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Ogni giorno 4.500 bambini muoiono di dissenteria per aver bevuto acqua non potabile
Ogni giorno 45.000 persone muoiono per aver bevuto acqua non potabile.
Nel mondo un miliardo e cento milioni di persone non hanno acqua potabile, tra questi 400 milioni sono bambini africani.
Oltre 2 miliardi e mezzo di persone non hanno servizi igienico-sanitari.
Le malattie legate alla cattiva qualita’ o alla mancanza di acqua uccidono ogni anno 8 milioni di esseri umani.
Nell’Africa sub-sahariana c’e’ la situazione peggiore: il 42% non puo’ bere acqua potabile e solo il 36% ha un gabinetto. In Asia meridionale e orientale i servizi igienico-sanitari sono il problema principale di sopravvivenza.
50 milioni di persone rischiano quotidianamente la vita abitando in territori ricchi di falde acquifere inquinate e che vengono a contatto con pericolose sostanze, come l’arsenico e il fluoro.
Il consumo di acqua potabile per uso domestico varia in media tra 12 e 50 litri al giorno per abitante nei paesi africani ma sale ai 250 litri in quelli europei. Gli italiani sono primi in spreco di acqua in Europa, gli Stati Uniti nel mondo: un americano usa ben 700 litri di acqua al giorno.
Contro questo spreco ricordiamo che nel 2020 quasi 3 miliardi di persone non avranno accesso all’acqua e dovranno morire.
Lo svizzero Jean Ziegler, relatore Onu per l’alimentazione ha presentato un rapporto all’ONU criticando le false priorita’ di USA e ONU. L’obiettivo del Millenium doveva dimezzare entro il 2015 il numero dei poveri che muoiono di fame e invece questo numero e’ cresciuto. L’anno scorso la carestia ha colpito 10 milioni in piu’ di persone, per un totale di 852 milioni.
Intanto, il fatturato dell’industria bellica, in costante crescita, ha superato la soglia dei mille miliardi di dollari e la comunita’ internazionale non e’ riuscita a mettere a disposizione mezzi sufficienti per combattere il flagello della fame. La guerra alimenta la fame.
Anzi i fondi World Food Programs (WFP) che nel 2004 aveva garantito la sopravvivenza di 91 milioni di persone, sono stati decurtati del 30%.
In quanto principale produttore di armi, gli Stati Uniti sono i principali responsabili della crescente carestia. La guerra contro il terrorismo, ha aggiunto Ziegler, e’ sbagliata, inefficiente e serve soltanto interessi privati. Per questa sua posizione, USA e Gran Bretagna hanno accusato Ziegler di fomentare le attivita’ terroristiche e di essere manipolato da organizzazioni non governative.
L’acqua e’ un bene comune.
”Come e’ possibile fare societa’, se non abbiamo piu’ niente in comune?”
(Riccardo Putrella,“Beni comuni fra tradizione e futuro”, Bologna, Emi)
I beni comuni sono le cose condivise.
..aria, fiumi, strade.. biblioteche, cose che non appartengono a nessuno ma a tutti.
Il Codice Giustiniano distingueva diversi tipi di proprieta’:
– le res nullius, che non appartengono a nessuno
– le res privatae, che appartengono a qualcuno
– le res publicae, che sono di tutti.
Queste erano beni della comunita’ e ne garantivano la sopravvivenza.
Le foreste, gli oceani, gli insetti, ma anche i saperi e il linguaggio c’erano prima di noi, ci sono stati dati in eredita’, ci dovranno essere ancora. Passano da una generazione all’altra, e noi dovremo darli alle generazioni future migliorandoli.
Sono beni-sistemi, come il linguaggio, la cultura, la bellezza, l’accesso alla natura, l’amicizia, la giustizia, l’onesta’, la bellezza, la scuola, la cura gratuita degli anziani...
Li abbiamo in uso ma rispettandoli. Perche’ sono la base dell’esistenza biologica e sociale. Ogni comunita’ deve avere i ‘local commons’, che non sono solo patrimoni naturali ma anche spazi di auto-organizzazione sociale. Essi hanno valore, ma non possono avere prezzo. Pertanto non possono entrare nel mercato perche’ sono beni sacri, necessari alla vita, non merci da sottomettere al lucro. Sono valori cosi’ importanti da superare il valore di qualsiasi PIL.
Ma il mercato intende divorarli. Le recinzioni mangiano i campi, le strade, i boschi, e ora vogliono mangiare l’acqua, la conoscenza, il DNA...
Il privilegio del lucro vuole divorare il mondo, vuole mercificare la vita.
Ricordatevi: piu’ di un miliardo di persone nel mondo non ha da bere .
