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L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli
Publie le domenica 10 maggio 2009 par Open-Publishing22 commenti
L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli
Ci sono peri talmente alti che a cascarci giù ci si impiegano 40 anni prima di toccare il suolo. Ne ha fatto l’esperienza il presidente Giorgio Napolitano, ricevendo, tra le vittime della strage di Piazza Fontana, anche Licia Pinelli, la compagna dell’anarchico caduto dalla finestra al quarto piano della questura di Milano la notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969, al termine di un interrogatorio. Napolitano ha parlato di «ridare e riaffermare l’onore di Pinelli» e di «rompere il silenzio su una ferita non separabile da quella dei 17 che persero la vita a piazza Fontana». Forse il presidente si riferiva alla sua propria persona, e alla riunione della direzione del PCI (della quale era membro) del 19 dicembre 1969, dove, alla presenza del segretario Enrico Berlinguer, si convenne che era politicamente più saggio denunciare gli anarchici come "provocatori" piuttosto che difendere i compagni caduti dalla finestra (come Pinelli) o in galera (come Valpreda). Per rendere giustizia non solo a Giuseppe Pinelli, ma anche ai tanti che non possono "rompere il silenzio" perché in silenzio non sono mai stati, riportiamo qui il capitolo sulla morte dell’anarchico Pinelli tratto dalla controinchiesta La strage di Stato, integralmente leggibile qui [G.D.M.].
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1. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 10 maggio 2009, 13:22, di da carmillaonline
Come è morto Giuseppe Pinelli
È circa la mezzanotte di lunedi 15 dicembre 1969. Un uomo discende lentamente lo scalone principale della questura di Milano. Giunto nell’atrio dell’ingresso principale di via Fatebenefratelli si ferma un momento, accende una sigaretta. È indeciso se uscire, andarsene a casa, oppure rimanere ancora qualche minuto, fare un attimo il giro negli uffici della squadra mobile che stanno lì di fronte a lui, dall’altra parte del cortile. Sono giornate faticose queste per i cronisti milanesi e lui in particolare si sente stanco, avvilito: si sa già che nella mattina è stato arrestato un anarchico di nome Valpreda; c’entrerà davvero con le bombe di Piazza Fontana? E poi nelle camere di sicurezza della questura, nelle stanze al quarto piano dell’ ufficio politico ci sono ancora almeno un centinaio tra anarchici e giovani della sinistra extraparlamentare che da tre giorni, dal venerdì delle bombe, sono sottoposti a continui interrogatori.
L’uomo, Aldo Palumbo, cronista de l’Unità di Milano, muove i primi passi per attraversare il cortile. E sente un tonfo, poi altri due, ed è un corpo che cade dall’alto, che batte sul primo cornicione del muro, rimbalza su quello sottostante e infine si schianta al suolo, per metà sul selciato del cortile, per metà sulla terra soffice dell’aiuola. Palumbo rimane paralizzato per qualche secondo al centro del cortile, poi si avvicina al corpo, ne distingue i contorni del viso. E subito corre a dare l’allarme, agli agenti della squadra mobile, agli altri cronisti che sono rimasti in sala stampa quando lui è uscito.
La mattina dopo tutti i quotidiani escono a grossi titoli con la notizia del suicidio di Giuseppe Pinelli. Di questi giornali, quelli che al momento dell’incidente avevano il loro cronista in questura scrivono che il suicidio è avvenuto a mezzanotte e tre minuti. Nei giorni seguenti, stranamente questo particolare del tempo viene modificato: prima lo si corregge a "circa mezzanotte", poi lo si sposta ancora indietro, sino ad arrivare ad un tempo ufficiale: "Pinelli è morto alle ore undici e 57 minuti del lunedì notte 15 dicembre".
Ai primi di Febbraio, dall’inchiesta condotta dalla magistratura trapela un particolare: la chiamata fatta quella notte dalla questura di Milano al centralino telefonico dei vigili urbani per richiedere l’intervento di una autoambulanza, è stata registrata da uno speciale apparecchio e quindi si può stabilire con certezza l’attimo esatto, che risulta essere mezzanotte e 58 secondi. Come a dire due minuti e due secondi prima della caduta di Pinelli, se si sta al tempo segnalato da tutti i giornalisti che erano in questura quella notte. Si è trattato di una svista collettiva, e abbastanza clamorosa per gente abituata ad avere delle reazioni automatiche, professionali, quali il guardare per prima cosa l’orologio quando avviene un incidente del genere? È un fatto però che nel frattempo sono successe due cose strane.
Qualche giorno dopo la morte di Giuseppe Pinelli, due agenti della squadra politica della questura si sono presentati al centralino telefonico dei vigili urbani per controllare il momento esatto di registrazione della chiamata. Cosa significa questo zelo del tutto gratuito dato che è la magistratura, e non la polizia, che si occupa dell’inchiesta sulla morte di Pinelli? Perché preoccuparsi tanto dell’orario di chiamata dell’ambulanza se le cose si sono svolte così come sono state raccontate? La risposta potrebbe essere questa: la chiamata e stata fatta prima che Giuseppe Pinelli cadesse dalla finestra.
Verso i primi di gennaio il giornalista Aldo Palumbo, la prima persona che si è avvicinata a Giuseppe Pinelli morente nel cortile della questura, trova la sua abitazione sottosopra. Qualcuno è entrato, ha rovistato dappertutto, ha aperto cassetti, rovesciato mobili, frugato armadi. Ladri? Sarebbero ladri ben strani considerato che non hanno rubato né le tredicimila lire che erano in una borsa, e che pure devono aver visto poiché la borsa è stata aperta, e neppure quei pochi gioielli nascosti in un’altra borsa, pure essa trovata aperta. Due quindi le ipotesi: o gli ignoti cercavano qualcosa, qualcosa collegato agli ultimi istanti in qui il giornalista fu vicino, e da solo, a Giuseppe Pinelli morente; oppure si è trattato di un avvertimento, un monito a tenere la bocca chiusa rivolto a chi, come Aldo Palumbo, poteva essere sospettato di sapere qualcosa, forse di aver sentito mormorare da Pinelli un nome, una frase.
Basterebbero questi primi, pochi elementi per formulare pesanti sospetti sulla versione dell’anarchico morto suicida. In realtà ce ne sono molti altri, e sono questi.
Pinelli cade letteralmente scivolando lungo il muro, tanto che rimbalza su ambedue gli stretti cornicioni sottostanti la finestra dell’ufficio politico; non si è dato quindi nessuno slancio.
Cade senza un grido e i medici stabiliranno che le sue mani non presentano segni di escoriazione, non ha avuto cioè nessuna reazione a livello istintivo, incontrollabile, nemmeno quella di portare le mani a proteggersi durante la "scivolata".
La polizia fornisce nell’arco di un mese tre versioni contrastanti sulla meccanica del suicidio. La prima: quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo ma senza riuscirci. La seconda: quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo e ci siamo parzialmente riusciti, nel senso che ne abbiamo fermato lo slancio: come dire, ecco perchè è scivolato lungo il muro. Ma questa versione è stata resa a posteriori, dopo cioè che i giornali avevano fatto rilevare la stranezza della caduta. Infine l’ultima, la più credibile, fornita in "esclusiva" il 17 gennaio 1970 al Corriere della sera: quando Pinelli ha spalancato la finestra, abbiamo tentato di fermarlo ed uno dei sottufficiali presenti, il brigadiere Vito Panessa, con un balzo "cercò di afferrarlo e salvarlo; in mano gli rimase una scarpa del suicida". I giornalisti che sono accorsi nel cortile, subito dopo l’allarme lanciato da Aldo Palumbo, ricordavano benissimo che l’anarchico aveva ambedue le scarpe ai piedi.
