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La "buffa" guerra

Publie le sabato 27 dicembre 2008 par Open-Publishing

(V. : una guerra finta come un videogame che serve solo mantenere una guerra. I morti pero’ sono veri)

Stefano Rizzo, 22 dicembre 2008, 23:12
http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=10398


Sintesi: "Riferisce il "London Times" che circa un quarto del valore di ogni convoglio (composto mediamente da una cinquantina di camion, ma spesso molti di piu’) viene versato ai talebani perche’ non lo attacchino. Dopo di che, come fa il pilota quando monta sulla nave per guidarla in porto, sul primo camion sale un comandante talebano armato che - ben visibile a tutti - assicura il passaggio nel territorio controllato dai suoi uomini. In termini economici tutto cio’ ammonta a diversi milioni di dollari al mese con i quali, senza sparare un colpo, i talebani poi comprano le armi e le munizioni per continuare la guerra. In questo modo gli occidentali finanziano la guerra per tutti, per se stessi e per il nemico, e in questo modo si assicurano che non finisca mai."

"Drole de guerre", cosi’ venne chiamata la fase iniziale della seconda guerra mondiale, dopo che tedeschi e sovietici si erano spartiti la Polonia. A meta’ settembre del 1939 Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania, ma per sette mesi non fecero nulla, mentre le truppe tedesche si preparavano all’offensiva. Forse speravano in un
accordo diplomatico; forse pensavano che un compromesso fosse ancora possibile. Poi la Germania attacco’ la Danimarca e, in rapida successione, il Belgio e la Francia e inizio’ la guerra vera, che certo tutto fu salvo che buffa.

Qualcosa del genere (con le dovute differenze) sta succedendo in Afghanistan. Laggiu’ si combatte ormai da sette anni. Le truppe della Nato e degli Stati Uniti si scontrano quotidianamente con i talebani, ma sostanzialmente ognuno tiene le sue posizioni: un giorno viene conquistato un villaggio da una parte, la settimana dopo viene riconquistato dall’altra. Scoppiano le bombe nei mercati, si assaltano caserme, si risponde con i missili dall’alto; da una parte e dall’altra si compiono incursioni. Nessuno controlla tutto il territorio, neppure il proprio. La coalizione occidentale e il governo afgano dovrebbero
controllarne un terzo, i talebani un altro terzo, per il resto ognuno fa quello che puo’. Ammazza e distrugge, soldati armati e civili inermi, e aspetta di vedere cosa succedera’. Chi si stanca per primo. Forse tutti sperano in un accordo politico. Adesso che sono in difficolta’ gli occidentali vorrebbero trattare (Karzai ci sta provando), ma i talebani, che in questo momento si sentono piu’ forti, non ci stanno. In futuro le parti potrebbero essere inverse. Intanto si spera nel colpo risolutivo che potrebbe alterare l’equilibrio. Obama promette (ha promesso in passato - adesso non si sa) di mandare altri 20.000 uomini da aggiungere ai 70.000 che combattono da sette anni (erano 40.000 all’inizio), ma nessuno degli esperti militari e dei comandanti sul campo pensa davvero che possano bastare.

Ma c’e’ un altro aspetto che rende questa guerra particolarmente buffa, piu’ di ogni altra. Ne ha parlato la settimana scorsa il "Times" di Londra. Le guerre si fanno con gli uomini (e, nelle nostre societa’ progredite, con le donne) e con i mezzi. I primi vanno nutriti e
alloggiati, i secondi vanno riforniti e sostituiti. Dietro ogni soldato c’e’ una linea di comunicazione piu’ o meno lunga, che gli porta quello che gli serve per vivere e per combattere. Quando la linea e’ troppo lunga e i rifornimenti non arrivano, o non si trovano sul posto, il soldato non puo’ combattere e si ferma. Le orde mongole di Ghenghis Kahn
si fermarono alle porte di Venezia perche’ non trovavano foraggio per i loro cavalli, e l’Italia fu salva. Le armate napoleoniche si fermarono dopo avere bruciato Mosca e dovettero tornare indietro perche’ non trovavano il grano per i soldati, e la Russia fu salva. Molti secoli prima Giulio Cesare arrivo’ con le sue legioni ai confini con la Scozia, si accorse di essersi spinto troppo in la’, fece scavare una bella trincea e se ne torno’ indietro.

