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”Su ogni pagina che ho letto, su ogni pagina che è bianca, sasso sangue carta o cenere, scrivo il tuo nome. E in virtù d’una parola, ricomincio la mia vita, sono nato per conoscerti per chiamarti. Libertà”. L’avete studiata anche voi e vi han detto che era una lirica di Eluard. Truffa. Nient’affatto. La vera, unica autrice di questi versi è la leader del nuovo partito che dà speranze all’homus italicus. Rizzate le antennine? quasi v’ingrifate? Siete sulla strada giusta e avete capito. E’ la donna di cuori che vale più d’un asso, è la signorina del Capo che spariglia tutte le carte del poker politico d’autunno. Non solo Rosi, Letta e una Palombelli lanciata al posto di Cicciobello. Non basterà neppure Uòlter a contrastarla.
Lei s’è formata nella “Libera Casa del faccio quel che cazzo mi pare”, ha preso lezione d’arroganza da Giuliano Trash Ferrara e poi ha la coscialunga forgiata in anni di defilé di libera lingerie e la mena con dovizia soprattutto in tivù, onde catturare l’occhio voyeristico di spettatore-interlocutore-conduttore. In più ha la chioma rossofuoco della trasgressione. Sì, MichelaVittoria è la carta del successo che verrà del riscatto berlusconiano, sa organizzare circoli e allevare animali. La sua discesa dallo scendiletto al campo della tenzone politica ha ridato insperate energie al Cavaliere come nessuna cura pur concentrata di Viagra riusciva a fornirgli. Ora sia il ‘celodurismo padano’ sia il ‘ce l’ho casiniano’ guardano preoccupati al recupero erotico del Boss.
Per non parlare de “le cagnette cui s’è sottratto l’osso”. Tutto il gentil mondo della “Libera Casa…” è in fibrillazione. La Bartolini, che sa di non essere una silfide, tocca con mano l’immensa ingratitudine del leader, quanti servigi dimenticati… E che dire della bella Prestigiacomo che da pratica femmina di Trinacria aveva già visto lontano e virato sul dimesso ex mezzocapo camerata Fini? E la nostalgica Santanché che aveva lasciato talami dannunziani per trasversalizzare con chi poteva donargli un vero brivido ducesco, ora dovrebbe tornare dai ducetti di cartone di An? Povera, non si fa così… Eppure Silvio dopo averle lumate per anni e coperte di lusinghe e promesse le molla tutte. Ora stravede solo per la Nike di Calolziocorte, lumbàrd d’un pezzo che sa donargli il brivido più di Bossi.
Brivido d’apppassionata dedizione alla causa d’una politica fai da te e fai per te, che al confronto le tasse evase e lo sciopero fiscale sono robetta da industrialotti del varesotto e mobilieri brianzoli Annisessanta. Puahhh!! E se è vero che la sciura Brambilla, figlietta d’arte d’impresa evasiva, è dedita solo a commerci ittici, nuota ormai da tempo controcorrente con impeto più che da salmone da rompighiaccio. Entrata nelle grazie del Capo sta disgregando tutto il Gotha forzista, tant’è che innamorati e lacchè della prima, seconda e terza ora sono tutti in apprensione. Per ultimo si sveglia il professore con le orecchie d’asino, sì Adornato l’ex marxista, che batte i piedini e reclama copyright: “Il Partito della Libertà l’avevo già inventato io” gracchia con striduli gridolini. Il lenone del Boss scuote la testa, e da Rete4 lo ragguaglia sui gusti del Cavaliere che ha sempre preferito le gambe depilate agli ispidumi isterici.
Spartacus, 22 agosto 2007
Messaggi
1. LIBERATA, 22 agosto 2007, 19:57
se a tutto ciò si aggiunge lo stato in cui versano "gli altri"... ed il "loro nuovo che avanza": veltroni e la sua corte dei miracoli... perché sarebbe ALTRETTANTO facile scrivere di questi...
1. LIBERATA, 24 agosto 2007, 17:30
De Gregori: amico di Walter, non lo voterò
Il cantautore: il modello Roma? Città bellissima non certo per merito suo. Alle primarie del Pd sosterrò la Bindi
Francesco De Gregori, tutti i giornali la arruolano sotto le bandiere di Walter Veltroni. È davvero così?
«È vero che sono amico di Veltroni, da tantissimi anni. Se mi metto a contarli, sono più di trenta. Ma essere arruolato mi dà un po’ fastidio. Un conto sono gli amici, un conto i simpatizzanti ».
Lei non simpatizza?
«Mi piacerebbe fare il tifo per lui, se lo capissi. E finora non l’ho capito. Non sono molto d’accordo con certe cose che Veltroni dice e fa. Lui ha una grossa capacità di comunicare, di proporsi come elemento di novità. Ma quel che dice spesso è difficile da afferrare, da decifrare. Usa un linguaggio aperto a ogni soluzione, dice tutto e il contrario di tutto. Mostra una grande ansia di piacere, di essere appetibile a destra e a manca, che magari gli porterà molto consenso ma è poco utile a capire cosa sarà davvero il Partito democratico».
Lo sa che lei sta scendendo dal carro del vincitore?
«Mi rendo conto che accade di rado. Nel mondo della canzone, poi. Ma nel vincitore annunciato, ammesso che sia tale anche alla fine, non trovo una linea chiara. Sento un gran bel parlare, belle promesse, i riferimenti coltivati da sempre, Kennedy, don Milani, Olof Palme. Ma non riesco a ricondurlo a una chiara intenzione politica. E vedo che non sono l’unico ad avere questa difficoltà».
