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L’intoccabile Clemente

Publie le domenica 7 ottobre 2007 par Open-Publishing

di NORMA RANGERI

Se l’editto bulgaro di Silvio Berlusconi aveva una sua drammatica potenza, l’editto di Clemente Mastella, contro Michele Santoro e il suo programma, è una patetica farsa. La richiesta di una mozione di sfiducia al Cda della Rai, avanzata dal ministro della giustizia, rivela la protervia e insieme la debolezza del potere politico. Accentuate dalla dichiarazione del presidente del consiglio Prodi, che ha giudicato «né seria, né professionale» la trasmissione di Santoro.

Con la sua improvvida dichiarazione, Prodi azzera la distanza di sicurezza tra potere politico e contropotere dell’informazione, bruciando la residua fiducia di quanti finora gli avevano riconosciuto un comportamento equilibrato nelle scomposte lotte degli ultimi mesi per il governo della Rai. Per non perdere palazzo Chigi, il premier deve tenersi stretto il drappello dell’Udeur, a ogni costo, anche al prezzo di perdere la faccia. Che a palazzo Chigi regni Berlusconi o sieda Prodi non sembra fare alcuna differenza. L’informazione in Italia resta in libertà vigilata.

Nel 2002 Santoro fu allontanato dalla Rai perché aveva osato affrontare in prima serata la situazione idrica della Sicilia di Totò Cuffaro e preteso di guardare nelle inchieste su Marcello Dell’Utri. Oggi sotto la luce delle telecamere c’è la Calabria e le indagini di un magistrato scomodo che indaga su come vengono spesi i soldi della comunità europea, sulle collusioni tra comitati di affari e poteri dello stato, magistratura compresa.

Chi ha visto in tv l’auditorium di Catanzaro pieno di giovani e ascoltato le coraggiose testimonianze di alcune donne contro la criminalità organizzata, sa cosa ha fatto scattare la violenta reazione del Palazzo: la necessità di riprendere il controllo del territorio. Mantenendo in vita un consiglio regionale con la maggioranza dei suoi membri inquisiti, isolando i magistrati più esposti, secondo un tragico copione già visto con Falcone e Borsellino.

L’urgenza di togliere il servizio pubblico radiotelevisivo dalle mani dei partiti si è rivelata una pia illusione. La speranza di allentare le briglie del controllo politico sull’informazione pubblica, con una rapida approvazione della timida riforma del ministro Gentiloni, vive nelle sabbie mobili di palazzo Madama. E qualche giorno fa, d’accordo tutti i gruppi parlamentari della camera, la discussione della legge di sistema è stata rinviata al prossimo anno.

Confermando la natura elettorale della promessa di cancellare le leggi ad personam del centrodestra. La televisione non si tocca, il sistema del duopolio è il polmone artificiale che rallenta l’eutanasia di questa classe dirigente. Adeguatamente rappresentata da una maggioranza tenuta in scacco dalla rappresaglia mastelliana. La scena di un ministro della repubblica che ricatta il Cda della Rai (e il governo) chiedendo la testa di un giornalista, innalza, questo sì, la casta al pubblico ludibrio, confermandone la pretesa di intoccabilità e così gonfiando le piazze di umori sempre più rancorosi. Berlusconi sta a guardare e dorme tranquillo

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