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La Catena di San Libero 26 maggio 2006 n. 334

Publie le giovedì 25 maggio 2006 par Open-Publishing

riccardo orioles

La chiave, pesantissima e rugginosa, a momenti cadia dalle dita della
signoruzza. Lei la guardò e poi guardò il cancello, una firriata
altissima, puntuta, da cui a vedi e svedi si sbirciava u’ jardinu.
Zàgare, girsumini, lauri, cerase, aranci: e stu gran mare di ciauru, a
undi, ammisculatu ’nsemi, che esattamente indicava: "trasiti che cca
c’è u’ paradisu". Ma paradisu vietatu: canazzi e malecarni lo
sorvegliano, colle zanne di fuori e i cuteddi pronti, ché mai si dica
che u’ paradisu diventa terra di conquista ppi carusazzi e puvireddi.
U’ paradisu è ppi signuri, difatti, e tutto lu muragliuni tornu tornu
è costellatu di sangu siccu: non si passa. Tranne che dd’u canceddu,
altissimu e kafkianu, di cui s’avia perduta da tempu immimurabili la
chiavi.

E ora eccola qui in ’sta manu di fimmina prisuntuosa e spaurita. U
primu che la trovò, nun si sapi: durò picca comunque picchì Loro
subito, comu che u seppiro, l’ammazzaru. U tempu ci fu a malapena di
passarla a so’ frati: e u’ frati lestu a curriri, ccu sta’ chiavi
mmucciata ’nta cammisa sudatizza e i sgherri arreri. Scivola, dalla
cammisa ’nsanguinata, a’ chiavi giù per terra: ma ecco che passa un
carusu e la ricogghi. "Posa ’sta chiavi!". Ma già ’u caruso è luntanu,
scappa come un dannatu fra l’erba alta e fra l’ulivi. E passa u’
communista - u’ carusu si torci in terra - si china sul corpiceddu e
ricogghi la chiavi. "Posa ’sta chiavi, posa, figghibottana!". E lampu
lu pigghia ddà, unni finisci l’erba e cumincia a trazzera. "Portala,
avanti, pigghiala!" ansa cull’ultimo ciatu. E si ferma un parrinu e
via ppi la trazzera, a’ tonaca rialzata mmi curri cchiù dispiratu. E
si ferma u’ viddanu e u’ maestru di scola, e u’ giudici e a’
carusidda, e u’ capitanu e u’ pueta: e a manu a manu a’ chiavi va,
sempre cchiu’ travagghiata e sempri cchiu vicina.

E ora eccola qua, nell’immenso silenzio della campagna siciliana. E
lei che lentamente l’afferra, l’alza con gran fatica e lentamente
l’infila nella serratura. Ci vuole forza assa’ per girarla. Ma tu,
fratuzzu miu, Sicilianu, mittici puru a’ forza tua.


Trenini fuorilegge. Bob Jacobsen e’ un criminale: il suo delitto e’
stato quello di aver regalato al mondo programmi liberi e informazioni
tecnologiche dedicate agli appassionati di trenini elettrici, che
devono lottare contro standard che variano da un’azienda all’altra per
impedire ai trenini di funzionare con i binari della concorrenza. Bob
non ha sottratto nessun segreto industriale, ma na semplicemente
scritto un programma per collegare il suo computer ai suoi trenini in
modo da controllarne i movimenti. La reazione per la scrittura e la
diffusione in rete di un semplice programma e’ stata degna delle
migliori spy stories: la Kam industries, produttore di software
commerciale per trenini, ha sostenuto che il software scritto da Bob
avrebbe violato un brevetto in suo possesso, e ha citato per danni
l’ignaro modellista chiedendo un risarcimento pari a 203 mila dollari
Usa. Lo studio legale incaricato di questa azione di bullismo
informatico ha richiesto una copia di tutte le email e la
corrispondenza cartacea del signor Jacobsen, per verificare altre
eventuali violazioni dei loro brevetti. L’associazione "Right to
create" (diritto a creare) ha preso le difese di Bob Jacobsen
denunciando pubblicamente questa azione legale vessatoria, e
sostenendo che la legge statunitense sui brevetti relativi al software
crea piu’ problemi di quanti ne vorrebbe risolvere. [carlo gubitosa]


