Home > La Cosa Rossa cade nei sondaggi
di Francesco Verderami
ROMA—«Forse potremmo morire per Danzica, certamente non moriremo per
Prodi». Il paradosso della politica italiana è che si può pronunciare un
epitaffio anche per un governo in vita. Perché non c’è dubbio che ieri
Prodi alla Camera, con la fiducia sul Welfare ha ottenuto quanto
chiedeva. Ma se pezzi consistenti della maggioranza - come spiega
Diliberto - vedono nel premier una sorta di «dracula» che «vampirizza»
gli alleati, allora per l’esecutivo diventa complicato anche tirare a
campare. Di sicuro i leader della sinistra radicale - un tempo «guardie
del corpo» del Professore - non accettano più di fare i donatori: «Di
sangue ne abbiamo già versato - dice il segretario del Pdci - e a causa
di Prodi stiamo perdendo il consenso dei nostri elettori». I sondaggi
riservati stanno a testimoniarlo, da mesi gli indici per le forze
movimentiste sono costantemente negativi.
Nell’ultima settimana,
addirittura, a fronte di una modesta ripresa del governo (che nei
giudizi positivi passa dal 33,5% al 34,9%), si registra l’ennesima
flessione per il Prc (sceso ancora di due decimali al 4,6%), per i Verdi
(che calano dal 2,3 al 2,1%) e per il Pdci (che atterrano all’1,6%). In
un altro rilevamento, dove si studiano i consensi «per blocchi», il
segnale è ancor più allarmante, perché la Cosa Rossa - presa nel suo
insieme - non va oltre il 5%. Solo il Pd è dato in crescita di quasi un
punto (al 27,7%), e questo è motivo di ulteriore tensione nell’area
estrema del centrosinistra. Prodi non è Danzica, «e noi non siamo
disposti a sacrificare il rapporto con la nostra base», avvisa Giordano:
«A gennaio la verifica sarà decisiva, e chiederemo di incastrare le
questioni di governo con la partita sulla legge elettorale».
Così il segretario del Prc offre due elementi: il primo, temporale,
proietta la sfida decisiva all’inizio del 2008; il secondo evidenzia
come la durezza dello scontro sia acuito dal nodo della riforma sul
sistema di voto. «E se qualcuno pensa che stiamo scherzando, si
sbaglia», spiegava ieri il capogruppo di Rifondazione Migliore al
collega dell’Udeur Fabris: «Ci siamo rotti i c...». Per meglio dire si
sono rotti i rapporti politici. Con Prodi «ma anche» con Veltroni, se è
vero quanto ha raccontato il democratico Filippeschi lasciando l’Aula di
Montecitorio: «I deputati del Prc ormai sospettano di noi. Dicono che
vorremmo metterli a gennaio dinanzi al fatto compiuto, con una legge
elettorale capestro da accettare o con la prospettiva del referendum da
subire. Ci accusano, insomma, di voler provocare le elezioni anticipate
che loro assolutamente non vogliono».
Le urne sono il vero terrore per i
partiti della Cosa Rossa, lo s’intuisce dallo sconforto del verde Cento,
secondo il quale «siamo andati alla trattativa sul Welfare con un’arma
giocattolo, mentre Prodi aveva la pistola carica»: «A gennaio perciò la
sinistra movimentista dovrà riacquistare autonomia politica. L’Unione è
finita». Per capire in che condizioni versa l’alleanza, bastava sentire
i discorsi pronunciati dai leader comunisti nel dibattito per la fiducia
a Montecitorio. Talmente violenti verso Prodi, che il capogruppo del Pd
Soro è arrivato a dire: «Il governo non meritava di essere trattato così
dalla sua maggioranza». Traduzione: la crisi dopo la Finanziaria va
messa in conto. Ipotesi che Bertinotti nei colloqui riservati non accantona.
Nella sinistra massimalista è giunta dunque l’ora del «si salvi chi
può», e per salvarsi da Prodi è l’ora di prenderne le distanze: così
vanno interpretate le dimissioni del presidente della commissione Lavoro
della Camera, il pdci Pagliarini. In gioco c’è la sopravvivenza delle
ditte. Da quando il Cavaliere è passato dalla logica della spallata a
Prodi alla logica dell’abbraccio con Veltroni, si è scatenato il
finimondo nella maggioranza, dove lo schema delle «mani libere» è
diventato una moda. Ieri il capo dei Socialisti Boselli è arrivato ad
attaccare il telefono al premier, «che non può pensare di tirare a
campare ma deve governare».
Nessuno intende «morire per Prodi», come
nessuno intende consegnare il proprio futuro nelle mani di Veltroni con
la legge elettorale. Perché non è solo la Cosa Rossa a diffidare del
leader democratico, se è vero che il gruppo del Senato guidato da Dini e
Bordon starebbe meditando di far saltare «il nuovo inciucio»: per
rompere lo schema in base al quale «con il Cavaliere dialoga solo
Walter», si appresta a chiedere incontri ufficiali con i leader dei due
schieramenti, con tanto di nuova proposta di riforma elettorale
proporzionale. Vedere Berlusconi non è più un tabù da quando nell’Unione
è in gioco la sopravvivenza.
Corriere 29 novembre 2007
Messaggi
1. La Cosa Rossa cade nei sondaggi, 22 dicembre 2007, 17:40
a me pare che la cd cura - la sx arcobaleno - sia peggiore della malattia - la liquidazione del comunismo, la partecipazione al governo Prodi, la subordinazione alla politica sindacale in materia di tutela dei diritti del mondo del lavoro, quali salari, pensioni, sicurezza, salute etc -.
Ci saranno pure dei responsabili di questo stato di cose o no ? E allora se ci sono, come ci sono, sarebbe il caso di chiedere il conto per poi mandarli in pensione.
antonio - caserta