E’ per questo motivo che per vincere una guerra bisogna consolidare il territorio conquistato alle proprie spalle prima di spingersi in avanti; e’ per questo che tutti gli imperi si allargano a macchia d’olio, partendo da un centro sicuro, e si espandono finche’ le loro linee di comunicazione diventano troppo lunghe o troppo fragili. A quel punto l’impero comincia a sgretolarsi e alla fine crolla. Per la stessa ragione i corpi di spedizione coloniali, migliaia di miglia dalla madrepatria, di fronte agli attacchi degli "indigeni" sono stati costretti tutti, prima o poi, a fare i bagagli e andarsene, a dispetto della loro superiorita’ tecnologica. E’ quello che probabilmente succedera’ alle truppe alleate in Afghanistan, che e’ successo varie volte agli inglesi nell’Ottocento e anche ai russi nella loro guerra afgana del secolo scorso.

Il problema e’ oggi particolarmente grave per le truppe occidentali. In primo luogo perche’ un esercito moderno ha bisogno di quantitativi enormemente superiori di rifornimenti, di pezzi di ricambio, di munizioni e di carburante, rispetto anche solo a venti anni fa. E poi
perche’, non potendo passare da paesi confinanti come l’Iran, ed essendo esclusi i ponti aerei che non possono provvedere alla grande massa di rifornimenti richiesti, hanno un’unica strada per portare quello che serve alle truppe: dal Pakistan, dove arrivano le navi, con lunghi convogli di camion fino alle basi di destinazione in Afghanistan.

Ora, bisogna ricordare che nelle guerre moderne in cui tutte le attivita’ non di combattimento (e qualche volta anche quelle) sono "outsourced", cioe’ affidate a civili, questi trasporti sono effettuati da societa’ private di servizi, che dispongono anche delle loro guardie armate dal momento che i soldati sono impegnati a fare la guerra. I convogli debbono percorrere migliaia di chilometri spesso in "territorio indiano", vale a dire controllato dai talebani o da altri gruppi armati di delinquenti piu’ o meno comuni, che li attaccano, li distruggono e fanno razzia del loro contenuto. E’ successo e continua a succedere innumerevoli volte, qualche volta addirittura nelle basi di partenza in Pakistan dove, dieci giorni fa a Peshawar, i talebani hanno distrutto centinaia di mezzi in attesa di essere spediti.

A questo serio problema, che danneggia i loro profitti, le ditte private hanno trovato con spirito imprenditoriale una soluzione pratica e originale: pagare il nemico e, per maggiore sicurezza, arruolarlo per fare la scorta ai convogli. Per la verita’ qualcosa di simile ha fatto
anche il generale Petraeus in Iraq, quando ha deciso di pagare gli insorti sunniti perche’ smettessero di ammazzare gli americani, ma la nuova strategia afgana e’ una novita’ assoluta.

Riferisce il "London Times" che circa un quarto del valore di ogni convoglio (composto mediamente da una cinquantina di camion, ma spesso molti di piu’) viene versato ai talebani perche’ non lo attacchino. Dopo di che, come fa il pilota quando monta sulla nave per guidarla in porto, sul primo camion sale un comandante talebano armato che - ben visibile a tutti - assicura il passaggio nel territorio controllato dai suoi uomini. In termini economici tutto cio’ ammonta a diversi milioni di dollari al mese con i quali, senza sparare un colpo, i talebani poi comprano le armi e le munizioni per continuare la guerra. In questo modo gli occidentali finanziano la guerra per tutti, per se stessi e per il nemico, e in questo modo si assicurano che la guerra non finisca mai.

Articolo ripreso da Masada 846. Un mondo davvero bizzarro

http://www.masadaweb.org