Poi la polizia fornisce due versioni contrastanti anche sul movente anche sul movente del suicidio. Primo: Pinelli era coinvolto negli attentati, il suo alibi per il pomeriggio del 12 dicembre era crollato, e sentendosi ormai perduto ha scelto la soluzione estrema, gridando "È la fine dell’anarchia". Seconda versione, fornita anche questa a posteriori, dopo che l’alibi era risultato assolutamente valido: Pinelli, innocente, bravo ragazzo, nessuno riesce a capacitarsi del suo gesto.
Dando questa seconda versione, la polizia afferma anche che la tragedia è esplosa nel corso di un interrogatorio che si svolgeva in una atmosfera del tutto legittima, civile e tranquilla, con scambio di sigarette ed altre delicatezze del genere. L’anarchico Pasquale Valitutti, uno dei tanti fermati che tra il venerdì delle bombe ed il lunedì successivo hanno riempito le camere di sicurezza della questura, ha fornito invece questa testimonianza: "Domenica pomeriggio ho parlato con Pino (Pinelli) e con Eliane, e Pino mi ha detto che gli facevano difficoltà per il suo alibi, del quale si mostrava sicurissimo. Mi anche detto di sentirsi perseguitato da Calabresi e di avere paura di perdere il posto alle ferrovie. Verso sera un funzionario si è arrabbiato perchè parlavo con gli altri e mi ha fatto mettere nella segreteria che è adiacente all’ufficio di Pagnozzi [un altro commissario, come Calabresi, dell’ufficio politico: n.d.r.]; ho avuto occasione di cogliere alcuni brani degli ordini che Pagnozzi lasciava ai suoi inferiori per la notte. Dai brani colti posso affermare che ha detto di riservare a Pinelli un trattamento speciale, di non farlo dormire e di tenerlo sotto pressione per tutta la notte. Di notte il Pinelli è stato portato in un’altra stanza e la mattina mi ha detto di essere molto stanco, che non lo avevano fatto dormire e che continuavano a ripetergli che il suo alibi era falso, mi è parso molto amareggiato. Siamo rimasti tutto il giorno nella stessa stanza, quella dei caffé, ed abbiamo potuto scambiare solo alcune frasi, comunque molto significative. Io gli ho detto "Pino, perchè ce l’hanno con noi?" e lui molto amareggiato mi ha detto: "si, ce l’hanno con me". Sempre nella stessa serata del lunedì gli ho chiesto se avesse firmato dei verbali e lui mi ha risposto di no. Verso le otto è stato portato via e quando ho chiesto ad una guardia dove fosse , mi ha risposto che era andato a casa. Io pensavo che stesse per toccare a me di subire l’interrogatorio, certamente più pesante di quelli avvenuti fino ad allora: avevo questa precisa impressione.. dopo un po’, verso le 11, 30 ho sentito dei rumori sospetti, come di una rissa ed ho pensato che Pinelli fosse ancora li e che lo stessero picchiando. Dopo un po’ di tempo c’è stato il cambio della guardia, cioè la sostituzione del piantone di turno fino a mezzanotte. Poco dopo ho sentito come delle sedie smosse ed ho visto gente che correva nel corridoio verso l’uscita, gridando "si è gettato". Alle mie domande hanno risposto che si era gettato il Pinelli: mi hanno ance detto che hanno cercato di trattenerlo ma che non vi sono riusciti. Calabresi mi ha detto che stavano parlando scherzosamente del Pietro Valpreda, facendomi chiaramente capire che era nella stanza nel momento in cui Pinelli cascò. Inoltre mi ha detto che Pinelli era un delinquente, aveva le mani in pasta dappertutto e sapeva molte cose degli attentati del 25 aprile. Queste cose mi sono state dette da Panessa e Calabresi mentre altri poliziotti mi tenevano fermo su una sedia pochi minuti dopo il fatto di Pinelli. Specifico inoltre che dalla posizione in cui mi trovavo potevo vedere con chiarezza il pezzo di corridoio che Calabresi avrebbe dovuto necessariamente percorrere per recarsi nello studio del dottor Allegra e che nei minuti precedenti il fatto [cioè la stessa caduta di Pinelli n.d.r.] Calabresi non è assolutamente passato per quel pezzo di corridoio".
Dunque l’ultimo interrogatorio di Giuseppe Pinelli non è stato così tranquillo come si è cercato di far credere, ed è falso anche che al momento della caduta il commissario aggiunto Luigi Calabresi non fosse presente nella stanza. Ma perchè queste menzogne? La risposta può essere trovata in un articolo pubblicato dal settimanale Vie Nuove nelle settimane seguenti.
"Quando l’anarchico fu trasportato nella sala di rianimazione dell’ospedale Fatebenefratelli non era in condizioni di coscienza, aveva un polso abbastanza buono ma il respiro molto insufficiente, il che poteva essere provocato da ragioni organiche (cioè il gran colpo dell’impatto con il terreno o qualcosaltro) oppure psicologiche (cioè lo stato di tensione precedente alla caduta, ma questa sembra un’eventualità meno valida.) Il particolare che stupì i medici fu che il corpo, almeno da un esame superficiale, non presentava nessuna lesione esterna ne perdeva sangue dalle orecchie e dal naso, come avrebbe dovuto essere se Pinelli avesse battuto violentemente la testa. Una constatazione, questa, che fa sorgere subito un’altra domanda in chi non ha mai voluto credere nella versione del suicidio: se è vero, come sembra, che la necroscopia ha accertato una lesione bulbare all’altezza del collo, quale si sarebbe potuta produrre battendo al suolo il capo, come mai orecchie e naso non sanguinavano ne volto e testa non presentavano lesioni evidenti? Per logica si arriva quindi ad una seconda domanda: non è possibile che quella lesione al collo fosse stata provocate prima della caduta? Come e da cosa non ci vuole molta fantasia per immaginarlo: sono ormai molti anni che nelle nostre scuole di polizia quella antica arte giapponese di colpire col taglio della mano, nota come Karatè. Fossero stati interrogati, quei due medici [che hanno prestato cure a Pinelli morente n.d.r.] avrebbero potuto raccontare un altro episodio. Quella notte del 16 dicembre, nell’ atrio del Fatebenefratelli regnava una grande confusione. Si era trasferito tutto lo stato maggiore della polizia milanese, il questore Marcello Guida compreso. Ma la polizia era presente anche all’interno della sala di rianimazione dove i due medici tentavano invano di tenere in vita Giuseppe Pinelli, tranquillo, silenziose, non molto turbato dalla vista dell’operazione di intubazione orotracheale e di ventilazione con il pallone di Ambù alla quale l’anarchico veniva sottoposto, un poliziotto in borghese, camicia e cravatta, baffetti neri e un distintivo all’occhiello della giacca, non si allontanò neanche per un attimo dal lettino dove Pinelli stava morendo, attento a raccogliere ogni suo rantolo. [...] Chi gli ha dato l’ordine di entrare nella stanza compiendo un abuso di autorità che non è tollerato negli ospedali? E perchè è entrato, cosa pensava o temeva che Pinelli potesse dire prima di morire?"
I risultati dell’autopsia, dalla quale sono stati esclusi i periti di parte, non vengono resi noti. I due medici - Gilberto Bontani e Nazareno Fiorenzano - che hanno tentato di salvare Pinelli, solo il secondo, e solo molte settimane più tardi, e dietro istanza della moglie dell’anarchico, viene interrogato dal procuratore Giuseppe Caizzi, il magistrato cui è affidata che nel mese di maggio 1970 si concluderà con un sibillino verdetto di "morte accidentale" (non suicidio quindi, se la lingua italiana ha un senso. Ma allora la polizia ha mentito...).
