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La gioventù proletaria: forza motrice della rivoluzione comunista nel mondo
Publie le lunedì 7 novembre 2005 par Open-PublishingIn Bolivia il 39% della popolazione ha meno di 15 anni, ed un impressionante numero di persone inizia a lavorare in giovane età. Con il 60% della popolazione al di sotto dei 25 anni, l’ Iran si presenta come uno dei paesi più giovani al mondo. In Algeria i tre quarti della popolazione è rappresentato da giovani sotto i 30 anni. Di contro, l’occidente imperialista invecchia di anno in anno e l’incremento demografico è assicurato quasi esclusivamente dalle famiglie di immigrati.
La rivolta della gioventù proletaria (soprattutto di origine maghrebina) nelle periferie di Parigi e nella Francia intera, iniziata il 27 ottobre 2005, e tuttora in corso, è il segnale di una svolta epocale. E’ il segno che è entrato sulla scena storica mondiale un nuovo soggetto rivoluzionario: il giovane proletario (sotto i 21 anni), anzi gli stessi ragazzi (dai 14 ai 18 anni), figli di operai, senza presente e senza futuro, che dicono basta (anzi, crepa!) ad un sistema che li emargina, li sfrutta, li controlla, li pesta, li arresta, li denigra, li scansa e li guarda in cagnesco.
Se ricordiamo i soggetti rivoluzionari del passato, a partire dalla Comune di Parigi (1871) e dalla Rivoluzione russa (1905-1917) in poi, ivi comprese tutte le altre rivoluzioni socialiste (Germania 1918-23; Ungheria 1919; Cina 1925-27; ecc.); si evidenziano le figure sociali del piccolo artigiano, del soldato-contadino, del marinaio-operaio, del bracciante e del salariato agricolo, dell’operaio di fabbrica; tutti proletari maggiorenni, solitamente al di sopra dei 21 anni. I giovani sotto i 21 anni avevano avuto un ruolo decisivo nell’ultima grande rivoluzione nazionale in Algeria, conclusasi nel 1965. Così come erano stati i giovani e i giovanissimi a disarmare e sconfiggere a mani nude l’esercito degli “invincibili” dello scià di Persia, nel 1978. Quest’ultima era stata una prima, grande, avvisaglia di quello che sarebbe successo qualche anno più tardi, cioè oggi.
I proletari hanno come unica proprietà i loro figli. I giovani proletari, neppure quelli: non hanno, veramente, nulla da perdere, se non le proprie catene (familiari e sociali). Si obbietta: ma incendiano e basta, non hanno obiettivi. A parte il fatto che non è vero: in Francia, gli obiettivi immediati della rivolta giovanile sono la polizia e il ministro dell’interno, il che non è poco visto che rappresentano il volto repressivo dello Stato, cioè l’essenza politico-sociale dello stato borghese. Il fatto di incendiare tutto quello che capita loro a tiro, dalle auto alle scuole, dalle fabbriche alle caserme, rivela che l’antagonismo giovanile proletario è radicalmente anti-sistema: il messaggio che avvampa dalle fiamme notturne è “distruggere tutto per distruggere il capitale”. E’ un grido lancinante come le sirene assordanti dei pompieri: “bruci il sistema!”.
Lenin soleva dire che la rivoluzione non è un invito a nozze. Qui dobbiamo notare che la rivoluzione contemporanea sta prendendo alla sprovvista gli stessi “rivoluzionari” più avanzati. Le vie sotterranee che la vecchia talpa del comunismo, come movimento reale, ha scavato in questi decenni, stanno emergendo in modo prepotente in ogni angolo del pianeta (dall’America latina all’Europa occidentale, passando per l’Asia e il Medio oriente), travolgendo ogni previsione e ogni sigla politica. I "rivoluzionari" occidentali osservano, in pantofole, alla tv la fiammata giovanile francese e apostrofano: non c’è un indirizzo politico!
Un indirizzo immediato la rivolta giovanile proletaria ce l’ha già: incendiare, distruggere il sistema. Vogliamo chiamarlo "luddismo metropolitano", facciamo pure: ai giovani ribelli non gliene importa un fico secco. Il problema drammatico è che tra le "avanguardie" e le masse in lotta si è aperto il baratro: stiamo pagando e pagheremo gli errori commessi in questi anni, passati a "teorizzare" la rivoluzione, senza in realtà neppure crederci più di tanto e, soprattutto, continuando ad occuparci degli affari nostri (comprando appartamenti, per es., e/o giocando in borsa, ecc.) ed allontanandoci sempre più dal proletariato in carne ed ossa. Stando così le cose, se tacciamo forse è meglio...
I giovani più che di "indirizzi" hanno bisogno di esempi. Importante è l’esempio dato loro dai marittimi corsi nell’ottobre scorso: il fronte anti-capitalistico operai-giovani proletari è nell’aria, speriamo (chi può, operi perchè) si realizzi al più presto.