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La Sinistra europea affronta il futuro. Ora si va oltre Rifondazione?

Publie le lunedì 2 luglio 2007 par Open-Publishing

L’assembla costituente, domenica, ha varato la nuova associazione
politica (S.E.). L’intervento del Presidente Fausto Bertinotti
riapre la discussione sulle prospettive. Come si costruisce un nuovo
soggetto di sinistra? Quando? In che forme? Con che idee? Con chi?

di Angela Mauro

«Per imparare a nuotare bisogna buttarsi in acqua». Basta con gli
indugi
e le reticenze. Fausto Bertinotti arriva all’assemblea che dà alla luce

la sezione italiana della Sinistra Europea carico di quanto ha vissuto
il giorno prima a Berlino: la nascita della Die Linke, fusione tra la
Pds (forte soprattutto a est) e la sinistra socialdemocratica della
Wasg
(Lafontaine). Il presidente della Sinistra Europea (incarico che
lascerà
al prossimo congresso a ottobre) la porta ad esempio: è la
dimostrazione
di come si può «cogliere un’opportunità da una congiuntura politica». E

allora: la crisi della politica c’è anche in Italia, la sinistra è «a
rischio», si abbia dunque il coraggio di «iniziare» per lavorare ad una

«forza nuova senza muri nè sbarramenti». Bertinotti benedice la sezione

italiana della Sinistra Europea, «preziosa esperienza dalla quale
abbiamo imparato a non giudicare», ma ora deve essere una «porta» che
guardi nella prospettiva del «socialismo del XXI secolo» e vada oltre.
Anche oltre Rifondazione? Il ragionamento di Bertinotti non mostra
timori in questo senso. E la questione diventa argomento di dibattito,
nella stessa assemblea della Sinistra Europea e nelle interviste che
Liberazione pubblica oggi.

Partiamo dal discorso di Bertinotti. Nel rispetto del suo ruolo
istituzionale, il presidente della Camera non parla «nè di governo, nè
di partiti». Ma dello stato della sinistra dice molto, comprese le
indicazioni sulla prospettiva futura. In Italia e in Europa «è a
rischio
l’esistenza e il futuro della sinistra», spiega, parlando della «crisi
della politica», del «distacco delle masse dalla politica», della
«disaffezione, esito dei processi dominanti da un quarto di secolo»,
vale a dire il capitalismo con la sua pretesa di «cancellare il
discrimine tra destra e sinistra per imporre una presunta neutralità
dietro la quale c’è il dominio dell’impresa e del mercato». Bertinotti
cita Montezemolo («Non è importante sapere di quanti voti è portatore,
serve piuttosto cogliere il senso profondo della sua sfida»), parla
della crisi della sinistra nel «voto in Francia e in quello del nord
Italia», racconta di una sinistra impegnata nella «ricerca di una
piccola identità e di una destra forte di una idea di società, cattiva
ma forte». Il primo invito: «Interroghiamoci su questo rischio». Si può

guardare all’America Latina, con il suo «nuovo patto tra sinistra e
popoli». Ma il punto vero è che «per farcela, non bastano i correttivi
all’esistente o le logiche identitarie: va delineata una operazione
politica grande e alternativa per arginare l’onda della
depoliticizzazione».

«Non bastano la criticità, i conflitti, i movimenti perchè c’è il
rischio di una americanizzazione della politica in Europa», dice
Bertinotti, e a quel punto «i conflitti sono confinati nella
marginalità
perchè la politica la fanno altri soggetti».
Fine dell’analisi del "dramma", inizio della parte "costruens". Gli
elementi di partenza ci sono, continua Bertinotti, primi tra tutti «il
rifiuto della guerra e del terrorismo». Adesso più che mai però è
«necessario costruire massa critica, cultura politica» perchè «non
basta
aver ragione: ci vuole una forza in grado di rimotivare una
prospettiva,
una forza nuova che non si fa solo con la ragione, ma anche con la
passione e con i sentimenti». Il presidente della Sinistra Europea cita

Leopardi: «Se la ragione diventa passione è possibile la conoscenza» e
traccia un ponte immaginario con Gramsci e non solo: «La pensava così
anche lui e il pensiero femminista». Insomma, «dovremmo aver imparato
la
lezione».

