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La determinazione e la maturità di un movimento può ottenere risultati
Publie le lunedì 17 novembre 2008 par Open-PublishingLa determinazione e la maturità di un movimento può ottenere risultati
di Loredana Fraleone, responsabile naz. dip. politiche della conoscenza
Nonostante la disinformazione, la distorsione dei contenuti dei provvedimenti approvati e di quelli in via d’approvazione, nonostante la confusione che si cerca di sollevare sui tagli a scuola ed università e sulla possibilità di fruire ancora del tempo pieno, "l’onda" resiste e si è riversata per le strade di Roma ancora una volta, in occasione dello sciopero dell’università. Mostra una determinazione e maturità da far invidia alla generazione del ’68, ripoliticizza i giovani su contenuti concreti e lo slogan che ha scelto, come prioritario: "non pagheremo la vostra crisi", ha una radicalità molto più profonda di tanti, apparentemente più politici, dei trascorsi movimenti studenteschi. Del resto l’allargamento e la persistenza del movimento, esploso in difesa del diritto allo studio, dalla scuola per l’infanzia all’università, costituiscono la condizione perché si possano ottenere dei risultati. Nella grande parte del movimento ve ne è stata consapevolezza fin dall’inizio, per questo forse le forme di lotta sono tutte tagliate sulla durata, sul coinvolgimento. I "cedimenti", finora irrilevanti, del governo e della Gelmini attengono più a dinamiche interne alla maggioranza di governo che ad un vero atteggiamento d’ascolto nei confronti del movimento.
Non che non siano importanti nel segnalare le difficoltà del governo di fronte ad un movimento di una portata, che non aveva assolutamente previsto, ma nella sostanza non aprono nemmeno una possibilità d’interlocuzione. Un contentino sulle sedi di montagna ai sindaci leghisti, qualche piccolo aggiustamento sulla ricerca che salva solo poche situazioni, finanziamenti alle sedi universitarie "virtuose"; tutto nel segno della meritocrazia e del corporativismo, gli elementi politico ideologici che stanno nel cuore e nella testa del Partito delle Libertà.
Non per nulla il corporativismo ha rappresentato uno degli elementi fondamentali della vittoria elettorale di Berlusconi, che per quella via sembrava poter dare risposte alle contraddizioni della globalizzazione liberista. Quelle contraddizioni che stanno diventando voragini, sul piano economico e sociale, ed hanno incrociato la resistenza della parte più reattiva della nostra società.
L’"Onda" potrebbe sollevarne altre, dando vita ad una conflittualità sociale di dimensioni inquietanti anche per il granitico governo di centro destra.
Non aiuta in questo l’effimera opposizione del Partito Democratico e nemmeno le affermazioni del Presidente della Repubblica, che non sembra molto versato sul diritto costituzionale allo studio.
Il Pd ha mostrato sempre pericolose aperture verso i tagli, che giudica solo eccessivi, del resto porta la responsabilità per intero di quelli effettuati dal governo Prodi. Inoltre accede senza troppe riserve a quel concetto di meritocrazia, che tentò d’introdurre Berlinguer, ed in parte riuscì ad applicare con i famosi regolamenti sull’autonomia, che la Gelmini vorrebbe portare fino alle estreme conseguenze. Anche sulle fondazioni il pronunciamento non è privo di ambiguità, non solo perché lo stesso Fioroni aveva provato ad introdurne alcune forme, anche se in modo soft a fianco del sistema scolastico, ma anche perché in altri ambiti della produzione culturale, come cinema e teatro, il Pd ha promosso in prima persona la sostituzione di enti pubblici con le fondazioni, che ora il governo Berlusconi vuole semplicemente generalizzare. Per fortuna, anche in quegli ambienti ci si può opporre in questa fase, con qualche speranza, alla scomparsa di qualunque dimensione pubblica.
Il quadro sociale sta cambiando, la tenuta dei valori di cooperazione ed uguaglianza, che in questi anni una parte del mondo della scuola, in particolare, tenacemente è riuscita a preservare; la crisi del liberismo con il suo corredo ideologico a sostegno del "migliore mondo possibile", costruiscono un senso diffuso, che si pone oggettivamente contro la mercificazione del sapere.
Che la conoscenza sia un bene comune non è solo un’idea degli oppositori del liberismo, ma una necessità di massa, che poggia su una domanda di accesso ai saperi, semplicemente richiesta da una società capitalistica complessa ed evoluta, ma proprio per questo più fragile e contraddittoria.
Siamo dentro una crisi di portata mai vista e perciò imprevedibile. Gli stessi padroni del vapore mostrano di non sapere come uscirne. Senza accedere ad idee catastrofiste o di attesa messianica della caduta del capitalismo, ne percepiamo l’immane difficoltà ad autoriformarsi, a questo punto del suo sviluppo.
La sua incapacità di dare risposte agli stringenti problemi ambientali, a richieste di ridistribuzione della ricchezza fuori e dentro i paesi avanzati, la pretesa di limitare l’accesso a beni comuni, come quello della conoscenza, interrogano fortemente noi comunisti, che non abbiamo mai avuto dubbi sulla necessità di superare il capitalismo, cominciamo ad essere in più numerosa compagnia.
16 Novembre 2008