Home > LA MACELLERIA DEI DIRITTI NELLE CARCERI. QUALI RESPONSABILITA’?

LA MACELLERIA DEI DIRITTI NELLE CARCERI. QUALI RESPONSABILITA’?

Publie le sabato 14 novembre 2009 par Open-Publishing

"La zona" è il titolo di un film uscito nelle sale cinematografiche nel 2008. Il film è ambientato in una città circondata da muri altissimi sovrastati da filo spinato e attraversati dall’alta tensione; telecamere e squadre di polizia privata scrutano ogni movimento insolito e sospetto. Appena al di là delle mura sulle colline circostanti si affollano discariche e favelas, fango e disperazione. Il regista ha voluto evidenziare il lato oscuro e collettivo che può condurre onesti cittadini al male più insensato e può far perdere anche la comprensione del significato dei loro gesti violenti per cui si continua a vivere come se nulla fosse.

"La zona" , a mio avviso, potrebbe essere uno degli strumenti culturali multimediali da far circolare in tutte le carceri italiane, inserito in un programma di formazione e aggiornamento degli agenti di polizia penitenziaria.

La morte di Stefano Cucchi sta facendo emergere altre storie sotterrate dall’omertà di un circuito impenetrabile dove, dei diritti sanciti dalla carta costituzionale, viene fatta strage quotidiana. Dice infatti l’art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Oltre i pestaggi culminati in omicidio, a volte, la stampa riesce a far circolare storie di abusi sessuali a danno di detenute extracomunitarie.

Dal nostro paese, culla di antiche civiltà e culla di quel diritto romano dal quale ha preso spunto gran parte dell’Europa, stanno girando in tutto il mondo le immagini e le notizie dei massacri su fragili corpi e di violenze consumate all’interno di strutture giudiziarie della "Repubblica".

Ma a chi deve essere attribuita la responsabilità di quello che accade nelle carceri italiane? Soltanto alla categoria agenti di custodia tra i quali, da sempre, vi sono casi di suicidio o di malattie psichiche invalidanti? Soltanto agli autori materiali del reato, ultimo anello della catena gerarchica dell’Amministrazione Penitenziaria?

Occorrerebbe dare un’occhiata attenta al bilancio del ministero della Giustizia. Credo che avendo in mano questi dati potrebbero essere individuate sia le responsabilità eccellenti, sia le chiavi di lettura per una svolta di sistema.

Il buon funzionamento della Pubblica Amministrazione e, in questo caso, del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, non dipende dall’installazione di tornelli contro i fannulloni o dalle maggiori o minori concessioni economiche ai sindacati. Occorre, invece, una urgente e profonda revisione del "sistema carcere" che rimetta al centro il Diritto Internazionale e la Costituzione della Repubblica Italiana. Ciò si realizza offrendo agli agenti di polizia penitenziaria momenti formativi adeguati per una maggiore professionalità e autotutela e restituendo dignità e diritti alle persone private della loro libertà e offrendo agli operatori penitenziari strumenti professionali. A mio avviso, quindi, il Ministero della Giustizia dovrebbe porsi l’obiettivo prioritario di un adeguato stanziamento per un programma capillare di formazione e aggiornamento del personale penitenziario, quello che sta a quotidiano diretto contatto con i detenuti. Sembra, invece paradossalmente, che la pianificazione formativa attuale sia stata più orientata verso il personale che sta dietro le scrivanie.

Il secondo obiettivo che dovrebbe essere perseguito dal Ministero è l’effettiva ampia applicazione degli artt. 17 e 78 dell’Ordinamento Penitenziario. Aumentare la trasparenza e ridurre le "zone oscure" agevolando e aprendo ancora di più le porte del carcere ai singoli volontari e alle associazioni di volontariato. Favorire e incentivare anche economicamente tutti quei progetti culturali e/o socio-economici, presentati da privati e associazioni, finalizzati ad avvicinare la comunità carceraria al resto della società civile. Vengono in mente a questo proposito progetti di lavoro messi in piedi e poi lasciati marcire, come l’officina di falegnameria inutilizzata e pronta da anni nella "terza casa" (detenuti in semilibertà) di Rebibbia. Viene in mente la mancanza di volontà di coordinamento organizzativo nelle carceri piemontesi e lombarde dove non decollano potenziali progetti sociali di collegamento con le imprese artigiane, agricole e del terziario per la rieducazione e il reinserimento nella società civile.

Il terzo obiettivo prioritario che mi permetto di suggerire è la riorganizzazione sanitaria all’interno delle carceri e il suo rapporto con le strutture ospedaliere e ambulatoriali esterne. La negazione del diritto alle cure e alla salute nei confronti di persone detenute e sofferenti è stata probabilmente, se non una vera istigazione al suicidio, una causa importante della lunga catena di suicidi avvenuti in questi anni nelle carceri italiane. Molti operatori sanitari e medici penitenziari hanno avuto un ruolo ambiguo. Non sembra casuale che tra di essi vi siano indagati nell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi. L’Ordine dei Medici deve ripristinare i valori fondativi "ippocratici" impedendo che l’uso della professione medica negli istituti di pena viaggi su binari di complicità con la distorta prassi dei pestaggi nascosti.

Mentre attendiamo con fiducia che gli autori di violenze siano assicurati alla Giustizia, così ci attendiamo che paghino e/o vengano rimossi o sostituiti quei funzionari, dirigenti e politici di più alto livello, responsabili, per negligenze, omissioni e inadempienze, di una gestione che favorisce questi episodi di macelleria dei diritti umani nelle carceri italiane.

Domenico Ciardulli, Educatore Professionale

Nota: l’immagine dell’accessorio di divisa estera che compare nell’articolo, tratta da google all’indirizzo: http://www.nonsolodivise.com/negozio/catalog/images/papalina-polizia-penitenziaria-tuscan.jpg è puramente casuale e non è collegata ai contenuti che riguardano esclusivamente le carceri italiane