Home > LA FINTA RIFORMA SANITARIA DI OBAMA

LA FINTA RIFORMA SANITARIA DI OBAMA

Publie le lunedì 9 novembre 2009 par Open-Publishing
12 commenti

LA FINTA RIFORMA SANITARIA DI OBAMA E LA BANCAROTTA MEDICA
=========================================================

La riforma al primo voto
Sunday, 08 November 2009 08:56 Marco d’Eramo
il Manifesto, 7 novembre 2009 (a pagina intera)
AMERICA MALATA
Il progetto di legge sulla sanità, che estende l’assistenza ad altri 36 milioni di americani, arriva oggi alla Camera dei rappresentanti. Il voto previsto entro il week-end, in una seduta straordinaria. Poi toccherà al Senato, l’ostacolo più difficile
Dopo estenuanti trattative durate mesi, oggi arriva finalmente nell’aula della Camera dei Rappresentanti il disegno di legge sulla riforma sanitaria. Il voto dovrebbe concludersi nel week-end in una seduta straordinaria. Il testo, di 1990 pagine, propone una spesa di 1.055 miliardi di dollari (circa 700 miliardi di euro) spalmata su dieci anni per estendere la copertura sanitaria ad altri 36 milioni di americani (sui 47 che oggi ne sono privi). Nella forma attuale, il testo prevede questa copertura sotto la forma di un’estensione del programma già attualmente vigente per i più indigenti, Medicaid. Almeno nella sua formulazione attuale, il testo prevede anche la discussissima public option, cioè una forma di assicurazione pubblica che costituisca una rete di sicurezza disponibile solo per chi non dispone di altre forme di assicurazione privata (per esempio le piccole imprese, artigiani e commercianti che non possono permettersi le assicurazioni correnti), e che costituisce non un obbligo, ma appunto un’opzione. Nel testo non è neanche presa in considerazione l’instaurazione di un single payer, cioè di una previdenza universale, come vige in quasi tutti i paesi industrializzati.

Comunque vada il voto di oggi, il testo deve ancora passare al vaglio del Senato, che costituisce l’ostacolo più difficile, visto che tra i senatori democratici vi sono alcuni apertamente schierati contro. In ogni caso, il capogruppo democratico, il senatore del Nevada Harry Reid, ha già detto che è molto difficile che il Senato riesca ad approvare la legge entro l’anno, preannunciando perciò lo sforamento della scadenza che il presidente Obama aveva dichiarato «improrogabile». Un rinvio all’anno prossimo renderebbe tutto più difficile e metterebbe in forse la legge.
In attesa del Senato, l’approvazione della Camera è un passo decisivo per questa legge tanto attesa e tanto contrastata. Mentre i deputati si preparano a votarla, sui prati fuori dal Congresso continuano le manifestazioni degli oppositori, con lo spettacolo di ultrasettantenni con la bombola di ossigeno che gridano il loro no a un’eutanasia di massa con cui, a detta dei repubblicani e delle lobbies assicurative, la riforma falcerebbe i più anziani. Il canale tv di destra Fox News si dilunga sulle immagini dei malori di questi vegliardi contestatori.
Alla Camera invece le trattative dell’ultimo minuto fervono ancora su due temi caldi: se estendere la copertura sanitaria all’aborto e agli immigrati senza permesso di soggiorno. Proprio a causa di questi due punti, fino a ieri sera la leader della Camera, Nancy Pelosi, non era sicura di poter ottenere i 218 voti necessari per l’approvazione, nonostante i democratici abbiano 258 parlamentari: ma parecchi deputati democratici eletti nelle circoscrizioni rurali, o del sud, o in aree di proletari bianchi, temono di perdere il seggio se appoggiano una legge pro-abortista o filo-immigrati.
La Casa bianca sta esercitando tutto il suo peso per accelerare l’iter parlamentare. Con una mossa inconsueta, giovedì Obama si è presentato alla Camera per annunciare l’appoggio alla legge da parte di due importanti gruppi di pressione, l’American Medical Association (Ama) cui aderiscono 250.000 medici statunitensi (un terzo del totale), e l’Aarp, l’American Association of Retirees Persons, 40 milioni di iscritti, la maggiore associazione per gli oltre 50. L’appoggio dell’Ama è da un lato un’ottima notizia, perché elimina uno dei maggiori ostacoli alla riforma, ma dall’altro è vista da molti come la conferma della natura ibrida e compromissoria della riforma, proprio perché l’Ama ha fama di corporativismo esasperatoche concepisce la medicina come un business. Fu l’Ama a opporsi a ogni costo alla riforma sanitaria di Harry Truman nel 1949.