Subito dopo che il dottor Nazareno Fiorenzano è stato interrogato, nel palazzo di giustizia circola una voce secondo cui la polizia lo ha pesantemente "avvertito" che il caso Pinelli è un caso da archiviare, e perciò è meglio che non si ponga troppi interrogativi. Ma cosa può aver notato o capito il medico di guardia davanti al corpo di Pinelli morente?
La testimonianza che egli rilascia a un collega prima di essere interrogato dal magistrato e questa:
"1) Gli infermieri che raccolsero Pinelli ebbero l’impressione che fosse già morto.
2) Il massagio cardiaco esterno fu praticato da un infermiere di nome Luciano.
3) Solo eccezionalmente - e per lo più in vecchi dallo scheletro rigido - il massaggio cardiaco può produrre incrinature alle costole.
4) Da quando fu raccolto, e fino alla morte Pinelli non emise ne un lamento ne una parola.
5) Quando Pinelli arrivò al pronto soccorso del Fatebenefratelli, non aveva più polso, pressione e respirazione. Appariva decerebrato; ma il dottor Fiorenzano non ebbe l’impressione che la teca cranica fosse fratturata. Non perdeva sangue dagli occhi, dal naso, dalla bocca. Presentava anche abrasioni alle gambe. Lesione bulbare? Mani intatte.
7) Pinelli fu intubato, sottoposto a ventilazione artificiale ed altre pratiche di rianimazione. Riebbe polso e pressione. Respiro che confermerebbe lesione bulbare. Mancanza di riflessi ecc. confermano che (parole testuali) "si trattava di un morto cui avevano dato un po’ di vita vegetativa" Rianimazione sospesa dopo 90’.
8) Il dottor Guida arrivo tre minuti dolo Pinelli. Disse al dottor Fiorenzano che non poteva fare nulla contro l’irreparabile, ebbe l’aria di scusarsi e se ne andò.
9) Il dottor Fiorenzano ignorava l’identità del ferito, che non gli fu detta dai poliziotti. La sua insistenza per conoscerla irritò molto i poliziotti.
10) I poliziotti ripetevano, tutti con le stesse parole, che si era buttato dalla finestra. Sembra ripetessero una formula."
Altri articoli su Pinelli pubblicati su Carmilla:
La testimonianza di Pasquale Valitutti
12 dicembre 2006: nessun imputato per l’anniversario
La lapide di Giuseppe Pinelli
Pubblicato Maggio 10, 2009 01:13 AM
1. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 11 maggio 2009, 22:33
Conosco il testo,La Strage di stato è sempre nella mia bibloteca,ricordo anche il giorno dopo l’articolo della Nazione mi sembra a firma di Enzo Tortora ,a prima pagina titolava: Pinelli si è gettato dalla finestra gridando "è la fine dell’anarchia"
Che infami!Volevano farlo passare per il disperato gesto di chi , commesso una strage , è travolto dal rimorso
Rimasi sconvolto ,un compagno non puo’ averlo fatto, mi dicevo
La sera andai al Camillo Berneri in via della colonna a cercare conforto tra i compagni increduli,(solo dopo ho saputo che il segretario del circolo era un confidente della polizia ,eravamo tutti sotto controllo e schedati ma eravamo tutti incapaci di qualsiasi violenza) era un periodo quello dove quasi non esisteva violenza ,una rapina od un colpo, quei rarissimi che accadevano facevano parlare i giornali a tutta pagina per giorni,per questo quell’atto così violento così vile, ci mise nel dolore per non dire nel panico
Ci riprendemmo, tutti ci convincemmo che non erano stati i compagni, poi venne fuori la famosa scarpa rimasta in mano all’agente nel tentativo di salvarlo,la storia delle tre scarpe! fu come una liberazione un rinascere ed allo sconforto prese il posto la rabbia il disprezzo per questi stupidi assassini,quella sera a milano era caldo...
Solo poco tempo dopo ho conosciuto per caso Pasquale Valitutti un ragazzo un compagno di una bontà infinita, di robusta corporatura, che mi raccontava fiero come fosse stato in prima linea quella sera alla prima della Scala a lanciare uova, tanto da meritarsi un posto di scena nella foto sul giornale
Quando mi raccontò che era nel corridoio in attesa mentre stavano interrogando il Pinelli fu come se avessi conosciuto un personaggio storico non fui sazio finchè non mi finì di raccontare tutto,anche se lui aveva già il presentimento che per quell’esere stato presente gliela avrebbero fatta pagare cara per tutta la vita
Bene compagni,tra amici non ci racconta balle vi dico solo due cose ,che poi lui ha sempre ufficialmente confermato ha sentito il rumore come di una collutazione e che Calabresi era nella stanza al momento del fatto
2. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 11 maggio 2009, 23:54
Bah, sarà tra gli altri proprio Pasquale Valitutti - negli anni successivi "pentito", dopo essere passato per un gruppo armato - ad escludere la presenza di Calabresi nella stanza al momento della "caduta" di Pino Pinelli.
Per cui, o Valitutti ha raccontato in momenti diversi cose diverse ( il che, visto il personaggio a dir poco "mitomane", non è da escludere ) oppure sei tu che ricordi male .....
Ma questo particolare mi sembra francamente oggi del tutto secondario ....
Credo sia invece utile pubblicare un articolo apparso oggi su vari altri siti di movimento e che mi sembra tra i pochi che cercano, tra tante stronzate di vario segno, di fare un minimo di oggettiva chiarezza sulla vicenda ....
K.
Bah, proprio ieri Oreste Scalzone, in un intervista, ha detto che se per Pinelli non c’è dubbio che la sua morte sia responsabilità omicida dello stato, fu comunque un errore personalizzare in Calabresi il responsabile materiale della sua uccisione.
In effetti Potere Operaio, il gruppo di Scalzone, per la vicenda Pinelli, disse sempre "Assassino è lo Stato" in contrapposizione a Lotta Continua ed agli altri gruppi rivoluzionari dell’epoca che gridavano nei cortei "Calabresi assassino".
E’ infatti assodato che Calabresi non era presente nella stanza al momento della "caduta" di Pinelli, lo hanno testimoniato nientemeno che altri anarchici fermati quella stessa sera e che si trovavano anche loro "ospiti" della Questura milanese ....
Certo Calabresi era il capo dell’Ufficio Politico ed altrettanto certamente aveva le sue precise responsabilità politiche, fu lui a cercare di "coprire" il fattaccio con improvvide dichiarazioni subito dopo il fatto insieme al questore Guida, peraltro noto fascista ( aveva diretto il confino di Ventotene durante il ventennio) mai pentito ... ma allora perchè personalizzare la responsabilità della uccisione di Pinelli solo in Calabresi e non pure nel questore Guida, più alto in grado e sicuramente più apertamente "fascista" dello stesso Calabresi ?
Mistero (nel più ampio mistero su Piazza Fontana e dintorni) mai chiarito .... che avrà poi come conseguenza l’uccisione "simbolica" di Calabresi ( in tempi non ancora "di piombo", nel 1972 le stesse BR non andavano oltre l’incendio di macchine e sequestri-lampo incruenti) ....
Perchè appare evidente che gli uccisori di Calabresi, chiunque essi siano materialmente stati ( non credo molto alla responsabilità dei lottacontinuisti poi condannati, più realistico che c’entri, come pure qualcuno aveva ipotizzato, il "giro" di Feltrinelli che aveva da poco vendicato anche Che Guevara, giustiziando in Germania il suo assassino), non erano nè "terroristi" nè gente che teorizzava più in generale la "lotta armata", bensì molto più semplicemente dei "vendicatori" che intendevano quella azione come "atto di giustizia proletaria" una tantum ....
