Home > La casta che promette ma non mantiene
La casta che promette ma non mantiene
Publie le lunedì 24 settembre 2007 par Open-Publishing2 commenti
Sunto dell’articolo di Rizzo e Stella, Corriere della sera, 24-9-2007
Cosa deve accadere, perché capiscano? Devono esplodere il Vesuvio, fallire l’Alitalia, rinsecchirsi il Po, crollare la Borsa, chiudere gli Uffizi, dichiarare bancarotta la Ferrari? Ecco la domanda che si stanno facendo molti cittadini italiani. Stupefatti dalla reazione di una «casta» che, nel pieno di polemiche roventi intorno a quanto la politica costa e quanto restituisce, pare aspettare che passi a nuttata.
Non sono bastati mesi di discussioni sui privilegi insopportabili di quanti governano a livello nazionale o locale, titoli a tutta pagina di quotidiani e settimanali, ore e ore di infuocati dibattiti televisivi, code mai viste nelle librerie. Non e’ bastata la sbalorditiva rimonta nella raccolta delle firme del referendum elettorale. Non sono bastate le piazze stracolme intorno a Grillo e le centinaia di migliaia di sottoscrizioni.
Non vogliono capire. In troppi non vogliono capire. Lo dimostra il bilancio appena varato della Camera. Dove una cosa spicca su tutte: dopo tante dichiarazioni di buona volontà e pensosi inviti a rifiutare ogni tesi precostituita e sospirate ammissioni che alcuni «benefit » erano proprio indifendibili e solenni impegni a tagliare, le spese sono cresciute ancora. E ben oltre l’inflazione. Il palazzo presieduto da Bertinotti era costato nel 2006, quando i primi mesi erano stati gestiti dalla destra, 981.020.000 €: quest’anno, alla faccia di quanti sostenevano che tutta la colpa fosse della maggioranza berlusconiana che aveva lasciato una «macchina » spendacciona, ne costerà 1.011.505.000. Con un aumento del 3,11€: il doppio dell’inflazione.
Non basta. Nel 2008, stando alle previsioni del bilancio triennale, queste spese che già hanno sfondato (prima volta) la quota-choc di un miliardo di €, cresceranno ancora. Fino a 1.032.670.000. Per impennarsi ulteriormente nel 2009 fino alla cifra sbalorditiva di 1.073.755.000. Sintesi finale: in soli 3 anni i costi di Montecitorio, dopo tutto il diluvio di belle parole spese per arginare l’irritazione popolare, saranno aumentati del 9,2%. Con un aggravio sulle pubbliche casse di 92 milioni di € in più rispetto al 2006.
Ricordate cosa avevano assicurato, per arginare la mareggiata di contestazioni, a proposito dello stipendio dei deputati? Che l’indennità, che stando alla politica degli annunci e’ gia’ stata tagliata un mucchio di volte, sarebbe calata. Falso: costerà il 2,77 € in più: un punto abbondante oltre l’inflazione. E i vitalizi? Il 2,93€ in più. Per non dire delle retribuzioni del personale. Avete presente la denuncia dell’Espresso sulle buste paga dei dipendenti delle Camere? La scandalosa scoperta che un barbiere del Senato può arrivare a 133 mila € lordi l’anno e cioè 36 mila € più del Lord Chamberlain della monarchia inglese? Che un ragioniere della Camera puo’ arrivare a 238 mila, cioè circa ventimila € più dell’appannaggio del presidente della Repubblica? Bene: stando al bilancio di Montecitorio, il monte-paghe del personale costerà nell’anno in corso il 3,73€ in pù’.
Oltre il doppio dell’inflazione.
Quanto agli affitti per i palazzi a disposizione (insieme col Senato la Camera è arrivata, tra immobili di proprieta’ e in locazione, a 46) sono cresciuti del 6,6%: il quadruplo dell’inflazione. Eppure non è neppure questo il record. I traslochi erano costati nel 2006 la bellezza di 1.255.000 €, con un rincaro di 45.000 € sul 2005. Dissero: «Si è dovuta tenere in giusta considerazione la spesa aggiuntiva» dovuta alle «esigenze inevitabili nel corso del cambio di una legislatura ». Può darsi. Ma allora a cosa è dovuta quest’anno l’ulteriore aggiunta di altri 100 mila €, pari a un aumento di oltre l’8%? Siamo entrati, senza saperlo, in una nuova legislatura?
