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La risposta è retorica. Quella che segue è una mail appena ricevuta, le domande al senatore Andreotti sono state poste da un giornalista. Certo, un provocatore pericoloso...
E noi, cosa possiamo?
Una lezione di giornalismo
Ieri Piero Ricca ha fatto qualche domanda a Andreotti. Dopo ha dovuto
darsi alla fuga, ma è stato preso e portato in commissariato. Ecco il
suo racconto .
"Nel primo pomeriggio di ieri, nellaula magna dellUniversità Bicocca,
a Milano, ho rivolto qualche domanda al senatore a vita Giulio
Andreotti, sul tema di quella sua strana assoluzione per prescrizione
del reato di associazione a delinquere, ritenuto dai giudici
concretamente ravvisabile almeno fino al 1980. Per aver osato tanto,
sono stato identificato e minacciato da agenti di polizia, e trattenuto
in commissariato per quasi due ore. E mè andata ancora bene.
Nellaula magna della Bicocca alcuni cronisti stavano intervistando il
nostro dipendente a vita su altri temi: il calcio, Moggi, la Nazionale,
la caduta della moralità pubblica come si evince dalle recenti
intercettazioni, il rapporto fra aspiranti attrici e uomini di potere
e via leccando. Andreotti era comodamente seduto, rilassato. Ogni tanto
faceva una battuta e i cronisti ridevano di gusto. I docenti della
Bicocca, intorno, componevano una festosa corona.
A un certo punto mi sono inserito, ho consegnato ad Andreotti un foglio
con lestratto della sentenza della corte dappello di Palermo, poi
confermata dalla Cassazione e con il tono più pacato possibile gli ho
chiesto di commentarlo. Ne è nato un dialogo, che ho videoripreso a
meno di un metro di distanza, di tre o quattro minuti. Lho
interpellato sulle responsabilità a lui addebitate dalla giustizia
italiana, gli ho chiesto se ritenesse una cosa normale la presenza in
Parlamento in qualità di senatore a vita di un personaggio così
descritto da una sentenza definitiva, gli ho fatto presente che nei
giudizi di molte testate internazionali il caso Andreotti era
considerato uno scandalo, e così via intervistando. Lui ha risposto
invitandomi a leggere per intero la sentenza, visto che dagli estratti
si capisce poco, ha affermato che la prescrizione nasce solo dal
dubbio della corte su un singolo incontro (per lui mai avvenuto) con il
mafioso Bontade (un certo Bontade), ha aggiunto che allestero
incontra solo rispetto e solidarietà. E così via, minimizzando e
svicolando, con quei tipici occhi a fessura.
Già mentre gli rivolgevo le domande alcuni agenti in borghese della sua
guardia personale mi premevano e tiravano da dietro. Al che mi sono
ribellato subito ad alta voce. Ho chiesto ad Andreotti se fosse ancora
possibile in questo Paese fare domande ai politici e lui mi ha risposto
che nessuno me lo stava impedendo, che fare domande era un diritto e
anche dare le risposte, poi ha aggiunto: Ma se lei è qui per fare un
numero, allora
. Le sue guardie intanto mi piantonavano e tenevano da
dietro. Ma il principale non sè accorto di nulla.
A intervista finita i gendarmi, agenti della polizia di Stato, hanno
cercato di portarmi via tirandomi con forza. Ho protestato a voce alta
in mezzo alla sala, mentre iniziava la conferenza. I gendarmi sono
spariti. Nessuno dei presenti ha fiatato.
Sono rimasto altri venti minuti in aula magna, seduto tranquillamente,
continuando a videoriprendere. Poi sono uscito per andarmene via, da
solo, e sono stato trattato come un delinquente.