Citta’ del Messico. 16-22 marzo 2006: Quarto Forum mondiale dell’acqua.
In parallelo si e’ tenuto il Forum alternativo per la difesa dell’acqua.
Il primo Forum non era un appuntamento della societa’ civile ma delle multinazionali dell’acqua, sotto l’egida delle Nazioni Unite, e presieduto da Loic Fauchon, presidente del Groupe des Eaux de Marseille, il cui capitale e’ al 48,3% della Suez e al 48 di Vivendi, le due piu’ grandi societa’ transnazionali nel mercato dell’acqua. Al Forum e’ andata una super-lobby dei diritti idrici che comprenda politici e imprenditori, si ritrova ogni tre anni, ...e ogni volta la situazione peggiora.
Contro le loro intenzioni si sono mosse le comunita’ che resistono alle politiche liberiste delle multinazionali.
Oggi la scarsita’ di acqua potabile e’ drammatica.
L’acqua manca soprattutto in Medio Oriente, Asia del sud e Africa.
I Paesi ricchi hanno sistemi idrici capillari ed efficienti e sfruttano le loro risorse. Sono anche favoriti dal clima mite, le piogge regolari e il basso rischio di siccita’ o inondazioni. Nelle Nazioni meno sviluppate, invece, c’e’ un’estrema variazione di piogge, inondazioni o periodi di siccita’ distruggono i raccolti e causano perdite di vite umane.
Raddoppia la sete del mondo. In 50 anni dimezzate le scorte .
Il valore dell’industria legata all’acqua e’ pari al 40% di quella del petrolio, ma domani sara’ pari al 100%. L’acqua e’ il petrolio del futuro.
Il Messico presenta una situazione tipo. Il mercato e’ in mano alla Coca Cola che imbottiglia l’acqua e perfora pozzi, grazie alla privatizzazione selvaggia concessa dal governo messicano a partire dagli anni ’80. Lo scopo delle multinazionali, come la Coca Cola, e’ “Alzare i prezzi fino a far male”.
Questo il Messico dopo l’arrivo della Coca Cola: fiumi in secca, falde freatiche esaurite, pozzi inquinati, cambi climatici globali e terribili uragani. Dieci milioni di messicani non hanno accesso alla rete pubblica dell’acqua potabile. Nei cinque stati dove si concentra la popolazione indigena la situazione e’ anche peggio. Una persona su 4 (quasi sempre donne) raggiunge a piedi la fonte piu’ vicina e trasporta in spalla i secchi d’acqua per uso domestico.
Negli anni Ottanta, il governo decise di seguire gli imperativi neoliberisti, dare l’acqua alle multinazionali e smantellare i servizi pubblici. Cosi’ ha concesso a privati di sfruttare sorgenti, pozzi, acquedotti e canali, in spregio alla costituzione messicana, dicendo che i privati avrebbero garantito piu’ efficienza. L’esperienza e’ stata disastrosa.
Ad Aguascalientes, dove la gestione dell’acqua potabile e’ in mano al gigante Vivendi, i prezzi sono saliti enormemente con grave peggioramento del servizio. Lo stesso in altre citta’.
Quando le sorgenti hanno cominciato a seccarsi, le multinazionali hanno messo gli occhi sulla selva Lacandona, polmone dell’America Centrale ed ultima grande
riserva idrica del Messico. Arriviamo all’assurdo che in molte comunita’ indigene le famiglie spendono in Coca Cola il 20% delle entrate, 40 pesos il giorno (3 €).
Le concessioni sono state date alla Coca Cola per 50 anni a prezzi ridicoli.
Ora stanno privatizzando anche i fiumi.
E, dopo il disastro provocato in India dalle 2000 dighe volute dalla BM, anche in Messico si parla di costruire 56 dighe. Migliaia di campesinos sono sul piede di guerra.
E se ne progettano 350 in centro America, con prosciugamento dei fiumi, distruzione di centinaia di villaggi e mutamenti dell’ecosistema e del clima.
Il movimento alternativi per l’acqua e’ tornato dal forum parallelo di Citta’ del Messico ottimista, perche’ ha fatto crescere l’idea del "diritto universale".
La dichiarazione di Caracas e’ diventata la carta di riferimento di tutti i movimenti. E le tante realta’ locali messicane, che hanno dato vita alla manifestazione dei 100.000 hanno sorpreso gli stessi organizzatori e sono divenute le protagoniste del forum alternativo, assieme ai movimenti boliviani, venezuelani e uruguayani, concordi nel formare un grande movimento internazionale sull’acqua di tutto il continente Latinoamericano.