Quanto ai viaggi, le polemiche sull’uso spropositato degli aerei di Stato prima nell’era berlusconiana e poi nell’era unionista, sono scivolate via come acqua. Basti dire che le spese di trasporto, alla Camera, aumentano del 31,82%.
Il costo complessivo dei viaggi aerei, al di là del via vai di questa pattuglia di deputati «esteri», salirà da 6 milioni a 7 milioni 550 mila. Un’impennata sconcertante.
Ma mai quanto quella dei costi dei gruppi parlamentari. La regola sarebbe chiara: si può dar vita a un gruppo parlamentare se si hanno almeno 20 deputati. Su questa base, all’inizio della legislatura avrebbero dovuto essere 8. Ma grazie alle deleghe concesse dal subcomandante Fausto sono saliti via via a 14i. Con una moltiplicazione delle sedi (che ha costretto a prendere in affitto nuovi uffici nonostante i deputati potessero già contare su spazi procapite per 323 mq), delle segreterie (più 12,3% sul 2006), delle spese varie. Al punto che i contributi ai gruppi, che nel 2005 erano pari a 28 milioni 700 mila € e nel 2006 erano gia’ saliti a quasi 33, sono cresciuti ancora fino a 34.300.000 €. Cioè quasi 14 in più rispetto a 7 anni fa. Il che vuol dire che nel quinquennio berlusconiano e in questa successiva stagione unionista, il peso di questi gruppi sulle pubbliche casse è cresciuto del 67,4%.
Tutti «costi della democrazia»? Pedaggi obbligatori che altri paesi non pagano (non così’, non così’!) ma che gli italiani dovrebbero essere felici di versare per tenersi stretti «questo» sistema parlamentare, «questa» macchina pubblica, «questi» governi statali, regionali, provinciali, comunali che i loro protagonisti presentano, facendo il verso al «Candido» voltairiano, come il migliore dei mondi possibili? Tutti costi impossibili da ridurre al punto che il bilancio della Camera prevede gia’ di costare come prima e più di prima anche negli anni a venire a dispetto di ogni dubbio e di ogni critica?
Dice la storia che la Regina Elisabetta, invitata dal governo inglese a tagliare, ha preso così sul serio questo impegno che la spesa pubblica per la Corona e’ scesa dai 132 milioni di euro del 1991-1992 a meno di 57 milioni.
Eppure, guai a ricordarlo. C’e’ subito chi e’ pronto a levare l’indice ammonitore: attenti a non titillare l’antipolitica, attenti a non gonfiare il qualunquismo, attenti a non fare della demagogia. Ne sappiamo qualcosa noi, ne sa qualcosa chiunque in questi mesi ha rilanciato con forza alcune denunce, ne sa qualcosa Grillo. Ma certo, non tutto quello che ha detto il «giullare- a’-penser» genovese puo’ essere condiviso. Dall’invettiva del «Vaffanculo Day» lanciata in un Paese che ha bisogno come dell’ossigeno di un linguaggio più sobrio fino all’appoggio alle tentazioni di rivolta fiscale.
Ma quale autorevolezza hanno per liquidare Grillo quanti per anni e anni non sono riusciti a dimostrare la volontà, la capacità, la credibilità, la forza per cambiare sul serio questo Paese?
Il Bossi che intima a Grillo che «occorre stare attenti a non esagerare» non è forse lo stesso che diceva che «il Vaticano è il vero nemico che le camicie verdi affogheranno nel water della storia»?
Gerardo Bianco che al Grillo che vorrebbe un limite massimo di 2 legislature risponde che «non bisogna seguire la piazza a rimorchio di istrioni della suburra» non è lo stesso che siede in Parlamento dal 68?
E il D’Alema che liquida gli attacchi di Grillo ai partiti dicendo che per sua esperienza «se si eliminano i partiti politici dopo arrivano i militari e governano i banchieri» non è quello che nei giorni pari dice che «la politica rischia di essere travolta come nel 92» e nei dispari che «i costi della politica sono un’invenzione di giornalisti sfaccendati»?
E la destra che, Udc a parte, ha firmato col proprio questore il bilancio della Camera e poi si è rifiutata di votarlo nella speranza di cavalcare la tigre, non è quella che governava con una maggioranza larghissima nei 5 anni in cui le spese delle principali istituzioni pubbliche sono cresciute di quasi il 24€ oltre l’inflazione?
