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L’obbrobrio cinese

Publie le sabato 4 novembre 2006 par Open-Publishing

L’ obbrobrio cinese

Di Michele Bono

"Quelli che dio vuole distruggere, prima li fa impazzire." Euripide (484-406 a.C.) .

Cina. Mi chiedo a chi venga in mente la morte. Fino a quando non avevo ancora visto quello che una mia cara amica mi ha messo sotto gli occhi, increduli, a me veniva in mente la bandiera rossa con la falce ed il martello gialli, l’espressione monolitica di Mao, gli occhi a mandorla dei cinesi, le strade affollate di Pechino, la borsa schizofrenica, gli operai sporchi in viso, microchip simboleggianti il progresso, stranamente i dollari.

Da oggi, per sempre, vedrò un corpicino straziato abbandonato sul ciglio di un marciapiede. Un corpicino morto. Di una bambina. Forse un anno. Forse no. Per tutta la mia vita l’immagine della Cina sarà quel cadavere, saranno le persone indifferenti che gli passano accanto facendo finta di non vedere o, peggio ancora, di vedere la normalità.Vergogna. Non dolore, non stupore né indignazione, nemmeno ribrezzo, rabbia, scalpore, odio, xenofobia, paura, strazio. Niente di tutto questo. Io mi vergogno. Di non riuscire a piangere di fronte ad un’immagine come questa, di appartenere al genere umano, di
essere fortunato.

Ogni atrocità ha una sua storia, e la storia è piena di atrocità. La Cina ne è una fiera protagonista. Il suo boom economico è strettamente legato al boom demografico. L’equazione è semplice: la produttività cresce in modo direttamente proporzionale al numero delle persone che vi si sacrificano e all’intensità con cui vengono sfruttate. Geniale.

Già dalla fine della dittatura maoista, agli inizi del settanta, l’incremento demografico cinese è la rampa di lancio di un’industrializzazione esponenziale che nel giro di trenta anni porterà la Cina ad essere uno dei paesi più potenti del mondo. Con oltre un miliardo di abitanti ed un PIL che cresce al ritmo del 9% annuo, oggi il colosso cinese è la nuova realtà del capitalismo post-industriale.

Miracolo. Il miracolo cinese. Si sente ad ogni telegiornale, è in bocca a tutti gli opinionisti, giornalisti, politici e imprenditori. Miracolo. Quasi come la statua della Madonna che lacrima sangue, o padre Pio che guarisce i malati, o Cristo che resuscita i morti. Miracolo! Il miracolo del progresso!

Quando un’epoca storica giunge a stravolgere il senso delle parole per giustificare l’autoreferenzialità su cui si fonda significa che il collasso è prossimo. Il miracolo cinese è l’obbrobrio della natura, la feccia dello spirito, l’antitesi del diritto e della religiosità, la vergogna del genere umano.

Oggi allo sfruttamento ed alla repressione si aggiunge il genocidio controllato dell’infanzia. Un orrore infernale. Indescrivibile. Una ferocia nazista, inumana, sistematica e consapevole: il governo cinese ha concesso alle famiglie dei centri urbani la possibilità di avere un solo figlio. Per quelle delle campagne due. Più braccia all’agricoltura.

Chi non rispetta le regole è soggetto a sanzioni gravissime ed alla perdita di quei pochi diritti di cui potrebbe usufruire. Anche il neonato, creatura indesiderata. Se femmina, poi, una tragedia. La disperazione di genitori assoggettati ed ignoranti è la causa della morte di migliaia di bambini appena nati, abbandonati agli orfanotrofi o gettati letteralmente in mezzo alla strada come rifiuti. Un orrore infernale.

Popolosità insostenibile. Questo il motivo della strage di migliaia di innocenti. Se si crea un surplus sullo schiavismo, ma si lascia che gli schiavi si riproducano a dismisura, tutto il surplus andrà consumato per sostenere gli schiavi infami, e allora basta schiavi, o meglio, solo gli schiavi necessari a sostenere lo sviluppo.

Sono inorridito da questo capitalismo per il quale non esiste nessun dispregiativo definitorio. La vittoria dell’irrazionale sulla Ragione. Sento i più grandi economisti parlare della necessità di aprire i mercati alla Cina -“ma con riserva”- quando ci sarebbe da proporre l’embargo. Ma allora che dire dell’America, degli stati africani corrotti, dell’ egoismo europeo, dell’ipocrisia indiana, dell’ideologismo sudamericano, della sudditanza australiana, dell’antistoricismo opportunistico giapponese? Giustizia sia il silenzio...l’indifferenza.

Non voglio intrappolarmi in filippiche sul significato della parola progresso, voglio solo riuscire a vergognarmi a sufficienza di essere un uomo, abbastanza da poter piangere per quel piccolo cadavere su cui gli schizzi di fango delle ruote delle automobili che lo sfiorano si attaccano come zecche demoniache. Non ci riesco. E mi faccio schifo. Perchè anch’io sono colpevole.

Io che non mi ribello ad un mondo che sopravvive sulla sofferenza dei deboli, che ha rinnegato ogni dio per il mercato, che alimenta egoismo ed indifferenza. Io che mi interesso ancora di politica e mi nascondo dietro l’illusorietà del ragionamento. Io che ancora credo alla possibile realizzazione del bene, che rifletto sulla globalizzazione, sull’apertura alla Cina, sul diritto, la pace, la giustizia, la verità, l’anima, la vita, la morte, la natura, la pazzia dell’uomo.

Io che non riesco a piangere per quella bambina senza nome.

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