abbonamenti
store
archivi
io manifesto
info

INTERVISTA | di Marco d’Eramo - INVIATO A CHICAGO
INTERVISTA Il dottor Young spiega come funziona la sanità Usa
«La bancarotta medica fa fallire ogni anno 1 milione di americani»
«Bancarotta medica» è un concetto che non conoscevo prima che me lo spiegasse il dottor Quentin Young nella sala riunioni dell’associazione Physicians for a National Health Program (Pnhp), qui a downtown Chicago: sulla parete campeggia una foto di qualche anno fa con un Barack Obama giovane, quasi ragazzino, insieme a Young e altri dirigenti dell’associazione.
«Bancarotta medica vuol dire che tu vai fallito per debiti sanitari, perché le parcelle del dottore, le fatture delle analisi, le spese di ospedale si sono accumulate. Allora interviene l’esecutore fallimentare e ti tolgono tutto: non solo sei malato, non solo stai magari morendo, ma ti prendono la casa, l’auto, i mobili, ti lasciano per strada, t’impediscono di mandare i figli all’università. E’ barbaro. Le bancarotte mediche non sono un fenomeno marginale: il 62 % di tutti i fallimenti pronunciati dai tribunali Usa riguarda debiti medici, e un milione di persone vanno fallite per debiti medici ogni anno». In realtà molte di queste insolvenze riguardano somme relativamente modeste che potrebbero essere ripianate (il 20% ammontano a meno di 1.000 dollari, 670 euro; il 40% a meno di 5.000 dollari e il 13% a meno di 10.000 dollari), ma le assicurazioni esigono ugualmente la bancarotta perché vogliono mostrare la propria inflessibilità e convincere tutti che non conviene non pagare.
Quentin Young è un gran bel vecchio, ha 86 anni, ma fino all’anno scorso ha esercitato privatamente a Hyde Park (per anni Barack Obama si è fatto curare dall’associato del suo studio medico): «Ho esercitato per 61 anni» dice fiero. E’ una figura storica della sinistra Usa: nel 1968 curò gratuitamente i dimostranti massacrati dalla polizia durante le manifestazioni per la Convenzione democratica di Chicago. Ora dirige la più progressista tra le associazioni di medici Usa («siamo in 17.000, può sembrare tanto, ma siamo pochi rispetto ai 700.000 dottori che conta il nostro paese»). Non è un caso se, come afferma la loro sigla, si dicono «medici per un piano sanitario nazionale»: Young è un intransigente sostenitore del servizio sanitario nazionale e qualunque soluzione al di qua di quest’obiettivo gli pare confusa e, peggio, controproducente. Ricorda di avere incontrato Giovanni Berlinguer per imparare sul Servizio sanitario italiano («Il Pci era un buon partito, peccato si sia sfasciato»).
È evidente che per Quentin Young «bancarotta medica» non è solo una nozione del diritto fallimentare, è l’espressione che meglio descrive lo stato della sanità negli Usa. «La sanità Usa è in pessima salute, dal punto di vista finanziario, medico, etico. Gli Usa spendono 2.500 miliardi di dollari per la sanità, un sesto del Prodotto interno lordo (Pil), 8.000 dollari pro capite all’anno: noi spendiamo per la sanità il doppio di quello che spendono i paesi che spendono di più, cioè Francia e Germania, e ciononostante 47 milioni di statunitensi non hanno copertura sanitaria e l’anno scorso 45.000 morti sono state dovute al solo fatto che le vittime non avevano copertura: e questa cifra è in aumento vertiginoso: nel 2002 i morti per mancata assicurazione erano solo 18.000 .., se lei pensa che l’11 settembre ha fatto in tutto 3.000 vittime, qui parliamo di 45.000 all’anno!»
Young addossa il disastro sanitario alle compagnie di assicurazione private. Ricorda come prima della II guerra mondiale le assicurazioni fossero del tutto assenti dal mercato sanitario. Vi entrarono solo per l’economia di guerra, perché le imprese fornissero benefici non monetari agli operai i cui salari erano congelati. «Da allora le assicurazioni hanno inventato tutti i sistemi possibili per massimizzare il profitto. Naturalmente hanno alzato a dismisura i premi per le polizze, tanto più libere di rincarare quanto si conglomeravano in gruppi monopolisti. Ma soprattutto hanno tagliato i costi, cercando di ridurre all’osso le cure dispensate. Sono diventate bravissime a scovare ogni possibile ragione per non curarti. La più perfida è quella delle ’condizioni preesistenti’: dicono che hanno il diritto di non pagarti le cure se scoprono che la tua malattia ha origini antecedenti al momento in cui hai stipulato la polizza: possono rifiutarti le cure per un tumore al polmone a 50 anni invocando un raffreddore che hai avuto da bambino. Ê pazzesco, e cinico. E l’unica cosa buona che gli Stati uniti hanno fatto in 60 anni per la sanità, cioè Medicare, la cura gratuita per i vecchi oltre i 65 anni e per i totalmente disabili, siamo riusciti a ottenerla solo perché le assicurazioni erano ben contente di sgravarsi degli anziani, il gruppo della popolazione con più malattie e quindi il più costoso dal punto di vista di spesa sanitaria. Cedendo allo stato i vecchi, le assicurazioni abbattevano i costi».
