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La filosofa con la pistola: Claudia Mancina e il caso-Menapace
Publie le venerdì 9 giugno 2006 par Open-Publishingdi red
I generali, si sa, nutrono per la guerra un «amore terribile» e sconfinato. Lo stesso vale, più o meno, per i produttori di missili, per i commercianti di cannoni, per i dirigenti del Pentagono - e per numerose altre categorie, la cui coscienza e i cui sentimenti sono spesso determinati dal loro essere sociale. Ma che c’entrano i filosofi, o le filosofe, con la passione militarista? Chi è dedito agli studi, o alla nobile arte della “sapienza”, non dovrebbe quanto meno coltivare qualche dubbio e controllare la propria emotività?
Non tutti, evidentemente. Per esempio Claudia Mancina, «filosofa» di professione, intellettuale sofisticata, liberale vera, commentatrice spesso acuta sui giornali, ieri ha scritto un articolo di fondo sul Riformista dal quale emerge una sua preferenza spiccatissima per le pistole anziché per il pensiero. E’ un articolo di tale vigore antipacifista da fare invidia a von Clausewitz e al generale Patton.
Qual è il problema? Claudia Mancina non manda giù il caso-Menapace. Voi direte: giusto, fa bene. E’ assurdo che un deputato diepietrista (e dunque unionista) abbia chiamato a raccolta la destra e gli ex fascisti per farsi eleggere presidente della Commissione Difesa del Senato e per sbarrare la strada a Lidia Menapace che era stata designata dall’Unione a quell’incarico.
Già, ma non è questa l’obiezione di Mancina. E’ opposta. Scrive: «qualunque persona sana di mente deve considerare con sollievo la mancata elezione di Lidia Menapace alla presidenza della commissione Difesa del Senato». E perché? Perché è pacifista. Mancina si chiede a chi mai fosse venuta in mente l’idea di nominare una pacifista a capo della commissione difesa, e plaude allo spiritello provvidenziale - definisce in questo modo così il senatore De Gregorio, che si è venduto alla destra - il quale con la sua manovra mercenaria ha fatto saltare tutta l’operazione e scongiurato il pericolo. La Mancina - che ha studiato Hegel e Vico - invoca addirittura l’«astuzia della ragione» (confondendola evidentemente con l’astuzia di De Gregorio).
Perché mai una pacifista non può presiedere la commissione difesa? Perché - insiste Claudia Mancina - i pacifisti ritengono che l’articolo 11 della Costituzione proibisca la guerra, mentre in realtà quell’articolo proibisce solo la guerra espansionista ma non ostacola in nessun modo la guerra giusta. Esistono poi, sì è vero, alcuni goliardi un po’ dementi che pensano che la guerra giusta non esista - chessò: Kant, San Francesco, il professor Capitini, un certo Gesù di Nazareth, il reverendo King, qualche dozzina di padri della Repubblica, un matematico pazzo di nome Russel (Bertrand), britannico, e un fisico visionario che si faceva chiamare Einstein e aveva fatto amicizia con uno scribacchino tedesco conosciuto come Bertold Brecht, e poi due o tre papi del novecento, tipo Benedetto XVI Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II; e ci fermiamo qui se no riempiamo di nomi tutto il giornale come un elenco telefonico - ma non è che adesso noi, gente seria, possiamo andare appresso a questi buontemponi, dal momento che tutte le loro ragioni sono state abbondantemente smontate dal pensiero del generale Ramponi, quello di An amico di La Russa.
Lasciamo stare i toni scherzosi. Può anche darsi che quell’articolo di fondo a Claudia Mancina - che conosciamo come persona seria e saggia - sia sfuggito di penna, e a noi piace pensare che sia così.
Resta il fatto che - dopo aver sentito tanti e tanti discorsi sulla necessità di un personale politico meno legato alle vecchie magagne, ai centri di potere, alle burocrazie di partito, ai maneggi - ci accorgiamo che appena entra in politica una personalità schietta e limpida, come quella di Lidia, con un passato eccezionale, con un pensiero politico alto, con una coerenza di comportamenti inattaccabile, appena succede una cosa così, la politica - la corporazione politica, tutta: dal peggior La Russa alla migliore Mancina - scatta in un moto di repulsa. Lidia mai, non è dei nostri. La Russa addirittura ha detto “la disprezzo” (grazie, Lidia è stata partigiana, ha contribuito alla demolizione del fascismo: non può piacere troppo a un tipo come La Russa). Ma La Russa, d’accordo, è a altra cosa. E allora chiediamo a Claudia Mancina: e chi è dei vostri, se non Lidia? De Gregorio il trasformista, lui sì? E poi i vertici militari che hanno posto il diktat, e che Claudia, con soavità, definisce spiritelli o astuzia di Hegel?