Irene wrote:
< Caro Dott. O. Sono una delle tante ragazze impiegate nel ( con
rispetto parlando: merdosissimo) settore dei lavori pubblici. Una di
quelle che prepara dalla mattina alla sera "Documentazione richiesta
da presentare a corredo per poter concorrere ad asta pubblica". Per
lei quello che scriverò qui di seguito sarò ovvio come è ovvio il
fatto che l’acqua bolle a 100°. Ma giornalmente mi rendo conto quanto
sia potente questa macchina infernale, quanto sia cambiata rispetto a
quello che ho studiato in merito e quant’è impossibile da distruggere
con i mezzi che attualmente. Sono convinta che se Cosa Nostra fosse
un’abitazione sarebbero disponibili diversi mazzi di chiavi. Come è
solito per evitare di rimanere fuori casa. I padroni di casa avrebbero
il mazzo originale. Le copie ai figli/conviventi/vattelapesca.
Continuando ad ipotizzare, la stanza piu’ bella della casa potrebbe
essere il salone centrale. Bellissimo e sontuoso. Tanto bello da
dargli un nome: "Settore dei lavori pubblici" (o gallina dalle uova
d’oro). Minchia, ma se così fosse, non sarebbe un vero peccato che
nessuno degli "addetti ai controlli" entri nella stanza giusta
continuando a frugare nello sgabuzzino?
Eppure le azioni e previsioni di Cosa Nostra potrebbero essere
nascoste tutte lì. Potrebbe esserci una libreria immensa dove tra i
vari libri storici (e non) ce ne sarebbero alcuni di spicco e di
grande qualità professionale e morale. Quali:
 Come bandire una gara ad hoc per le aziende dei cavalieri
dell’apocalisse mafiosa; (gara con requisiti richiesti e posseduti
solo da "Costanzo", "Rendo" e/o "Graci");
 Legge Prodi - Amministrazione straordinaria;
 Legge B. - Legge sul falso in bilancio;
 Misteri sui ritardi della bancarotta fraudolenta dell’azienda IRA
costruzioni srl;
E rispetto ai tempi in cui i "visitatori" di quella stanza erano
Falcone e Borsellino, tante cose sono cambiate e peggiorate. Non
bastano più gli "antimafiosi". Serve di più.
Pur avendo scritto tutto e niente, La ringrazio comunque per
l’attenzione datami. Cordiali Saluti. Irene C. >


stefanomassimino@hotmail.com wrote:
< Ho deciso di scriverVi perchè proprio questa sera mi accingo a
finire un libro che mi ha molto colpito: "Un anno - Giuseppe Fava -
raccolta di scritti per la rivista i Siciliani - Fondazione Giuseppe
Fava" e mi faceva piacere porlo alla Vostra attenzione per i motivi
che di seguito espongo.
Gli scritti di Fava sono estremamente interessanti: racchiudono
un’intelligenza ed un acume dialettico ben raro nel mondo
giornalistico.
Fra i periodi che mi hanno colpito di più trovo (pag.215):
"In questa società comanda soprattutto chi ha la possibilità di
convincere. Convincere a fare le cose: acquistare un’auto invece di
un’altra, un vestito, un cibo, un profumo, fumare o non fumare, votare
per un partito, comperare e leggere quei libri. Comanda soprattutto
chi ha la capacità di convincere le persone ad avere quei tali
pensieri sul mondo e quelle tali idee sulla vita. In questa società il
padrone è colui il quale ha nelle mani i mass media, chi possiede o
può utilizzare gli strumenti dell’informazione, la televisione, la
radio, i giornali, poichè tu racconti una cosa e cinquantamila,
cinquecentomila o cinque milioni di persone ti ascoltano, e alla fine
tu avrai cominciato a modificare i pensieri di costoro, e così
modificando i pensieri della gente, giorno dopo giorno, mese dopo
mese, tu vai creando la pubblica opinione la quale rimugina, si
commuove, s’incazza, si ribella, modifica se stessa e fatalmente
modifica la società entro la quale vive. Nel meglio o nel peggio".
(luglio 1983)
E’ solo un esempio, piccolo. Così pure mi ha colpito molto l’analisi
di Fava in merito alla condizione meridionale, vista in parte come lo
sfruttamento del Nord sul Sud e non solo un fatto congenito al Sud
stesso.
E questo mi fa pensare: da Siciliano, sento in giro per l’Italia molta
gente che, a tavolino, mi dice di avere una propria idea: "..la Mafia
è pericolosa e per questo forse è meglio conviverci ad accettarla per
stare bene; la vita è una sola ed è meglio viverla bene..." Tutto ciò
mi colpisce e mi ferisce perchè capisco che ’I Siciliani’ sono più
soli di quanto credevo, sono capiti solo in parte e forse per questo
non vengono aiutati. Forse per questo alcuni muoiono ammazzati.
Vi scrivo nella speranza che vogliate trovare il tempo di parlare di
un uomo di cui nessuno più parla. Un uomo "bloccato" con cinque
pallottole alla nuca perchè diceva, con una dialettica acuta, ciò che
pochi allora, e quasi nessuno oggi, osano dire a Catania: che la Mafia
c’è e che controlla molte scelte.
Un uomo che ha tentato di rompere l’omertà dell’informazione in un
città dove c’è solo un quotidiano ("La Sicilia" di Ciancio) e non
esistono quotidiani a tiratura nazionale che danno la cronaca locale
(leggi Repubblica o Corriere della Sera). L’informazione a Catania è
’una’ e si lamenta con il Sole24ore perchè le sue analisi statistiche
sono sballate: le nostre ben amate cittadine sono sempre all’ultimo
posto nelle classifiche sulla vivibilità delle Città (poveri i nostri
amministratori siciliani bisfrattati!!).
La libertà, credo, inizia dalla libertà dai bisogni e dalla libertà
delle idee, quali esse siano.
Concludo sperando solo di averVi interessato.
Vi invio un saluto e Vi faccio un imbocca al lupo per il Vostro lavoro >


