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LE DEUXIEME SOUFFLE

Publie le domenica 21 ottobre 2007 par Open-Publishing

Regia: Alain Corneau
Soggetto e sceneggiatura: Alain Corneau
Direttore della fotografia: Ives Angelo
Montaggio: Marie-Josèphe Yo
Interpreti principali: Daniel Auteuil, Monica Bellucci, Eric Cantona, Daniel Duval, Philippe Nahon, Jean-Claude Dauphin
Musica originale: Bruno Coulais
Produzione: Arp Selection, Tf1, Canal Plus
Origine: Fra, 2007
Durata: 156’

Un remake ha sempre la strada minata dal paragone con l’originale ma la riproposizione d’un noir a sfondo gangster, con alle spalle l’opera d’un maestro del genere qual era Jean-Pierre Melville, trova due punti fermi nel lavoro di Corneau. Una narrazione asciutta che non manca di descrivere i personaggi nei risvolti psicologici e la scelta degli attori. Perfetta la Bellucci nei panni della pupa del capo, dotata di charme e carattere ma a lui amorosamente fedele fino all’ora estrema; superlativo Auteuil negli scomodi panni che furono di Lino Ventura, attore che incarnava alla perfezione l’essenza del criminale dei tempi andati. Calati i due assi si può assistere a una storia di tensione e sparatorie, con cadaveri sparsi a profusione, crivellati di colpi e svuotati di litri di sangue, iperrealismo scenico che non cade comunque nel truculento cui i polizieschi hollywoodiani d’ultima generazione ci hanno abituato. Disgustandoci.

Se un difetto c’è nella narrazione è la lunghezza: snellita di venticinque minuti la pellicola avrebbe forse guadagnato in agilità, comunque l’impostazione dell’intreccio risulta avvincente per il modo in cui descrive un mondo che non c’è più e si accetta di buon grado di visitarlo più a lungo. Un mondo tutt’altro che manicheo diviso fra poliziotti e farabutti, ma fatto di uomini che seguono un codice d’onore come Gu Minta e il suo segugio parigino, il commissario Blot e di canaglie indifferentemente vestite con la divisa o il ‘‘borsalino’’. Evaso rocambolescamente dal carcere Gu che non è più giovane, si riavvicina a Minouche, bellissima donna con la sorte segnata di restare sempre sola per la dipartita violenta dei suoi uomini. Tutti gangster. Oltre a lei Gu ha amici che non dimenticano, lo aiutano a nascondersi e lo avvicinano per una nuova impresa delittuosa, alla quale si presta perché non ha più denari.

La rapina ai portavalori riesce ma è cruenta e contempla l’omicidio di due poliziotti, che fa imbestialire il commissario marsigliese competente per territorio. Però non sarà quest’ultimo ad arrestare Gu, incastrato invece con uno stratagemma da Blot. Fermato con l’accusa d’aver cantato e fatto bere l’amico Venture, Gu deve assistere ai metodi criminali adottati negl’interrogatori dal commissario marsigliese, perciò si ferisce e si fa ricoverare in ospedale. Dal quale, neanche a dirlo, evaderà per concludere il piano di vendetta verso il poliziotto torturatore e verso complici che hanno messo in discussione la sua parola. L’uomo pur nella propria vocazione a delinquere non viene meno a due principi: il senso dell’onore, la cui perdita lo fa impazzire più di qualsiasi altra cosa, e il destino, che ha già scritto ogni pagina della vita. A esso non ci si può sottrarre, bisogna affrontarlo eroicamente sino al sacrificio finale. A un uomo simile, Blot che ne decreta la morte dà riconoscenza postuma, offrendo alla stampa gli strumenti per ricordarlo come gangster, ormai defunto, ma leale e degno di rispetto.

Enrico Campofreda, 20 ottobre 2007