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L’unica voce di spesa pubblica che non cala mai? Quella per gli armamenti. Nel mondo e in Italia

Publie le martedì 8 agosto 2006 par Open-Publishing

L’unica voce di spesa pubblica che non cala mai?

il punto di Aldo Bassoni

il prezzo della guerra

C’è una voce di spesa che non cala mai. Nel mondo e in Italia. La spesa
per gli armamenti. Secondo il rapporto Sipri, l’istituto di ricerca
sulla pace con sede a Stoccolma, nel 2005 la spesa militare si è
attestata sui 1.200 miliardi di dollari con un aumento di 200 miliardi
rispetto all’anno precedente. Per l’industria degli armamenti sono
tornati i tempi d’oro della guerra fredda quando nel 1988, un anno prima
della caduta del famoso muro, la spesa militare raggiunse il vertiginoso
picco dei 1.100 miliardi di dollari. Sembrava che da lì si potesse solo
tornare indietro.

E in effetti, tra il 1995 e il 1998 c’è stata una
consistente riduzione della spesa. Poi è ripresa a crescere, e nel
periodo 2002-2005 il tasso di crescita in termini reali è stato del 6
per cento. A segnare questa folle impennata sono soprattutto gli Stati
Uniti che, da soli, con più di 500 miliardi di dollari, bruciano poco
meno della metà di tutte le spese militari mondiali. Seguono gli altri,
europei in testa, tra cui l’Italia che passa dal settimo al sesto posto
in classifica.

Si fa presto a fare i conti: in dodici mesi il dio della
guerra si è bevuto circa 2.000 miliardi di vecchie lire in carri armati,
fucili, bombe, missili, aerei e chissà quante altre sofisticate macchine
di morte impegnate ormai a tempo pieno in mezzo mondo. Il 2,5 per cento
dei Pil mondiale, 173 dollari pro-capite. E l’Italia, con una spesa
pro-capite di 468 dollari, supera di gran lunga la Germania (401
dollari) nella spesa militare in rapporto alla popolazione. Per la
guerra globale al terrorismo, gli Stati Uniti hanno incrementato il
budget militare di 238 miliardi di dollari in appena tre anni, molto più
di quanto spendono in un anno tutti i paesi dell’Africa, dell’America
Latina, del Medio Oriente e dell’Asia.

Un oceano di danaro fagogitato
dalla sempreverde industria bellica e sottratto ad altri ben più
impellenti bisogni di enormi masse umane sfigurate dalla miseria e
piegate dallo sfruttamento. Il nuovo ordine mondiale assomiglia assai al
vecchio. Con la differenza che le superpotenze non sono più due. E che
molte guerre da fredde sono diventate calde. Alcune sembrano fatte
apposta per alimentare il circolo virtuoso dell’economia di guerra.
Altre si sommano tra loro in una immane tragedia dai contorni sempre più
indistinti solo perché non se ne parla o se ne parla poco ma che mietono
ogni giorno migliaia di vittime.

E intanto l’unica spesa pubblica che
non cala mai è quella militare. Come nel famoso film con Alberto Sordi
nelle vesti di un piazzista d’armi in giro per il mondo a smerciare
ferraglia da combattimento, finché c’è guerra c’è speranza.

Da Nuovo Consumo Luglio/Agosto 2006