E che si erano organizzati militarmente non per "scalare" con le armi il potere come poi tenteranno le BR, ma più semplicemente perchè ossessionati dalla paura del golpe che si visse pesantemente in Italia per molti anni e proprio a partire dalle bombe del 12 Dicembre 1969 ( è assodato che anche i massimi dirigenti del Pci e del Psi dormissero spesso, in quegli anni, in rifugi segreti).
Quindi, l’esecuzione di Calabresi non sarà affatto "l’inizio della lotta armata di sinistra in Italia" come pure tentano oggi di propinarci ... ma un episodio del tutto a se stante ... basti pensare che per avere un altro morto ammazzato scientemente in un agguato preordinato bisognerà aspettare l’esecuzione del giudice Coco a Genova da parte delle BR oltre 4 anni dopo ...... ed in quel periodo 4 anni erano veramente una eternità ...
Ma va a spiegare oggi ad un giovane che non c’era e che sente le puttanate che si dicono in televisione o al massimo certe improbabili ricostruzioni "storiche" su Wikipedia, queste sottigliezze ....
Eppure bisognerebbe farlo, per capire il passato e vivere meglio il futuro .....
In questo, credo che l’iniziativa di Napolitano potrebbe essere utile ... se ne seguisse una chiarificazione più ampia e meno strumentalmente legata a certi interessi "politicanti" dell’oggi .... ma con Berlusconi ed i fascisti al governo non mi sembra ci siano le condizioni minime perchè questo possa avvenire ....
Nè del resto dal PD ( in questo erede diretto e nemmeno troppo "degenere" del Pci che si limitava a chiedere genericamente "chiarezza") o dai dipietristi
( brave persone ma inguaribilmente tutti "law and order") possono venire speranze maggiori ...
Della "sinistra radicale" che ne parliamo a fare ? E neppure dai "compagni di movimento" sembrano venire grandi voglie di fare chiarezza sugli avvenimenti caotici di quegli anni ... basta guardare quanti, anche qui e persino su Indymedia, danno spesso risalto e credibilità alle indegne cazzate su quel periodo scritte da tale Flamigni .....
Radisol
3. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 12 maggio 2009, 12:43
Pasquale Valitutti era un ragazzone robusto anzi direi piu’ che robusto quando lo ho conosciuto io, le persecuzioni e la vendetta dello stato a cui è andato incontro lo avevano ridotto irriconoscible, ad un ombra di 45 kg, una vita rovinata, tu lo chiami mitomane?Pasquale era un ragazzo sincero ,perchè dici queste stronzate perchè parli di ritrattare ,dopo che hai subito questo ci si puo’ aspettare che qualcuno ceda, che Calabresi fosse dentro o fosse uscito prima o dopo l’assasinio di Pinelli ,poco cambia il responsabile assieme a Guida è lui
Non per questo dico che ucciderlo sia stato un atto di giustizia ,giustizia avrebbe voluto che fosse stato inquisito e giudicato ,un’utopia, inoltre siamo proprio sicuri che calabresi sia stato ucciso per quell fatto?,lo stato non è nuovo alla eliminazione di persone troppo a conoscenza di fatti scabrosi basta ricordare Cavallari suicida con la pistola infilata nei pantaloni o l’altro impiccato nel bagno ad altezza d’uomo
4. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 12 maggio 2009, 14:36
Non entro minimamente sul piano "umano", non ho conosciuto personalmente Valitutti e chi lo ha conosciuto me ne parla più o meno come il commento precedente, un ragazzone buono e generoso ma anche profondamente ingenuo e facilmente "influenzabile".
So però abbastanza bene il fatto che una volta arrestato, peraltro solo per reati associativi. per l’appartenenza al gruppo "Azione Rivoluzionaria", pensò bene di "pentirsi" quasi subito, accusando e mandando in galera pressochè tutti gli anarchici che aveva conosciuto negli anni precedenti, molti dei quali poi risulteranno, anche dalle stesse sentenze giudiziarie, del tutto estranei a quel gruppo armato.
Insomma, con tutto il rispetto "umano" ( non escludo sia stato torturato come avveniva spesso in quegli anni), non mi sembra proprio possa essere citato come un mostro di credibilità.
Quanto alla vicenda specifica di Pinelli, è ad esempio Pietro Valpreda che sostiene in alcuni suoi scritti il fatto che Calabresi non fosse materialmente nella stanza al momento del fattaccio e lo sostiene dicendo di averlo appreso proprio da Pasquale Valitutti.
Ma la circostanza - il fatto che Calabresi fosse nel corridoio al momento delle urla - è confermata anche da altri anarchici fermati, tra i quali sicuramente Leonardo Claps.
Ovviamente l’assenza dalla stanza di Calabresi non significa che lui non avesse alcuna responsabilità nella vicenda, anzi, essendo il superiore diretto di tutti i poliziotti presenti ( c’era pure, stranamente, un carabiniere) era comunque responsabile giuridicamente del fatto.
Anch’io credo però che la "personalizzazione" eccessiva della responsabilità di Calabresi creatasi con la campagna mediatica fatta allora da Lotta Continua ha poi finito per limitare solo sul "commissario finestra" l’attenzione.
Col risultato non solo di aver oggettivamente ispirato i "vendicatori" - nemmeno io ho mai creduto ad una responsabilità diretta di Lotta Continua nell’omicidio - ma anche chiudendo di fatto, con la morte di Calabresi, definitivamente la questione e finendo quindi per facilitare la più generale "autoassoluzione" da parte dello stato.
Raf
5. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 12 maggio 2009, 16:38
Molti cambiano ,puo’ darsi che dopo non sia stato quello che ho conosciuto,come a conoscere ora il Luca Liguori non è quello che era quando militava in lotta continua,nè Giuliano Ferrara di oggi è quello che correva davanti al servizio d’ordine di Berlinguer nè Adornato di oggi è l’Ingraiano di allora, per finire con lo stesso Sofri ,pane e cacio con Martelli prima dell"’incidente"è quello di allora
Gente senza pudore ,voltaggabbana nata e non sono pochi anzi molti,quelli che la bandiera rossa la hanno buttata nel fosso,solo che loro lo hanno fatto per interesse, Pasquale perlomeno ,se è vero quanto dici ,perchè anche la disinformazione e la calunnia fa parte dei sistemi di annientamento è stato comunque distrutto sia psicologicamente che fisicamente
Caro mio lo stato l’avrebbe comunque assolto, lo stato si autoassolve sempre basta vedere l’esempio di Genova
Senz’altro questo sì, la sua morte ha messo a tacere uno che sapeva chi erano i mandanti , perchè quello fu un piano di cui lui non poteva non essere a conoscenza ,se avese veramente considerato Pinelli uno capace di una tale strage non lo avrebbe fatto venire in questura con la sua bicicletta
6. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 12 maggio 2009, 19:22
Gli esempi che fai c’entrano poco con Valitutti.
A parte il fatto che Ferrara era una montagna di merda anche quando militava nel Pci ( e nemmeno suo padre senatore era migliore di lui ), tutti quelli da te citati sono stati letteralmente "comprati" a suon di miliardi dal potere.
Il caso di Sofri è un pò diverso, è infatti l’unico dei citati che ancora si può definire "di sinistra" ed anche se non condivido quasi nulla delle cose che scrive oggi, credo meriti comunque rispetto per quanto ha ingiustamente subito con grande dignità.
Valitutti, invece, era ( è morto un paio di anni fa) soltanto un povero disgraziato distrutto dalla galera e dalle probabili e realistiche torture.