Le assicurazioni sono la bestia nera di Quentin Young: «Sei anni fa, Obama veniva qui, era un politico locale, ed era un fautore convinto del single payer, cioè del sistema sanitario nazionale: ora il sistema single payer ha tutti i vantaggi economici e sociali, ha solo un difetto, è malvisto dalle assicurazioni. E le assicurazioni hanno un potere enorme, hanno finanziato le campagne di senatori e deputati. Il presidente della commissione del senato che discute la riforma sanitaria, il senatore del Montana Max Baucus, ha ricevuto milioni di dollari dalle assicurazioni. Capisce perché ha escluso fin dall’inizio l’ipotesi del single payer? E adesso anche Obama è diventato molto più morbido e non ha fatto nulla per imporre un dibattito sul single payer. Non si faccia fuorviare dalle proteste della destra, sono marginali e pompate dai media: la stragrande maggioranza degli americani è a favore del sistema sanitario nazionale, ma i loro eletti, i parlamentari sono tutti sul libro paga delle assicurazioni. Le assicurazioni sono ormai un pericolo per la democrazia, perché fanno in modo che gli eletti non rispettino più la volontà dei propri elettori, del popolo».
Chiedo se questa sarà la volta buona per una vera riforma sanitaria. «Neanche per idea. Per il momento abbiamo due sistemi pubblici, uno è Medicare di cui le ho già parlato. Poi c’ un sistema per i poveri e per i disoccupati chiamato Medicaid. Medicare è buono perché è per tutti gli anziani, di qualunque classe, mentre Medicaid è una soluzione emergenziale, è meglio di niente, ma non molto meglio, perché crea una sanità segregata per i poveri, una medicina di serie B. Quello che noi vogliamo è un Medicare per tutti».
Questo è un tasto dolente perché in molti mi dicono che Obama ha sbagliato a non presentare la riforma sanitaria non come qualcosa di nuovo, ma come l’estensione di un programma che già esiste e che funziona bene, cioè Medicare. Me lo dice John Nichols di The Nation, come David Moberg di In These Times, come i vari sindacalisti che incontro. E tutti osservano che se Obama avesse usato quest’argomento, avrebbe disinnescato le preoccupazioni degli anziani. Grazie alla propaganda repubblicana, gli anziani hanno temuto infatti che la riforma sanitaria trasferisse i fondi da Medicare a chi oggi non ha copertura sanitaria, che si togliesse ai vecchi per dare agli altri. Ma forse Obama pensava di non avere la forza per imporre un «Medicare per tutti».
Tra tutti gli interlocutori, questo vecchio dottore è il più radicale, ha una pessima opinione della riforma di Obama. E ne vede una conferma nell’appoggio che l’American Medical Association (Ama) ha assicurato alla legge che si vota oggi alla Camera. «L’Ama ha 240.000 membri, un terzo del totale di medici, ma è in declino. Ora molti medici si iscrivono non più all’Ama ma alle associazioni specialistiche (quasi dei club). Io sono iscritto a quella degli internisti, 120.000 aderenti. L’Ama ha sempre avuto un animo bottegaio, considera la medicina un business per fare profitti. È un sindacato da sempre reazionario con enorme potere politico. Se l’Ama appoggia questa riforma è perché ha capito che non lederà mai i privilegi corporativi».
Ma altri attivisti sono meno drastici. Alla Citizien Action dell’Illinois, una coalizione che raccoglie più di 200 organizzazioni di base (nel cui consiglio di amministrazione siede anche Quentin Young), la co-direttrice Lybda DeLaforgue mi dice che comunque, rispetto al disastro attuale, proprio rispetto alla bancarotta sanitaria, questa riforma è un gran passo avanti. Tutti sono idealmente a favore di un servizio sanitario nazionale, ma sarebbe già un successo ottenere un’assicurazione pubblica integrativa e opzionale (qui chiamata public option). «Sarebbe qualcosa d’immenso e di straordinario» dice la sindacalista Jo Patton.