I convenuti avevano l’entusiasmo dei momenti fortunati in cui la lotta locale si salda con quella globale e il movimento dei movimenti porta a casa delle vittorie decisive.
Nessuna tv italiana si e’ degnata di parlarne, nessuno ha mostrato la marcia dei centomila ma il clima è decisamente cambiato, e perfino la Banca Mondiale e il Parlamento europeo hanno dovuto andare incontro ai diritti della gente contro gli interessi delle corporation. L’opinione pubblica non ne ha saputo niente ma tali istituzioni sanno adesso che se proseguiranno nei loro intenti solleveranno una mobilitazione planetaria.
A Ginevra, i negoziatori lavorano per portare a compimento il Doha Round, per la totale liberalizzazione dei servizi in Europa. Ma l’acqua e’ rimasta fuori! E ne viene chiesta a chiare lettere «la sottrazione al WTO e a ogni accordo internazionale di libero commercio e investimento, sia bilaterale che multilaterale.”
“Ogni essere umano deve avere accesso e diritto all’acqua, un’acqua di buona
qualita’ ed in quantita’ sufficiente per l’igiene e l’alimentazione» e «a nessuna impresa, governo o istituzione internazionale» dovra’ essere consentito di «interrompere per morosita’ il servizio idrico per consumo domestico».
Occorre «recuperare e promuovere la gestione pubblica, sociale, comunitaria, partecipativa e integrale dell’acqua».
Occorre «promuovere l’organizzazione di reti tra enti di gestione pubblica e di
qualita’ che funzionino su basi democratiche, attraverso lo scambio di esperienze e condividendo conoscenze tecniche, formazione, schemi e proposte di finanziamento, per il consolidamento di un modello pubblico, sociale, comunitario e partecipativo».
La Bolivia, di fatto, presenta una delle poche battaglie vincenti in questa guerra.
Nel 1999, il governo boliviano, seguendo le ricette della Banca Mondiale, aveva concesso all’impresa Bechtel la gestione e la distribuzione dell’acqua nella citta’ di Cochabamba. Questa concessione non solo violentava le forme tradizionali di distribuzione, ma espropriava i pozzi, sia privati che comunitari, e incrementava le tariffe.
Si arrivo’ a rincari del 300% che i campesinos non potevano permettersi e la popolazione si ribello’...scontri, morti, centinaia di feriti e alla fine il contratto di privatizzazione fu cancellato. Ma dobbiamo arrivare a questo?
Paradossi (da Riccardo Stagliano)
Il problema della scarsita’ d’acqua annega nei paradossi.
La citta’ indiana di Cherrapunji e’ la piu’ piovosa del mondo ma dai rubinetti escono solo poche gocce. Mancano le infrastrutture.
E mentre nel mondo un miliardo di persone non ha accesso ad acqua potabile e 2,6 miliardi non sanno cosa siano servizi sanitari negli ultimi 5 anni il consumo di acqua in bottiglia e’ cresciuto del 57%. Chi beve piu’ litri per persona e’ il Messico, 2° solo all’Italia.
Nel 1950 le riserve mondiali per abitante erano di 16.800 metri cubi
nel 2000 erano scese a 7300 ,
nel 2025 saranno 4800.
L’acqua è una risorsa "finita". E come tale è preziosa.
Noi scarichiamo in un water in una volta sola tanta acqua quanta ne serve a una persona nei paesi poveri per le esigenze di un giorno intero.
.. 30 litri che servono per produrne uno di birra,
4500 per 1 chilo di riso ,
100.000 per un chilo di alluminio.
In America latina e in Africa equatoriale, dove l’acqua e’ naturalmente abbondante, da un quarto a metà della popolazione ha difficoltà a berne di pulita. Le ragioni sono politiche e finanziarie. I governi investono in telefonini. Risultato: 8 milioni di morti all’anno, addirittura piu vittime che da malnutrizione.
Obiettivo dell’ONU: dimezzare entro il 2015 il numero di persone senza acqua potabile o servizi sanitari (ovvero quelle che non dispongono di 20 litri al giorno a una distanza inferiore a 1 chilometro).
Le multinazionali lo permetteranno? Difficile, visto che Fortune ha valutato in 403 miliardi di € l’anno il valore dell’industria dell’acqua ("il miglior settore dove investire").
In Messico il popolo ha chiesto di difendere i beni comuni contro la privatizzazione.
Ha chiesto: l’abbassamento delle tariffe, la gestione comunitaria e partecipata delle risorse idriche, e il diritto di accesso all’acqua garantito a tutti.
Jean Zigler: “La guerra contro il terrorismo rischia di far fallire la guerra contro la fame e la sete nel mondo”.
da masaweb.org