per cambiare
la società. Il populismo divorerebbe le carni delle grandi
popolazioni, come in parte sta già avvenendo, e la minaccia si
farebbe
in termini di un conflitto tra coloro che invece dovrebbero essere
alleati.
La Sinistra Europea può essere l’occasione per cambiare tutto ciò. Un
passo cifrato lo state facendo, altri e più decisi passi vanno fatti.
Credo che dobbiamo anche cogliere la lezione della Sinistra Europea
non come il termine di un cammino da consolidare, ma come l’apertura
di una porta da spalancare verso la costruzione di una sinistra più
ampia, plurale, forte in Europa e in Italia. Voi venite da
un’esperienza che credo ci proponga una lezione buona che possiamo
avere imparato insieme. Questa comunità si è aperta e ascoltata,
anche
nei momenti difficili, e ha ascoltato anche storie lontane che a
qualcuno sembravano elementi folcloristici e invece abbiamo ascoltato
e abbiamo imparato che nello zapatismo viveva un annuncio che poi
sarebbe diventato forte nei grandi movimenti del mondo, nel movimento
dei movimenti.
E abbiamo ascoltato con umiltà, quando l’esperienza e il movimento ce
lo ponevano, padri di culture diverse come quelle della nonviolenza,
che io continuo a pensare essere una delle chiavi di volta delle
nuove
sinistre in Europa. Come un’idea di critica del potere, di
partecipazione, di rifiuto della delega e anche di correzione dei
nostri linguaggi e delle nostre culture da cui andrebbero espunte in
partenza gli elementi di offesa e di violenza.
La sinistra in Europa è a un passaggio stretto, anche drammatico, ma
proprio l’ostacolo gli consente il salto perché glielo propone come
un
aut-aut. Penso che la Sinistra Europea debba aprirsi a un confronto
con tutte le sinistre, con tutte, con tutti coloro che quale che sia
il nostro giudizio si considerano di sinistra, senza muri, senza
sbarramenti né a sinistra né nei confronti delle componenti moderate
che stanno in questo campo perché anche nei confronti del partito
della Sinistra Europa invece di avere un atteggiamento separato va
condotto un atteggiamento di confronto ravvicinato e di sfida per
chiederci insieme se esiste un destino comune delle sinistre per
quanto tra loro diverse in Europa. E dentro questo confronto far
crescere un processo unitario della sinistra di alternativa.
Nel cuore dell’Europa continentale Germania, Francia e Italia - lo
ripeto - stanno allo stesso punto, uguale è il rischio di
sradicamento
della sinistra. Guardiamo il voto nel Nord Italia e non è il voto,
come si dice, in una zona particolarmente ricca o nella locomotiva
del
paese, è il voto di un luogo strategico, come in altri luoghi
strategici in Europa, dove la sinistra rischia di essere cancellata.
E
allora bisogna avere il coraggio di intraprendere l’impresa. Credo
che
non ci si debba chiedere prima come andrà a finire e neanche ci si
debba chiedere prima come dovrà essere il disegno preciso di questa
sinistra di alternativa. Sarà quello che ne faranno i partecipanti,
la
gente che deve essere messa democraticamente nella condizione di
organizzare il suo futuro politico. I tempi non consentono rinvio. Il
compito è difficile, molto difficile. Ma se vi posso fare un invito
credo che le necessità siano due. E voi sapete benissimo quanto siano
difficili da tenere insieme, ma penso che se si scegliesse tra le due
ci si condannerebbe alla sconfitta. Le esigenze sono: primo, fare
fatti politici nuovi a sinistra, visibili e significativi che
incoraggino i popoli dispersi delle sinistre a dire riprendiamo
insieme il cammino; secondo, proseguire insieme la ricerca per la
rifondazione della cultura e della prassi per la trasformazione della
società capitalista. Queste due esigenze possono essere tenute
insieme. Voi che siete impegnati nel lavoro politico di ogni giorno,
che è la vera fonte di insegnamento della politica, sapete certamente
molto meglio di me cosa fare e come farlo. Vi invito soltanto a
farlo,
fatelo tutti insieme, uniti. Resi solidali nei gruppi dirigenti nel
partito anche dalla difficoltà e dall’ambizione del compito che
possono essere buoni consiglieri per realizzare nella fraternità e
nella solidarietà quest’avventura comune.
Buona fortuna.