Ciò non toglie che fosse decisamente "mitomane" anche prima della persecuzione subita ( era uno di quel gruppetto di fessi che riempirono, prima di Piazza Fontana, i muri milanesi della scritta "Bombe, sangue, anarchia" , fatto che poi aiuterà a consegnare loro e gli anarchici in genere in bocca alla montatura) e che comunque fece arrestare tutti gli anarchici italiani, dal Trentino alla Calabria, di cui conosceva il nome, facendosi "teste" principale di un’altra assurda montatura, quella appunto relativa ad Azione Rivoluzionaria.
Anche per me poco importa se Calabresi fosse o no nella stanza al momento della "caduta" di Pino Pinelli ( anche se sembrerebbe cosa certa che non c’era).
Era comunque sua responsabilità il fatto che Pinelli si trovasse in stato di fermo illegale e che da tre giorni non avesse potuto mangiare nè dormire, cosa rilevata con certezza nei vari processi.
E fu lui, insieme a Guida, a raccontare subito dopo in Tv il falso suicidio, con l’aggiunta della frase "Questa è la fine dell’anarchia" ed altre allucinanti amenità.
Ribadisco però che l’eccessiva "personalizzazione" fatta dalla campagna di Lotta Continua ( nella quale peraltro allora militavo) fu un grave errore politico e penso questo più o meno per le stesse motivazioni dette da Scalzone in un intervista degli scorsi giorni ed illustrate molto bene in un commento qua sopra da Raf.
K.
7. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 13 maggio 2009, 14:32
Il solito stile di allora "grave errore politico" "lunghe dissertazioni",scarsa attenzione a quello che dicono gli altri, perchè al fondo di tutto c’è : quello che dico io è piu’ vero di quello che dici tu ,la mia linea è la piu’ giusta ,gli altri sono fessi,per queste ragioni pur essendo un simpatizzante non ho mai aderito attivamente a nessuno di quei gruppi di allora,
Mi sono sempre fatto questa domanda, oggi ancora (se non piu’ )attuale ma perchè compagni non pensiamo alle cose serie fondamentali invece che alle cazzate che dividono, sono cazzate ,sono la ricerca del feudo , imposizioni di personalita in cerca di affermazione
Sarà perchè ero figlio di operai ed ero molto più legato alle cose pratiche, mi sembrava allora che molti avessero perso il senso della realtà,continue suddivisioni e scissioni, discorsi impossibili da capire ,chilometrici ,prolissi,quando le nostre ragioni sono di una semplicità enorme,io a tuttoggi non riesco a finire di leggere un brano di quello che secondo te è rimasto a sinistra!
Parlo di Sofri una palla disumana e soprattutto oltre a non capire quello che vuol dire o non capire perchè tra tutto quello di importante c’è da dire dica proprio altro,non riesci a capire da che parte stà ,forse non lo ha mai saputo nenche lui.
Se questo ti puo’ rendere contento è stato un grave errore politico,sta di fatto che perlomeno sul fatto che calabresi fosse il responsabile della morte di Pinelli eravamo tutti uniti e non è poco
8. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 13 maggio 2009, 15:49
Ma perchè scrivete senza leggere bene quello che hanno scritto gli altri ?
Innanzitutto eravamo tutti d’accordo sul fatto che la "strage è di stato" e che "Pinelli è stato assassinato" e questa era la cosa principale, quella che contava veramente.
Per il resto la campagna personalizzata "Calabresi assassino" fu soprattutto di Lotta Continua, perplessità furono espresse non solo da Potere Operaio ma anche da tutti i gruppi m-l e persino tra gli stessi anarchici.
Per quanto riguarda quello che dice K che nella sostanza condivido, lui stesso dice che all’epoca era militante di Lotta Continua e quindi la sua non è solo una critica ma pure una autocritica.
E poi, a distanza di quasi 40 anni, quale "feudo" vuoi più cercare ?
Raf
9. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 13 maggio 2009, 16:16
Curioso poi che il commentatore che mi ha preceduto dica :
"Parlo di Sofri una palla disumana e soprattutto oltre a non capire quello che vuol dire o non capire perchè tra tutto quello di importante c’è da dire dica proprio altro,non riesci a capire da che parte stà ,forse non lo ha mai saputo nenche lui."
e però poi lo stesso commentatore si incazza se qualcuno ritiene un "grave errore politico" proprio una scelta propagandistica dello stesso Sofri di qualche decennio fa ....
Raf
10. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 14 maggio 2009, 19:11
Ma chi in film l’hai viste le perplessità?Io non ero di lotta continua ma che Calabresi era l’assassino era un luogo comune per tutti
Zampi
11. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 14 maggio 2009, 19:18
Per quanto mi riguarda, non posso certo documentare i ricordi, peraltro tuttaltro che sbiaditi.
Mi limito a mettere il link ad una intervista ad Oreste Scalzone pubblicata qualche giorno fa su questo stesso sito :
http://bellaciao.org/it/spip.php?article23989
K.
P.S. Comunque non è che se Calabresi stava o meno nella stanza al momento della cosiddetta "caduta" di Pino, le sue responsabilità cambiassero granchè.
E MENO CHE MAI QUELLE DELLO STATO !
Il discorso è più profondo e riguarda il dopo ....praticamente accusando SOLO Calabresi, con la sua uccisione è stato praticamente chiuso il caso Pinelli ....
12. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 14 maggio 2009, 19:39
Sabato 9 maggio 2009 è stato il giorno in cui lo Stato ha inserito, nel lungo elenco delle vittime della strage di Piazza Fontana, Giuseppe Pinelli. Nel corso della celebrazione della giornata dedicata alla memoria di tutte le vittime del terrorismo, tenutasi al Quirinale alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, le vedove del commissario Luigi Calabresi e del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli si sono strette la mano. Un gesto di riconciliazione per alcuni, un avvenimento storico per altri, ma per Pasquale Valitutti, uno dei tanti anarchici fermati quella sera insieme a Pinelli, l’evento cela ben altro intento: "Dopo 40 anni di lotte, verificata l’impossibilità di fare calare il velo sull’assassinio di Giuseppe Pinelli, il potere ha pensato di raggiungere il suo scopo dicendo una piccolissima parte di verità". Ma chi è Pasquale Valitutti, detto Lello? Un anarchico di origine calabrese che negli anni ’70 militava nel movimento milanese. Stimato per le sue doti umane e politiche, è l’unico testimone vivente della tragica notte tra il 15 ed il 16 dicembre quando, dopo ore estenuanti di attesa, seduto dietro la porta dell’ufficio del Commissario Calabresi, aspettava che Pinelli uscisse dalla stanza per essere interrogato. Ma ecco, nel silenzio di una fredda notte decembrina accadere qualcosa di strano. Valitutti, con voce rotta dall’emozione, continua così il racconto: "saranno state le 11 e mezzo, grosso modo, in quella stanza succede qualcosa che io ho sempre descritto nel modo più oggettivo, più serio, scrupoloso, dei rumori, un trambusto, come una rissa, come se si rovesciassero dei mobili, delle sedie, delle voci concitate". Il racconto che fa Pasquale Valitutti di quella sera è sempre lo stesso da 40 anni, non è mai cambiato di una virgola, al contrario delle versioni riferite ai magistrati dalla maggior parte degli altri testimoni presenti nella stanza, che hanno cambiato più volte versione, mettendo in discussione persino il rapporto firmato dal Commissario Capo di P.S. Dr. Allegra redatto lo stesso giorno della tragedia e riportato integralmente da Adriano Sofri nel libro da "La notte che Pinelli", in cui si afferma che Calabresi era in quella stanza quando Pinelli si gettò dalla finestra.