Bertinotti ammette che «un processo di costruzione dell’unità non è
indolore» e che il tema del rapporto con i movimenti, la questione del
governo («Scelta e non obbligo») sono «problemi reali e difficili che
si
risolvono se vengono affrontati». Ma, avverte, «solo se un soggetto
politico a sinistra risulterà forte, ampio, plurale ci sarà la
possibilità di riconnettersi ai movimenti e alla società».
Il presidente della Sinistra Europea è chiaro: «Il tema che ci sta di
fronte è il socialismo del XXI secolo» e devono lavorarci insieme
«comunisti, socialisti, cattolici, le nuove culture in movimento,
avendo
incontrato il femminismo e l’ecologismo critico». In quanto crogiuolo
di
realtà diverse, «la Sinistra Europea è una preziosa esperienza» dalla
quale, continua Bertinotti, «abbiamo imparato a non giudicare». La Se
«può essere una occasione per cambiare: dobbiamo cogliere la sua
lezione, non come termine di un cammino, ma come porta da spalancare
per
la costruzione di una sinistra più ampia». L’affondo: «L’obiettivo di
un
soggetto plurale e unitario della sinistra in Europa e in Italia non è
più rinviabile». C’è una «vasta gamma» di modi per farlo (Bertinotti
cita anche il modello Flm, come uno degli esempi possibili), ma
l’importante è agire. «La Sinistra Europea - spiega ancora - deve
aprirsi al confronto con tutte le sinistre senza muri, nè sbarramenti

a sinistra, nè nella cultura moderata, per chiedersi insieme se esista
un destino comune delle sinistre per quanto diverse in Europa». Bando
alle ciance: «Non dobbiamo chiederci prima come andrà a finire, non
dobbiamo avere prima un disegno preciso», puntualizza Bertinotti. Il
soggetto plurale e unitario della sinistra «sarà quello che ne faranno
i
partecipanti». L’altro invito, quello centrale: «I tempi non consentono

un rinvio, il compito è difficile, ma vi invito a farlo in questa
direzione». Perchè ci sono «due esigenze: primo, fare fatti politici
nuovi a sinistra che siano visibili e significativi e che incoraggino
il
popolo di sinistra; secondo, proseguire nella ricerca per la
rifondazione della cultura e della prassi per la trasformazione della
società capitalistica». La conclusione e il commiato dall’assemblea:
«Sapete come farlo, io vi invito soltanto a farlo. Fatelo tutti
insieme,
uniti. L’ambizione e la difficoltà del compito potranno essere buoni
consiglieri per realizzare questa avventura comune». Applausi. Un
nugolo
di giornalisti, cameramen e compagni lo segue fino all’uscita. I lavori

proseguono. Tocca al palestinese Ali Rashid , deputato del Prc,
prendere
la parola dal palco che, con un manifesto, annuncia la "Sinistra
Europea
in Italia". L’attenzione si sposta così su uno scenario decisamente più

drammatico del nostro: «In Medio Oriente la situazione è triste e senza

via d’uscita: 60 anni di conflitto sono tanti», dice Rashid richiamando

le «ragioni della non violenza, perchè la violenza danneggia non solo
chi la subisce ma anche chi ne fa uso». L’intervento del giornalista
palestinese è un accorato appello: «Prego tutti di credere nel dialogo,

nel confronto e nel rispetto reciproco anche quando sembrano non
esserci
le condizioni. Non dobbiamo abbandonare i palestinesi sotto un governo
che ha dimostrato di non saper governare e una opposizione che non è
democratica». La verità è che «i palestinesi non hanno fatto un passo
indietro da quando è morto Arafat», aggiunge ricordando quanto detto
prima di lui dalla deputata di Rifondazione Graziella Mascia .

