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L’ultimo fallimento di un’Europa sbagliata

Publie le martedì 22 maggio 2007 par Open-Publishing

Ancora una volta l’Unione europea si trova davanti a un fallimento, l’ennesimo della sua storia recente. Non il fallimento di grandi progetti politici o grandi ideali, ormai del resto tramontati; no: in riva al Volga, il suo più grande fiume, l’Europa si è arenata su mere, banalissime questioni di commercio, che dovrebbero essere - almeno queste - il pezzo forte del suo repertorio. E ancora una volta bisogna constatare che il fallimento è frutto diretto della miopia con cui, negli anni Novanta, l’Unione ha perseguito la pura e semplice annessione economica di quella che era l’Europa realsocialista e sovietica: senza minimamente curarsi delle differenze sociali e politiche che con quell’annessione sarebbero state «importate» e senza minimamente pensare ad adeguare, prima, le proprie strutture e i propri metodi di funzionamento. Senza riflettere, cioè, sul fatto elementare che decidere in ventisette è sempre e comunque molto più complicato che decidere in sei - e i meccanismi dell’Europa comunitaria sono stati concepiti per un’Unione a sei, non a ventisette. I signori dell’Europa del post-muro hanno pensato invece che la loro enorme superiorità economica avrebbe portato automaticamente al loro pieno controllo politico sui nuovi membri appena accolti. E’ per via di questa assurda illusione che il nazionalismo estremo e spesso ottuso che fin dal primo giorno caratterizza molti governi (e molte società) dell’ex «campo socialista» - col quale devono ora «solidarizzare» per forza anche i grandi paesi della «vecchia Europa» che avrebbero tutt’altro atteggiamento e tutt’altri interessi - ha portato prima alla paralisi politica (dando spazio e ragioni agli euroscettici e offrendo un insperato aiuto agli antieuropeisti dell’amministrazione Usa) e ora anche a una grave impasse economica. La vicenda del rapporto con Mosca è esemplare. La più gran parte dell’Europa comunitaria - compresi in fondo gli stessi paesi dell’est - avrebbe un forte interesse nella firma di un accordo globale con la Russia che garantisca non solo gli approvvigionamenti energetici ma anche l’accesso alle riserve, al mercato e alla rete di distribuzione dell’energia sul suolo russo - offrendo in cambio un maggiore accesso dei capitali russi all’economia europea e una maggiore libertà nel traffico delle merci e nei movimenti delle persone; ma questo accordo è bloccato sine die da stupidi conflitti bilaterali dettati solo da malinteso orgoglio nazionale e dalla volontà di mostrarsi «indipendenti» rispetto agli ex dominatori. Tutti così ci rimettono - e gli europei più dei russi. Se così male vanno le cose quando si parla di soldi, possiamo figurarci che prospettive ci siano per i discorsi sulla politica e gli ideali, sulla costituzione e sui diritti. La cancelliera Angela Merkel voleva concludere il semestre di leadership europea della Germania con dei passi avanti in questa direzione: lo conclude con dei passi indietro su tutto.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/19-Maggio-2007/art12.html