Ma oltre a ripercorrere le varie fasi di quella sera Valitutti ci tiene ad affermare che oggi, seppur contento "specialmente per la famiglia di Pino che si sia ufficialmente riconosciuto che Pinelli era un uomo veramente degno di stima e rispetto e ci si sia accorti che è stato una vittima", non è disposto ad accettare che questo sia il punto di arrivo. Anzi - dichiara con forza - "per me questo è un punto di partenza per arrivare alla totale verità". E conclude la sua dichiarazione riaffermando la sua quarantennale versione: "il compagno Giuseppe Pinelli è stato materialmente assassinato dai signori: Calabresi, Lograno, Panessa, Muccilli, Mainardi e Caracuta su mandato degli alti vertici di polizia e governo. Se qualcuno si sente calunniato sporga denuncia e ci si dia la possibilità di un nuovo processo. Io continuo a chiedere giustizia e verità per il nostro compagno Giuseppe Pinelli. Si aprano gli armadi, si rimuova il segreto di Stato sulle stragi e si dica la verità su tutto quel periodo". Una dichiarazione che cade come un macigno in un momento politico come questo, in cui le pacche sulle spalle, gli abbracci, le strette di mano, i sorrisi primeggiano nelle foto a colori diffuse dai quotidiani. Accuse dirette, che Pasquale Valitutti ripete da anni e nonostante un processo che ha ormai dato una fine a quella tragica vicenda. Sono in tanti a credere, anche nel movimento libertario, che Licia Pinelli sarebbe dovuta andare al Quirinale solo dopo che fosse stata riconosciuta pubblicamente la verità, tutta la verità su un uomo fermato come testimone e non imputato, tenuto illegalmente in un luogo (la Questura) dove gli onesti dovrebbero sentirsi al sicuro. Si faccia un ulteriore passettino ha chiesto a Giorgio Napolitano Licia Pinelli, "sinora lo Stato non ha messo a disposizione i suoi archivi, i suoi armadi con i fascicoli. Ma sono passati 40 anni, il mondo è cambiato tantissimo, perciò dopo tante sofferenze, lo facciano. Mi piacerebbe un passo concreto, vero, logico e naturale, e cioè che cadesse ogni segreto sulla strage di piazza Fontana".
13. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 14 maggio 2009, 19:45
Pino, perché ce l’hanno con noi?
Testimonianza di Valitutti.
Io sottoscritto Pasquale Valitutti dichiaro che: giunto in questura all’ufficio politico verso le ore 11 di sabato 13 dicembre, sono rimasto due o tre ore in sala d’attesa. Spostato quindi nel salone seguente quello dove vi è la macchina del caffè ho visto Pinelli seduto vicino ad Eliane Vincileone. In seguito, da informazioni datemi da Sergio Ardau e dallo stesso Pinelli ho saputo che Pinelli era stato fermato venerdì sera e interrogato lungamente nella stessa serata di venerdì. Nella notte di venerdì non aveva dormito. Pinelli mi è parso seccato e stanco, ma in condizioni normali. Mi ha parlato del suo alibi e mi è apparso sicuro. Più tardi gli è stata fatta una sfuriata da parte di un agente, che saprei riconoscere, perché aveva gettato della cenere per terra (numerosi i testimoni) e lui si è chinato a raccoglierla.
ù tardi, a sera inoltrata, per ordine di Calabresi siamo stati divisi nella stanza in tavoli diversi, mentre Pinelli e Moi sono stati fatti mettere nella stanza del caffè.
Verso le 24 sono stati fatti andare via tutti gli altri e siamo rimasti io, l’Eliane e Lorenzo. In seguito io e Lorenzo siamo stati portati in cella di sicurezza: non ho più visto Pinelli fino alla domenica dopo pranzo, mi ha detto che lo avevano interrogato la notte di sabato e fatto riposare qualche ora in camera di sicurezza nella giornata di domenica. Nel frattempo io ero stato interrogato e mi avevano portato nel mio abbaino per una perquisizione. Domenica pomeriggio ho parlato con Pino e con Eliane e Pino mi ha detto che facevano difficoltà per il suo alibi, del quale si mostrava sicurissimo. Mi ha anche detto di sentirsi perseguitato da Calabresi e che aveva paura di perdere il posto alle ferrovie. Verso sera un funzionario si è arrabbiato perché parlavo con gli altri e mi ha fatto mettere nella segreteria che è adiacente all’ufficio del Pagnozzi: ho avuto occasione di cogliere alcuni brani degli ordini che Pagnozzi lasciava ai suoi inferiori per la notte. Dai brani colti posso affermare che ha detto di riservare al Pinelli un trattamento speciale, di non farlo dormire e di tenerlo sotto pressione tutta la notte. Di notte il Pinelli è stato portato in un’altra stanza e la mattina mi ha detto di essere molto stanco, che non lo avevavo fatto dormire e che continuavano a ripetergli che il suo alibi era falso. Mi è parso molto amareggiato. Siamo rimasti tutti il giorno nella stessa stanza, quella del caffè e abbiamo potuto scambiare solo alcune frasi, comunque molto signicative. Io gli ho detto: "Pino, perché ce l’hanno con noi?" e lui molto amareggiato mi ha detto: "Si, ce l’hanno con me". Sempre nella serata di lunedì gli ho chiesto se avesse firmato dei verbali e lui mi ha detto di no. Verso le otto è stato portato via e quando ho chiesto ad una guarda dove fosse mi ha risposto che era andato a casa. Io pensavo che stesse per toccare a me di subire l’interrogatorio, certamente il più pesante di quelli avvenuti fino ad allora: avevo quasta precisa impressione.
Dopo un po’, penso verso le 11.30, ho sentito dei rumori sospetti come di una rissa e ho pensato che Pinelli fosse ancora li e che lo stessero picchiando. Dopo un po’ di tempo c’è stato il cambio di guardia, cioè la sostituzione del piantone di turno fino a mezzanotte. Poco dopo ho sentito come delle sedie smosse ed ho visto gente che correva nel corridoio verso l’uscita, gridando "si è gettato". Alle mie domande hanno risposto che si era gettato il Pinelli; mi hanno anche detto che hanno cercato di trattenerlo ma non vi sono riusciti. Calabresi mi ha detto che stavano parlando scherzosamente del Pietro Valpreda, facendomi chiaramente capire che era nella stanza nel momento in cui Pinelli cascò. Inoltre mi hanno detto che Pinelli era un delinquente, aveva le mani in pasta dappertutto e sapeva molte cose degli attentati del 25 aprile. Queste cose mi sono state dette da Panessa e Calabresi mentre altri poliziotti mi tenevano fermo su una sedia pochi minuti dopo il fatto di Pinelli. Specifico inoltre che dalla posizione in cui mi trovavo potevo vedere con chiarezza il pezzo di corridoio che Calabresi avrebbe dovuto necessariamente percorrere per recarsi nello studio del dottor Allegra e che nei minuti precedenti il fatto Calabresi non è assolutamente passato per quel pezzo di corridoio.
Pasquale Valitutti.
14. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 14 maggio 2009, 19:53
Testimonianza di Pasquale Valitutti su Pinelli
Testimonianza di Pasquale Valitutti su Pinelli.
Dopo l’ultima sentenza sulla strage di Piazza Fontana, una sentenza politica che non tiene conto della realtࠠ dei fatti (ma ci si poteva aspettare altro?) ci sembra doveroso e soprattutto utile, riportare la testimonianza di Pasquale Valitutti, uno dei moltissimi anarchici (tra cui Pinelli) ad essere portato in questura subito dopo l’esplosione della bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura il 12 dicembre 1969: a poche ore dalla strage la polizia aveva giࠠ trovato i colpevoli... Pasquale 蠬’ultimo compagno ad avere visto Pinelli vivo: la sua testimonianza 蠦ondamentale per capire l’assassinio di Pino. Quella che segue 蠬a trascrizione dell’intervento di Valitutti nel corso dell’iniziativa "veritࠠ e giustizia" svoltasi il 18 marzo 2004 e organizzata dal Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa e dal Centro Sociale Leoncavallo. In alcuni tratti la qualitࠠ della registrazione scade e alcune (poche) parole risultano non comprensibili, le abbiamo sostituite con (...). Il senso dell’intervento, in ogni caso, rimane chiarissimo.
