Home > LA RISPOSTA NECESSARIA: SCIOPERO GENERALE

LA RISPOSTA NECESSARIA: SCIOPERO GENERALE

Publie le lunedì 27 ottobre 2008 par Open-Publishing

LA RISPOSTA NECESSARIA: SCIOPERO GENERALE

di Dino Greco

C’è una relazione possibile fra l’imponente movimento che dagli atenei e dalle scuole sta rimettendo in moto una generazione socialmente devastata e che pareva (politicamente) inertizzata e un movimento dei lavoratori che torna -sia pure sotto una debole guida- a dare qualche prova di esistenza in vita?

C’è un terreno su cui lavorare, una trama da costruire, tale da unificare la lotta per una scuola pubblica qualificata, per il diritto universale ad una istruzione libera, non ipotecata dall’impresa, affrancata dal ritorno di discriminazioni censitarie, con la lotta operaia contro l’asservimento totale del lavoro al capitale?

E’ possibile reagire a quella depressione mortifera che fa sembrare inutile ogni gesto di protesta, che rende vana ogni resistenza alla progressiva soppressione dei principi costituzionali e dei diritti di cittadinanza?

E ancora: si può ingaggiare una battaglia perché dalla crisi del capitalismo -che non coinvolge solo i santuari della finanza e che, a ben vedere, neppure lì ha la sua origine, ma solo la sua perversa risposta- si possa uscire non già rimettendo sui medesimi binari il convoglio deragliato, ma con una critica radicale del modo di produzione e di scambio?

Naturalmente, ogni resipiscenza è la benvenuta, ma dubito, per usare un eufemismo, che una risposta di sistema, all’altezza dei temi posti possa trovare albergo nel PD che le domande più sopra formulate ha rimosso in radice, considerando il conflitto fra capitale e lavoro un relitto novecentesco ed avendo introiettato la forma capitale come il solo ordine sociale possibile. Mentre l’occasione di rientrare in partita è offerta alla sinistra, se nei movimenti che tornano ad innervare l’anemica vita politica del Paese saprà riaffondare le proprie indebolite ma non estinte radici. Non è il lavoro di un giorno o di qualche mese, visto il deserto che è alle spalle, ma talvolta la realtà riserva accelerazioni che vanno capite e prese di slancio. E tuttavia è mia opinione che lo snodo cruciale, la possibilità di conferire alla lotta spessore e durata, risiedono, ancora una volta, nel ruolo che i lavoratori e le loro organizzazioni sapranno giocare. Nelle condizioni date, ritengo che sarà decisivo se la Cgil -la quale oggi come non mai vede messa a repentaglio la propria stessa autonomia- tornerà ad essere il fattore coagulante di un sommovimento che attraversa tutta la società, ma che sino ad oggi è restato del tutto privo di guida, politica e sociale.

La risposta necessaria è lo sciopero generale. Non ne parlo come di un episodio isolato, o come di un consolatorio canto del cigno, ma come di un movimento di lotta destinato a durare, a mettere in campo una replica che sia finalmente all’altezza della drammaticità delle condizioni di vita e di lavoro di tanta parte del popolo e che sappia contrapporsi al processo involutivo che soffoca la società italiana e compromette le basi democratiche del Paese. Ecco la possibilità non già di teorizzare-rivendicare-auspicare, ma di praticare un nuovo protagonismo del lavoro che comincerebbe a saturare alcune delle profonde ferite che hanno separato e contrapposto strati sociali accomunati da un’identica oppressione e subalternità. Ecco la possibilità di ricostruire -non a tavolino, ma attraverso il conflitto- un pensiero critico da tempo sepolto sotto una greve coltre di conformismo. Non regge l’alibi, frutto di un irriducibile riflesso burocratico, secondo cui fra i lavoratori non vi sarebbe disponibilità alla lotta: tutte le volte che ci si è loro rivolti con un linguaggio e con obiettivi chiari essi hanno risposto. Anche di recente. Ed in misura superiore -manco a dirlo- alle attese.

Sento già il sarcasmo di quanti liquideranno questa ipotesi come ingenua infatuazione “neo-soreliana”, come scorciatoia palingenetica verso velleitari desideri di riscossa. Ha certamente qualche fondamento il dubbio che un sindacato in difficoltà nell’esercizio del ruolo che gli è proprio, ancora in bilico amletico sul crinale di una surreale trattativa con Confindustria (il cui oggetto reale -la riduzione del salario e l’imbavagliamento del sindacato- è quanto di più grottesco sia possibile immaginare), possa interpretare un ruolo di tale fattura. Ma se di questo si rendesse capace, tutta la realtà, a partire dagli equilibri politici, ne sarebbe attraversata e sconvolta. E si riaprirebbero giochi, anche a sinistra, che oggi paiono inesorabilmente chiusi.