Che cosa in particolare non la convince nel suo linguaggio?
«Questo appellarsi di continuo al sogno, a un mondo migliore, ora vedo pure all’amore. Per carità, come si può essere in disaccordo, meglio basarsi sull’amore che sull’odio. Ma viviamo in un paese pieno di problemi. Buttare tutto sui sentimenti, cancellare le differenze, non significa dare risposte operative alle questioni di oggi».
Veltroni in campo rappresenta comunque una novità.
«Veltroni si presenta come un uomo nuovo, ma lo è fino a un certo punto. Veltroni è uomo navigato. Ha percorso abilmente la politica italiana degli ultimi trent’anni. Ora la sua candidatura è stata avanzata e sostenuta da poteri forti e consolidati, sempre gli stessi degli ultimi decenni. Non è l’homo novus tanto atteso. Mi convince poco anche questo clima di aspettativa, per cui tutti a dire che Veltroni è una risorsa, che Veltroni è l’uomo della Provvidenza... Non è scontato che sia il più adatto a fare voltar pagina al Paese; così come non dovrebbe essere così scontata la sua vittoria».
È un buon sindaco di Roma, no?
«Tutti parlano di modello Roma. Ma Roma mi pare sempre più una città che cerca di nascondere lo sporco sotto il tappeto. I grandi problemi di una grande città — traffico, sicurezza, legalità — sembrano più spesso elusi, che affrontati e risolti. Va da sé che Roma è bellissima, da San Pietro al Colosseo; ma certo non è merito di Veltroni».
De Gregori, le sue parole non passeranno inosservate. Lei è considerato uno degli artisti da sempre più vicini a Veltroni.
«Gli voglio un bene dell’anima. Abbiamo pranzato, cenato, siamo andati insieme in vacanza, sono stato suo testimone di nozze. Però non abbiamo mai parlato di politica. Anche quando dirigeva l’Unità e ogni tanto mi chiedeva un articolo, io glielo mandavo, lui mi diceva se gli era piaciuto o no, ma non c’è mai stata interferenza reciproca, né lui si è mai sognato di chiedermi consigli. Io lo prendevo un po’ in giro per la storia dell’Africa: "Guarda Walter che non ci crede nessuno". Lui teneva il punto: "Ti dico che vado in Africa!". Almeno su questo, per ora ho avuto ragione io».
Dubita della sincerità con cui si vota alle varie cause?
«No. Veltroni magari è sincero. Ma la sincerità dei politici non ci deve riguardare. Appartiene solo alla loro coscienza. Ci riguarda la loro capacità. Quel che dicono, quel che fanno. E Veltroni risponde solo di quello che fa. Roma è raffigurata come il fantabosco. Non è così. La cultura è migliorata; ma la cultura è una ciliegina sulla torta. Non si fa una torta solo con le ciliegine, e non se ne parla parlando solo di ciliegine ».
Vede anche pericoli per Veltroni?
«Lui sa coltivare la sua immagine. Ha una grande potenza mediatica. Molti giornali fanno il tifo per lui. Proprio per questo, dovrebbe guardarsi dalla sovraesposizione ipertrofica. Deve stare attento ai veltroniani. Perché a volte i veltroniani sono controproducenti».
Chi sono i veltroniani?
«I Bettini, le Melandri, quando partono lancia in resta contro i nemici. "Chi attacca Walter semina veleni...". Ma dai! La ragazza deve stare attenta prima di parlare. E poi i Tardelli... Come si fa a essere contro Tardelli, il vincitore del Mundial? Ma l’Italia oggi è un paese sbandato, che ha bisogno di ricette meno spettacolari e più amare. E non so se Veltroni sia in grado di proporle. Al Lingotto non l’ha fatto. Forse lo farà da qui al 14 ottobre. Me lo auguro, perché l’idea del Partito democratico non è affatto male. La parola è bella, affascinante; ma non ci si può limitare alla scorza. La si deve riempire di contenuti, perché la gente vada a votare».
Quindi il progetto del Partito democratico la interessa?
«Sì. Mi auguro che le primarie abbiano successo. Che il nuovo partito ci porti fuori dalla politica stagnante di questi anni, non dia risposte ma ponga domande, conquisti credibilità, sappia chiedere sacrifici. Che stia lontano dalle paludi e dai pascoli consociativi, e nello stesso tempo stia lontano da una sinistra fondamentalista, sempre più decrepita e deprimente».
Lei voterà alle primarie?
«Credo di sì. E penso che voterò per Rosy Bindi, che mi sembra la vera novità di tutta questa storia. Dà l’impressione di essere più propositiva, più incisiva, più dirimente, più chiara. Più disposta a rischiare l’impopolarità. Più in grado di farsi dei nemici. Perché abbiamo bisogno di un leader che sappia farsi anche nemici, non solo amici».
Mi perdoni la malizia: non è che voi amici della prima ora siete un po’ ingelositi dagli scrittori, dagli sportivi e da tutti questi ammiratori arrivati dopo, con cui Veltroni ha molto legato?
«Lei mi fa un torto intellettuale se pensa che possa essere geloso della Melandri o di Tardelli ».
Aldo Cazzullo
19 agosto 2007
www.corriere.it