Una guardia privata della Bicocca ha cominciato a inveire in modo
minaccioso, urlandomi addosso come un pazzo e cacciandomi a forza da
una porta laterale, le guardie personali di Andreotti mi hanno
trattenuto, strattonandomi e minacciandomi di sequestrami la
videocamera e ordinandomi di mostrare i documenti. Il tono era
concitato, nevrotico, da pessimo telefilm americano. Era evidente il
tentativo di intimidire. Mentre il guardiano privato continuava a
inveire e a minacciarmi, mi sono divincolato e me ne sono andato via. I
poliziotti e la guardia privata mi hanno inseguito, mi hanno
immobilizzato in un luogo dove non passava nessuno e a nulla sono valse
le mie buone ragioni, del tipo: Io non ho fatto nulla di male, ho
semplicemente rivolto delle domande a un politico, riprendere eventi e
personaggi pubblici è consentito, se commettete abusi vi denuncerò.
Gli agenti continuavano a ripetermi: Tu non puoi comportarti così con
il senatore, le tue domande non centravano nulla, tu non puoi
riprendere senza permesso e hai ripreso anche noi, e poi ti conosciamo
già, eri tu a Roma davanti al Senato, tu ora ci dai tutto il materiale
e poi ti portiamo in commissariato. Mentre dicevano questo, uno mi
teneva fermo contro un muro e laltro mi tratteneva lo zaino con la
videocamera e un registratore audio.
Ho obiettato: Lasciamo decidere a un giudice chi ha ragione, voi state
commettendo un abuso e comunque esigo di conoscere i vostri nomi.
Un agente ha risposto: La legge sono io ora, il giudice sono io. Poi,
rivolto al collega ha aggiunto: Ora gli prendiamo le impronte
digitali, così lamico inizia ad abbassare la cresta. I danni dei
telefilm americani sono incalcolabili.
Poi sono stato portato in auto da altri agenti di polizia al
commissariato di Greco, dove sono stato trattenuto per oltre unora e
mezza. Lo zaino lo hanno preso in consegna loro. Per puro caso,
gravissimo reato, non avevo con me la carta didentità (mentre ho
mostrato un tesserino identificativo di tipo elettorale che, sempre per
caso, avevo con me) e abbiamo dovuto attendere che fosse trasmesso un
fax da Parma con la fotocopia del mio documento. La qual cosa ha
evitato la ventilata pratica della fotosegnalazione con impronte
digitali in Questura: che certo sarebbe stata unesperienza divertente
per uno dei cittadini più identificati di Milano.
Per tutto il tempo mi è stato impedito di telefonare al mio legale e di
effettuare o ricevere qualsiasi altra chiamata, come chiedevo di poter
fare. Il cellulare lo deve tenere spento.
Ho notato che gli agenti di Greco si consultavano con altre persone al
telefono, compresi gli agenti di guardia ad Andreotti, per decidere se
sequestrami il materiale o meno. A margine delle complesse trattative
ho fatto presente di essere ben noto negli ambienti della Questura e
altrove per le mie attività di cittadino impegnato in politica, citando
nomi e fatti, compresi esposti e interrogazioni parlamentari contro la
polizia di Milano.
Alla fine sono stato rilasciato, con videocamera e tutto il resto. Gli
agenti hanno redatto un verbale per uso interno, che non mi hanno
fatto leggere.
Ecco tutto. Sono stato trattato in questo modo perché, nel silenzio
della gran parte degli operatori dellinformazione, ho rivolto due o
tre domande a un senatore a vita giudicato dalla giustizia del mio
Paese un colluso con la mafia, salvatosi da una condanna per
intervenuta prescrizione del reato. Io, che non ho mai preso una multa
in vita mia.
Coerentemente, al tg3 regionale della sera, le mie domande - di pura
supplenza giornalistica - sono state definite come lintervento di un
contestatore. E il Corriere della Sera odierno, in un riquadrino,
riporta la notizia del mio trasferimento coatto in commissariato, a
seguito di una discussione con Andreotti. Nellocchiello la
discussione diventa ’lite’ ".
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