QUASI UN PROMEMORIA
ai ragazzi dell’Alba

Scacciato dai padroni della terra
anche il ragazzo Michele molti anni fa se ne partiva
per città senza mare, schiavo
 come tanti prima di lui - dei vincitori
Se la Sicilia ha bandiera, non ha trinacrie alate,
non colori brillanti di baroni e di re.
Una zappa fangosa è il nostro unico stemma,
una valigia pesante, per le strade del mondo, il nostro regno.
Così per molti secoli. Antichi padroni di schiavi
e baroni feudali, "sorci" di Re Ferdinando,
e borghesi di "Talia", notabili grigi di paese
e rozzi gerarchi neri, padroni dell’eroina e Cavalieri:
dalla Sicilia stessa in una ininterrotta catena
sortivano gli sfruttatori dei siciliani.
E così per molti anni. Di quando in quando
uno degli sfruttati gridava. Capi di ribelli organizzarono
 alle radici del tempo, sotto Roma - tre rivolte di schiavi:
Spartaco, loro fratello, lottò contemporaneamente a loro
che fecero della rocca di Enna la capitale degli schiavi.
Furono crocifissi. Re Federico, nel medioevo,
squartò e arse vivi a decine i servi della gleba ribelli:
fuggivano nei dammusi. Il conte
di Modica, signore di vita e di morte
dovette fuggire una volta dalla folla
 che pochi giorni dopo fu decimata - dei contadini.
Così passarono i secoli. Poi gli antichi baroni,
man mano che il progresso cresceva
e nuove cose venivano dall’Europa
si trasformarono - ma sempre
restando se stessi - in "galantuomini" e "civili".
Arrivò Garibaldi: ma un’altra abile trasformazione
li mise per altre sette generazioni al riparo
dalla sete di vivere dei siciliani. Ed è passato il tempo
e i Cavalieri di oggi non sono affatto casuali:
catene infinite li legano alle radici
dell’ingiustizia arcaica, nata all’origine, su questa terra.

Neanche noi lo siamo. Dopo generazioni di sconfitti
le generazioni dei giovani sempre si sono riannodate
all’insaputa di tutti. Le bandiere rosse nei feudi
 Portella delle Ginestre, Turiddu Carnevale, Miraglia -
fiorirono sulla lunghissima catena.
Ed altro tempo è passato. Oggi i discendenti degli schiavi
hanno finalmente un ponte da attraversare:
possono forse vincere, dopo anni e anni,
se fantasia e ragione s’allargheranno dappertutto
a partire da qui. E questo è tutto. Nelle poche ore
e nelle cose modeste che ci tocca fare
c’è un concentrato antichissimo, grande, di lotte e di dolori
che ora vengono al nodo. Per questo esistiamo,
ora che una strana ironia - benevola, probabilmente -
affida ai deboli, agli sparpagliati, ai ragazzini
la sorte dei cavalieri e degli ultimi baroni.


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