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La SUDDITANZA RELIGIOSA E I SUOI POTENZIALI EFFETTI GIURIDICI
Publie le lunedì 2 luglio 2007 par Open-Publishingdi Carmelo R. Viola
Esiste una sudditanza religiosa: non è una trovata per crearci un argomento e scriverci un articolo. Non mi sono mai occupato di… nichilogia e meno che mai lo potrei fare alla mia età. La sudditanza religiosa è una realtà su cui grava un tacito silenzio tanto colpevole quanto il fenomeno è evidente.
Va subito chiarito che non è in discussione il credere in non importa quale Dio e in non importa quale aldilà. Il credere o meno appartiene alla sfera interiore totalmente insindacabile di ogni individuo che, se necessario, va difesa. Si vorrà ammettere, spero senza difficoltà, che l’essere cattolico è una cosa del tutto diversa.
Essere cattolico per davvero –e non solo nell’anagrafe clericale – significa credere nel papa o, in termini più accessibili, nella dottrina della Chiesa, che è onnicomprensiva, nel senso che riguarda tutta la vita del credente, dalla nascita alla morte, e tutti i rapporti con sé, con gli altri e con lo Stato. Non ci sarebbe nulla da eccepire se significasse solo seguire delle modalità di vita (insomma dei costumi) ovvero se non comprendesse due obblighi categorici verso terzi, non di rispetto (“l’amore del prossimo” è un inciso retorico) ma di coazione (costrizione): verso i propri figli, che vanno battezzati appena nati, catechizzati e cresimati, e verso la società a cui i costumi in questione non vanno proposti ma imposti, ove possibile, con la legge. Tutta la storia della Chiesa è la storia di un potere politico che usa la forza – in tutta la sua accezione (tortura compresa) – per imporre la propria volontà.
Il cattolico deve obbedienza al papa (ovvero alla Chiesa): deve abusare della prole lasciando che la si iscriva nei registri dei sudditi della Chiesa e che se ne sequestri preventivamente la ragione a favore della stessa e come cittadino o parlamentare è tenuto a comportarsi in modo che le leggi siano cònsone alla dottrina cattolica.
Secondo la logica di tale dottrina l’universo umano risulta distinto intanto in senso manicheistico: cioè in credenti e in non credenti o atei. Il primo, a sua volta, va distinto in chi crede giusto, che sono solo i cattolici e in chi crede sbagliato, che sono tutti gli altri. Alla prima distinzione non sfugge nessuno: La Chiesa – sentite! – fa una campagna a favore dei bambini atei! Le attuali strette di mano che il papa dà a capi di altre religioni sono dettate dalle attuali circostanze: la storia ci narra delle crudeli persecuzioni soprattutto contro i cristiani non papalisti.
Sorvoliamo. Ai fini del presente articolo c’interessa far notare che a questo punto la realtà della sudditanza religiosa ci porta dritti al deputato, il quale ha giurato fedeltà ad una costituzione (che, nel caso specifico è quello di uno Stato divenuto laico, cioè non antireligioso se religioso significa avere una fede ma certamente anticlericale se religioso significa “fedele ad un potere religioso” che esige comportamenti non compatibili). Se è vero che il deputato deve possedere alcuni requisiti - oltre a quello di saper leggere e scrivere! – di ordine deontologico, possiamo dire, allora, che la sudditanza religiosa cattolica costituisce una doppia personalità del soggetto totalmente incompatibile con la funzione e i doveri specifici del legislatore. E ce lo dicono gli stessi Mastella, con ridicola seriosità, che con la coscienza non si scherza , laddove coscienza sta appunto per obbedienza politica ad un’entità exstrastatale e che non ha niente a che vedere con la coscienza morale nel senso kantiano di imperativo categorico.
Il deputato cattolico è un soggetto che deve fedeltà a due realtà che talora si escludono a vicenda. Per questo la sudditanza religiosa dovrebbe avere degli effetti giuridici categorici, il primo dei quali dovrebbe essere quello di non potere accedere nella sfera del potere legislativo perché la dipendenza religiosa è psicologicamente più forte di qualsiasi impegno formale nei riguardi del proprio Stato. E non solo per la diversità delle pene in caso di infrazione. La peggiore atta a punire il tradimento sarà sempre inferiore alle pene dell’inferno, che peraltro non prevedono nemmeno possibili sconti. Il deputato cattolico teme la scomunica, che lo candita a quelle pene, e non può pertanto “giocare con la coscienza” ma deve adoperarsi perché lo Stato legiferi concordemente agli interessi della Chiesa.
L’abbiamo visto in occasione del divorzio e dell’aborto; lo vediamo con l’eutanasia, lo stiamo vedendo con le coppie di fatto, la cui sistemazione giuridica è stata rimandata a data da destinarsi, ovvero bloccata. La Chiesa ha finito per dissolvere la famiglia comunque. L’Italia, il cui territorio è praticamente occupato da una rete capillare di agenti del Vaticano (dal parroco alla CEI, organo prettamente politico di penetrazione), è un organismo sociale allo sbando anche per questo.
Il deputato cattolico è un’assurdità giuridica che i poteri dello Stato repubblicano ignorano. Egli non ha i titoli, morali e giuridici, per rappresentare uno Stato che non può essere il corrispettivo di un’autocrazia guidata dallo Spirito Santo e che mira a realizzare un vero e proprio imperialismo ecumenico (cioè universale), sostituto strisciante e, tutto sommato, più comodo del potere temporale.
La “Democrazia Cristiana” (già Partito Popolare fondato da don Sturzo) è un paradossale partito di sudditi cattolici, che va risorgendo con modalità variegate ma sempre con tanto di croce, simbolo originario di supplizio e di potere (vedi le Crociate).
La sudditanza religiosa è una dipendenza psicoipnotica, una vera e propria malattia simile alla narcodipendenza perché mutila la volontà di chi ne è portatore e le impone l’obbligo dell’”eterocoazione”: diritto-dovere che la Chiesa in persona ha esercitato per secoli con la barbarie dell’Inquisizione e che oggi cerca di raggiungere con la manipolazione dei propri sudditi per il solo piacere che dà l’uso del potere come una droga stupefacente. Un deputato cattolico è uno schiaffo al diritto nella “patria del diritto”.
L’uso del potere, con o senza interposta persona ma a fini di piacere, non è più una questione politica ma psichiatrica!