Buona sera, sono molto contento di essere qui. Non immaginate quanto. Sono commosso e contento. Vorrei prima di tutto ringraziare il Leoncavallo per lo spazio, poi vorrei ringraziare Mauro, senza di lui non sarei qua. Lui mi ha aiutato, spinto, incoraggiato. Poi vorrei ringraziare Licia, la moglie di Pino Pinelli, senza il suo coraggio che dura da 34 anni, senza la sua ferma determinazione probabilmente non saremmo qua stasera a parlare di questo caso e vorrei ricordare due compagni carissimi che non ci sono: Pietro a cui sono legato da affetto e Augusta, chi l’ha conosciuta la ricorda. L’ultima volta che ho parlato di Pino 蠳tato molto tempo fa, era un momento molto diverso da questo, mi ricordo il periodo: l’Italia aveva appena vinto i mondiali di calcio del 1982; ero in Nicaragua verso il 19 di luglio, avevano fatto un battaglione di riserva ( formato dai ragazzi dei quartieri ) andava alla frontiera, nella foresta nicaraguense a difendere quel paese dai mercenari pagati dagli americani. E, nel mio spagnolo terribile, parlai a questi ragazzi dei compagni italiani che lottavano. Loro non capivano "Ma non 蠵n paese democratico l’Italia? Non 蠵n paese libero?" Allora gli ho spiegato un po’ di cose...Ma questo non 蠩mportante, l’importante 蠣he c’蠳tasera lo stesso spirito che c’era l Uno spirito strano, uno spirito speciale che ci riunisce tutti quando il potere diventa arrogante, diventa superbo, diventa presuntuoso. Lࠠil potere era diverso, li erano gli americani, qua 蠩l nostro potere, quello contro cui combattiamo. C’蠬o stesso spirito perch蠬oro sapevano e noi sappiamo di avere ragione. Non abbiamo il 99% di ragione abbiamo il 100%. Chiediamo giustizia per un compagno assassinato. Mi si dice che io sono uno dei testimoni di quella sera, ma io vorrei che da stasera in poi ci fossero tanti testimoni. Io cercher portare via con me, in quella notte, tutti voi, cercher farvi capire quello che 蠳uccesso, di farvelo vivere,di farvelo sentire. E vorrei che diceste "anch’io c’ero, anch’io sono testimone". Io ho sentito con le mie orecchie, ho capito quello che 芳uccesso. Voi sapete il preambolo: la strage di Piazza Fontana, subito dopo hanno fatto una grandissima retata solamente con gli anarchici. Sembrava ci fossero solo gli anarchici potenziali bombaroli. Hanno riempito la questura di Milano di tantissimi anarchici e di tanto in tanto li interrogavano, li mandavano a casa, qualcuno lo mandavano a casa senza interrogarlo, arriva la sera del 15 dicembre e siamo rimasti solo io e Pino Pinelli, gli altri erano tutti andati a casa. Vediamo insieme come era il posto: l’ufficio politico della questura di Milano era un appartamento: c’era una porta di ingresso, c’era un lungo corridoio, su questo corridoio da un solo lato c’erano varie stanze. Io ero in una stanza che era pi?ina alla porta d’ingresso rispetto alla stanza vicina dove poi sarebbe stato stato interrogato Pino. 蠳era tardi non c’蠲iscaldamento, non c’蠠assolutamente nessuno, c’蠵n silenzio agghiacciante. Sono seduto al tavolo con Pino lui 蠴ranquillissimo, serenissimo. Lui 蠵n compagno pi?nde di me e mi incoraggiava: io dicevo "siamo qui da diverso tempo" lui diceva "ma no, siamo rimasti noi, adesso tra un attimo ci chiamano e ci lasciano, ce ne andiamo a casa e finisce sta storia" era tranquillo, sereno, parlava cosi. Verso le 10 e mezzo vengono e portano Pino per l’interrogatorio. Erano il commissario Calabresi, altri 2.Io resto solo, assolutamente solo nella stanza. Davanti a me non c’蠵na finestra,o una porta. Ho una parete completamente aperta, con una grande apertura, con quattro finestre, molto pi?e delle finestre, su un corridoio, completamente vuoto davanti a me. Da questo corridoio passano, portando Pino, Calabresi e gli altri, e vanno nella stanza vicino. Chi dice che Calabresi non era in quella stanza sta mentendo, nel pi?dorato dei modi. Calabresi 蠥ntrato in quella stanza, 蠥ntrato insieme agli altri, nessuno pi?ito. Io ve l’assicuro, era notte fonda, c’era un silenzio incredibile, qualunque passo, qualunque rumore rimbombava, era impossibile sbagliarsi, lui era in quella stanza.Dopo circa un’ora che lui era in quella stanza, che c’era pino in quella stanza, che non avevo sentito nulla, quindi saranno state le 11 e mezzo, grosso modo, in quella stanza succede qualcosa che io ho sempre descritto nel modo pi?ettivo, pi?io, scrupoloso, dei rumori,un trambusto, come una rissa, come se si rovesciassero dei mobili, delle sedie, delle voci concitate. Non ho sentito quello che hanno detto e non mi sono inventato quello che hanno detto, non li ho sentito e non l’ho detto non ho detto una virgola che non sia la pi?ara e assoluta veritࠠ. Qualcosa 蠳uccesso in quella stanza. Dopo circa 20 minuti ho sentito un rumore. Io non voglio fare retorica, era un rumore sordo, muto, cupo, io non sapevo cosa fosse,non sapevo proprio neanche lontanamente avevo immaginato che cos’era quel rumore, e subito immediatamente vengono due poliziotti, mi mettono con la faccia contro la parete e mi dicono "si 蠢uttato"allora realizzo che quel rumore era il corpo di Pino che cadeva, che moriva, un rumore sordo, cupo,bruttissimo... e e nessuno 蠵scito da quella stanza fino a quel momento, nessuno. Quando io ho detto queste cose, perch芤opo mi hanno preso e mi hanno portato subito a San Vittore,perch蠥ra scaduto il tempo del fermo, e il giorno dopo mi han fatto uscire nessuno mi ha interrogato, non ho mai saputo perch蠦ossi rimasto lࠠfino a quell’ora di notte... quando io ho detto queste cose io non sapevo niente, che il commissario Calabresi aveva detto che lui non c’era in quella stanza. Non lo potevo immaginare e neanche sognare.Mi hanno detto "蠵scito qualcuno?" l’avvocato "No, sicuramente non 蠵scito nessuno". Perch蠵na volta che 蠥ntrato Pino stavo in attenzione, perch蠤opo sarebbe toccato a me, volevo andare a casa, stavo attentissimo a quello che succedeva,e ve lo posso giurare, non 蠵scito nessuno, erano ancora lࠠdentro tutti, assolutamente tutti. (...)in quel momento 蠳uccesso questo compagni. Sicuramente. Non c’蠤ubbio su quello che 蠳uccesso, la realtࠠ 蠱uesta. (...) Qualcuno ha fatto qualcosa a un compagno. Io non so se gliel’ha fatto apposta, se ha sbagliato la misura, e quindi non posso dirlo, non posso scaricare lo sdegno su questo, perch蠮on lo so, ma qualcosa 蠳uccesso, qualcosa hanno fatto a un compagno. Poi 芳uccessa una cosa schifosa, orribile, indecente, che non ha parole, hanno preso un compagno svenuto, incosciente, e per nascondere (...) l’han buttato dalla finestra. Qualunque altra versione 蠦alsa. Questo 蠥sattamente quello che 蠳uccesso lࠊdentro, 蠬a sola cosa che puiegare quello che 蠳uccesso. Hanno organizzato questi miserabili per nascondere il loro crimine prendono e buttano un compagno inerme, e lo buttano gi?la finestra. E’ caduto sulla testa, non si 蠤ifeso, non era cosciente (...) inerme e l’han buttato