L’assemblea al Palafiera però arriva all’intervento di Bertinotti
attraverso le numerose relazioni dei rappresentanti delle realtà della
Sinistra Europea in Italia (tra gli altri, Riccardo Petrella del
Contratto mondiale per l’acqua, Danielle Mazzonis della
Liberassociazione, Domenico Rizzuti della Sinistra Euromediterranea,
Jacobo Torres De Leon della Fuerza bolivariana de Trabajadores), nonchè

di politici di lungo corso. C’è Achille Occhetto che fa autocritica:
«Nell’89 dovevamo uscire dalla crisi del comunismo da sinistra e non da

destra, come dice Bertinotti per un socialismo di sinistra e non di
destra». Il padre della svolta della Bolognina punta poi il dito contro

i suoi ex compagni di partito, accennando al caso Unipol: «Se i partiti

invece di stare al di sopra del mercato e dettare le regole fanno corpo

con questo o quello in combutta con la destra, andiamo verso
un’economia
di tipo feudale». Adesso che è padre de "il Cantiere", realtà che tenta

un dialogo tra diversi a sinistra, Occhetto invita a «superare gli
errori del passato» e a «prendere in mano la bandiera dell’unificazione

a sinistra: non si tratta di rifondare il Pci o il Psi, ma di rifondare

la sinistra, non una sinistra radicale, ma una sinistra vera nel senso
della tradizione del socialismo e democrazia». Più chiaro di così...

Il presidente dell’Ars (Associazione per il Rinnovamento della
Sinistra), Aldo Tortorella , scalda gli animi, tanto che la platea
protesta quando il moderatore Sergio Bellucci batte sul microfono per
segnalargli il tempo (massimo sette minuti per ogni intervento). Reduce

storico del gruppo dirigente comunista, Tortorella bacchetta l’ultimo
segretario del Pci, ricordando la «frettolosa liquidazione» del
patrimonio culturale e storico del partito e ammonendo: «Stavolta non
ci
basterà ripetere le parole d’ordine della Rivoluzione francese», altra
citazione un po’maligna di una delle "svolte" proclamate da Occhetto.
Ma, evidentemente, l’intento non è quello di tornare a vecchi duelli,
piuttosto di misurarsi con i nuovi orizzonti (diritti e/o mondo del
lavoro) e indicare le priorità. Tortorella parte da Marx («Aveva
ragione: il capitalismo è una storia incessante di modificazioni») e
insiste sull’attenzione agli operai: «Votano Forza Italia e Lega. Non
c’è un’adesione automatica degli sfruttati alle idee della sinistra,
oggi più che mai». Al termine, è standing ovation. Anche Roberto
Musacchio , europarlamentare del Prc-Se, vuole portare con sè, nel
cammino a sinistra, quella parte del ’900 che è «il lavoro e i
movimenti
operai». Altra frecciata ai Ds: «Qualcuno pensa che avere una banca
amica serva a cambiare la società. Noi non parliamo di banche ma di
lavoro». Il riferimento è alla battaglia, in corso al Parlamento Ue,
contro la «flexsecurity, idea del lavoro subordinato all’impresa». E
Giovanni Alleva , del centro diritti "Pietro Alò", autore di una
proposta di legge contro la precarietà, «già firmata da più di cento
parlamentari», esorta: «Dobbiamo andare avanti su questa strada. La
sinistra si aggrega intorno alla tutela della dignità dei lavoratori».
Ci pensa Lea Melandri , femminista storica, a riportare l’attenzione
sulle donne che, nella storia, anche a sinistra, «hanno dovuto
adattarsi
e spesso sono diventate un duplicato dei maschi». La critica: «Non vedo

traccia del pensiero femminista, ho sentito solo dire: "conta molto il
femminismo". Le donne non sono disposte ad essere la ciliegina sulla
torta della Sinistra Europea». E’ anche in questo senso che Elisabetta
Piccolotti , coordinatrice nazionale dei Giovani Comunisti, insiste
sulla «riforma della politica», condannando quei «meccanismi
novecenteschi di chi pensava che un partito dovesse muoversi come un
sol
uomo, appunto: non una sola donna».
Le note dell’Internazionale accompagnano gli ultimi momenti di una
giornata carica di aspettative per il futuro. Appuntamento all’8 luglio

per la riunione del "parlamentino" della Sinistra Europea in Italia,
ovvero l’assemblea (190 membri) votata dall’assise di domenica insieme
al gruppo nazionale di coordinamento (circa 30 persone). Sono entrambi
organismi transitori, in vita fino all’anno prossimo, quando si terrà
il
primo congresso della Sinistra Europea in Italia, assise alla quale
parteciperanno anche i rappresentanti delle "reti orizzontali"
(territoriali) che via via si formeranno, affiancandosi alle già
esistenti reti "verticali" (nazionali).