Il Manifesto del 7 novembbre

Messaggi

  • Tutti i viaggi cominciano con un passo ed Obama, davanti alla netta opposizione del senato, ha dovuto mediare, accetare dei compromessi. Sono sicuro che anche lui avrebbe voluto una copertura universale sul modello canadese ma l’opposizione, grazie ai miliardi di dollari buttati dalle assicurazioni( peraltro soldi pubblici visto che erano in fallimento)in campagne pubblicitarie ridicole ma devastanti negli effetti, ha dovuto accettare una via di mezzo tra il modello universale e quello precedente. Peraltro anche questo sistema viene visto come un "tradimento" all’ideologia capitalistica pura anche perchè, se funzionasse, sarebbe una base di partenza per una nuova riforma in un eventuale secondo mandato di Obama. E’ facile per noi discute re da qui in Italia ma io penso che, date le circostanze, Obama non poteva obbiettivamente fare di più. Michele

  • io mi aspettavo che il testo passato chudesse con "socialismo o muerte" ed un "Viva marx, W Lenin, W Mao..." Insomma credevo che Obama fosse un comunista ortodosso e soprattutto che lo fossero i suoi elettori, i deputati democratici e gli Stati Uniti tutti... dunque sono deluso!

  • ma quanto sei spiritoso giuseppone, mi sto scompisciando dalle risate!!!!!!!!Ma sei un comico professionista???dMichele

    • no, caro Michele, non sono un comico professionista. Sono un semplice militonto

    • la battua può piacere o meno ma mette in lice quanto Obama non potesse oggettivamente fare di più nel paese in cui si trova, con i colleghi che si ritrova e via dicendo... Dire che non è il massimo, è dire il vero MA attraverso la via parlamentare NON SI POTEVA FARE DI PIU’ in quel constesto. Per fare di più... serviva (e serve) un moto da basso DIFFUSO E RADICALE che negli USA per ora non c’è. TUtto il resto son chiacchiere di chi vuol dimostrare (come se fossimo tutti allocchi) che Obama non è un radicale... non rendendosi conto che "il problema" non è la radicalità di Obama... ma quella della società USA (come della nostra, del resto).

    • Sono d’accordo con pseudo. Ignorare le enormi difficoltà in cui Obama si muove è ingiusto. Mi sembra che ci sia molta opposizione pregiudiziale

      viviana

    • CAPISCO LE DIFFICOLTA’ MA LA RIFORMA NON C’E’ E NEL 2009 CON UN LIBERAL COME OBAMA PRESIDENTE GLI USA RESTANO IN QUANTO A SANITA INFERIORI AL RUANDA.

    • già, ma con quei parlamentari che vi sono, cosa altro ci si può attendere?! ha ragione chi dice che se non si mobilita la popolazione che subisce tale privazione del diritto alla salute NON C’E’ ALTRO DA FARE. I sogni finiscono all’alba SE non ci si sveglia con l’idea di PRATCARLI. Tocca agli americani che non hanno adeguata copertura sanitaria... se non si mobilitano in prima persona in modo da imporre una riforma degna di questo nome... bé... allora c’è poco da stare a fare ragionamenti sul cielo della politica del palazzo...