Per quel po’ di esperienza che abbiamo fatto in questi mesi dopo l’uscita del nostro libro, incontrando diverse migliaia di persone, ci andremmo molto cauti, prima di liquidare l’insofferenza di milioni di cittadini, confermata inequivocabilmente dai sondaggi e dalle analisi di Ilvo Diamanti, come «tentazioni antipolitiche».
Noi abbiamo visto piuttosto crescere una nuova consapevolezza. Quella che «prima» del legittimo diritto di ognuno di noi di sentirsi di destra o di sinistra, abbiamo tutti insieme un problema: una politica che non ha la forza non solo per risolvere i problemi ma neppure per metterli sul tavolo.
E’ «antipolitico» chiedere come mai non vengono neppure ipotizzati l’abolizione delle province o l’accorpamento dei piccoli comuni? Che tutte le amministrazioni pubbliche siano obbligate a fare bilanci trasparenti così da spazzare via tanti bilanci illeggibili?
Che anche il Quirinale metta in Internet il dettaglio delle proprie spese come Buckingham Palace?
Che venga rimossa quella specie di scala mobile dell’indennità parlamentare ipocritamente legata a quella dei magistrati?
Insomma: viva le istituzioni, viva il Parlamento, viva i partiti. Pero’ diversi: diversi.
E soprattutto: è antipolitico chiedere che certi politici italiani la smettano di essere così presuntuosi da pretendere di identificarsi automaticamente con la Democrazia?
Messaggi
1. La casta che promette ma non mantiene, 25 settembre 2007, 17:40
Secondo me ridurre il tema dei costi della politica alla sola questione del numero e degli stipendi dei parlamentari è sostanzialmente fuorviante e finalizzato a distogliere l’attenzione dal vero problema, che è quello della indissolubile simbiosi tra le oligarchie politiche ed economiche !!!! E’ lì che bisogna cercare la vera origine della sistematica rapina delle risorse prodotte da tantissimi, che vanno a finire nelle tasche di pochi !! E’ lì che occorre scavare e portare alla luce le vere radici del malaffare e l’abuso delle strutture dello Stato per favorire i processi di concentrazione di ricchezza, da un lato, e di potere dall’altro !!!! Con la formazione del Partito Democratico, non a caso auspicato e favorito dai maggiori potentati economici, si sta tentando, temo con successo, un’operazione politica che sancirà in maniera definitiva ed irreversibile la saldatura degli interessi delle due caste, definendo una volta per tutte regole chiare ed eliminando le lotte tra bande. Ognuno avrà il proprio ben definito territorio di caccia e precise zone di influenza, senza invasioni di campo ed inopportune interferenze. Avremo cioè un sorta di accordo di Yalta all’italiana tramite il quale verranno spartite le spoglie del paese ed anche quel poco di democrazia che ancora era rimasta, diventerà sempre più formale e ridotta ad un vuoto simulacro !!!!!!!!!
MaxVinella
2. La casta che promette ma non mantiene, 27 settembre 2007, 09:56
Il costo della politica non è solo il costo delle Camere ma è il costo complessivoche grava sui cittadini di una casta di politici di professione ed un sottobosco di politicanti, parenti, assistenti, amanti,consulenti che raggiungono la cifra di 500.000 persone che vivono di questo e sono pagate da noi. Cominciamo ad abolire le province, tutti i comuni sotto i 5000 abitanti si dovranno riunire ed avere un unico sindaco ed un unico consiglio. Oggi invece i comuni si separano per avere più sindaci, vicino Napoli per esempio il comune di Boscotrecase(abitanti 4000) si è separato in tre(Bosco, Trecase e Boscotrecase) oppure il comune di Pollenatrocchia si è separato in due(Pollena e Trocchia)con costi raddoppiati per i cittadini ma sarà così in tutta Italia. Poi ci vuole un controllo ferreo sulle spese con poteri molto vasti ai Comitati Regionali di Controllo(ora esautorati di qualsiasi reale funzione) ed abolire il controllo politico sulla Magistratura con solo una netta minoranza dei membri del CSM di nomina politica.Aproposito di costi della Camera sapete che un commesso della camera ha uno stipendio superiore ad un funzionario di banca ed è considerato lavoro usurante per cui ogni anno di servizio gli vale un anno e mezzo di contributi ai fini pensionistici?