gi?nel frattempo, a Roma succedeva questo a quel povero Pietro, me l’ha detto, c’era anche la Pia, una compagna dolcissima e carinissima che anche lei mi ha rubato un po’ l’anima, come tutti i compagni, lei in particolare una compagna straordinaria, c’era anche lei quando Pietro mi diceva (...)ero lࠠha Roma, mi avevano fermato, e c’era il solito poliziotto, e mi diceva "Guarda Pietro, non te preoccupࠠ" all’improvviso a mezzanotte mi saltano addosso, mi mettono a faccia in gi? mettono le manette, mi dicono "sei tu, sei tu l’assassino". Tre delitti sono successi quella sera. Prima, prima hanno fatto del male a un compagno, poi l’hanno buttato gi? nascondere il primo crimine e hanno arrestato Valpreda per dare un senso al secondo crimine. Forse qualcuno di voi non si ricorda e altri non possono sapere, la prima persona della polizia di Milano, subito dopo la morte di Pino ha detto "si 蠢uttato dalla finestra gridando "Valpreda 蠣olpevole, 芬’anarchia 蠦inita". Hanno mentito tutti, dal questore a tutti gli altri che erano nella stanza. Poi, no, la versione 芣ambiata, i bugiardi hanno detto un’altra cosa. Ma quale credibilitࠠ puere gente che ha mentito subito quando poi dice un’altra cosa? Sicuramente nessuna. Dopo avere fatto questo cos’蠳uccesso? Ci hanno anche preso in giro (...) guardate a che punto si purivare... continuano a mentirci, e a dirci una serie di cose che non sono assolutamente neanche lontanamente vere. Quello che ha detto il compagno Mauro 蠶erissimo: 芩mportante ristabilire la veritࠠ. Compagni, io non esprimo opinioni, le opinioni le lascio a voi, io dirnomi degli assassini del compagno Pinelli, uno per uno e vi dico che sono degli assassini, perch蠣hi ammazza un essere innocente 蠵n assassino, se no poi le missioni di guerra imperialista diventano missioni di pace. Ognuno deve prendersi il nome che si merita. Panessa, Mainardi, Muccilli, Lograno, Calabresi, Caracuta siete tutti degli assassini. Noi vogliamo, continuiamo a volere, a pretendere giustizia per i nostri morti, per tutti, per Pinelli, per i ragazzi morti e anche per i morti di piazza Fontana, perch蠬a strage 蠳tata una strage di stato.
15. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 14 maggio 2009, 22:27
Sta cosa comincia a stancare, non credo che il giudizio su Piazza Fontana e sul caso Pinelli più nello specifico cambi di una virgola se Calabresi fosse o no all’interno di quella maledetta stanza in quel maledetto momento.
Dico solo, con Scalzone ed anche con Valpreda, che se non si fosse personalizzata eccessivamente la campagna di Lotta Continua ( ed in quei termini solo sua !) il caso politico/giudiziario non si sarebbe definitivamente chiuso con la morte dello stesso Calabresi.
Quanto a Valitutti, in oltre 30 anni, su questa ed altre vicende, ha raccontato tutto ed il contrario di tutto.
Se fosse stato più zitto in alcune circostanze - o almeno fosse stato meno fantasioso - tanti bravi "ragazzoni" come lui, dalle Alpi all’Etna, avrebbero risparmiato svariati anni di galera ... ed uno in particolare, Salvatore Cinieri, forse anche la vita ....
Non volevo essere così esplicito ... ma cacchio, mi ci avete tirato ...
Per cui lasciamo perdere .... pure Valitutti è morto ... pace all’anima sua ....
K.
16. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 14 maggio 2009, 22:56
Mi dicono, e non ho motivo per non crederci, che Pasquale "Lello" Valitutti vive ancora ... non è morto qualche anno fa come credevo, probabilmente in questo l’ho confuso con qualcun altro ... buon per lui ...
Per il resto, però, non rinnego una virgola di quanto ho detto ....
E trovo veramente curioso che in molti, lasciamo perdere la stampa mainstream, anche anarchici sembrano aver dimenticato non solo l’estrema volatilità delle dichiarazioni del personaggio ... ma soprattutto cosa è riuscito a combinare nella seconda metà degli anni settanta ...
Il "perdono facile" e l’oblio sembrano essere un vecchio vizio dell’ambiente, basti pensare all’assurda credibilità e verginità ridata dagli stessi ambienti ad un personaggio al di sotto di ogni sospetto come Gianfranco Bertoli ... ma anche quella data a suo tempo a personaggi come Merlino e Sottostanti .... per cui non mi meraviglio più di nulla ....
Per il resto, anche se Calabresi avesse per assurdo DA SOLO preso e buttato giù Pinelli dalla famosa finestra, ripeto che fu comunque un errore, per i motivi già detti non solo dal sottoscritto, la "campagna personalizzata" di Lotta Continua.
ASSASSINO E’ LO STATO ..... il resto è cosa secondaria e di contorno .... Calabresi ha reso l’anima nel 1972 ... LO STATO CONTINUA AD UCCIDERE ....
K.
17. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 15 maggio 2009, 12:11
Me ne male che te ne sei accorto.. alla fine ,il mitomane,il fesso il disgraziato è ancora vivo come si puo’ leggere da i testi riportati ,ti consiglierei di controllare anche tutte le altre cose che hai detto perchè molte sono a livello della notizia della morte due anni fà, non ne hai azzeccata una prima di sparare stronzate informati
18. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 15 maggio 2009, 13:49
Chiedilo alle decine di anarchici finite in galera sulla questione Azione Rivoluzionaria grazie alle fantasie di "Lello" e poi tutti regolarmente prosciolti ........... e poi ne riparliamo .....
Per carità, una intervistina su qualche giornale, magari a pagamento, non si nega a nessuno ... ma la cosa assurda è che poi queste intervistine le copiancollano pure alcuni anarchici sui loro siti ... è tutto dire ....
Come appunto la storia dell’agente del Sid, di Gladio e forse pure del Mossad, Gianfranco Bertoli, autore di una strage assurda alla Questura di Milano, e poi ridipinto anni dopo come "compagno anarchico in buona fede" ....
Continuate pure così ...
Raf
19. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 15 maggio 2009, 22:51
In soldoni, pur di sentirsi raccontare una cosa che piace sentire ( e cioè che il commissario Calabresi è anche responsabile fisico della morte di Pinelli, oltre che ovviamente giuridico e politico, cosa quest’ultima che mi sembra del tutto incontestabile e che basta ed avanza per esprimere un giudizio sullo stesso Calabresi) si arriva tranquillamente a riciclare come persona credibile ed attendibile uno dei peggiori e più manifestamente bugiardi "collaboratori di giustizia" del lottarmatismo degli anni settanta.
Mi sembra sinceramente roba da scemi!
Vanni
20. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 16 giugno 2009, 23:00, di redevilr76
Mi racconteresti la storia di Cinieri in modo piu approfondita che conosco il figlio e mi piacerebbe potergliela raccontare
21. L’onore perduto dell’anarchico Giuseppe Pinelli, 16 giugno 2009, 23:01, di redevilr76
Mi racconteresti la storia di Cinieri in modo piu approfondita che conosco il figlio e mi piacerebbe potergliela raccontare