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La "messa in prova" che vorrebbe Alfano. Un’amnistia mascherata

Publie le giovedì 20 novembre 2008 par Open-Publishing

La "messa in prova" che vorrebbe Alfano. Un’amnistia mascherata

di Fulvio Lo Cicero

ROMA – È singolare che dietro tanta voglia di sicurezza, che il Governo e la destra in generale esprimono ad ogni pie’ sospinto, si nasconda una realtà differente: il desiderio di condonare, perdonare, cancellare.

Proprio su questi tre verbi oggi si è giocata l’ennesima polemica. Infatti, il ministro della Giustizia Alfano ha dovuto precisare che mai e poi mai sarebbe stato all’ordine del giorno un progetto di amnistia più o meno occulta: “Si rassegni chi immagina che ci saranno trappole su indulti o amnistie. La posizione del governo é chiara: non ne faremo” ha dichiarato per smentire le voci che attribuivano alla odierna riunione del Consiglio dei ministri la discussione di un provvedimento in materia.

Ma di che cosa si tratta? L’idea originaria appartiene a Clemente Mastella il quale, poco prima delle dimissioni del Governo Prodi, aveva pensato ad un provvedimento che introducesse nel sistema italiano la “probation” anglosassone, cioè la “messa in prova”, un istituto che obbliga chi ha commesso un determinato reato (nell’idea di Mastella si trattava di un reato con una pena fino a tre anni) di evitare il carcere ed ottenere la cancellazione della pena, dopo aver compiuto un lavoro socialmente utile e a patto che il reo sia incensurato.

Il ministro Alfano ha ripreso in mano quel progetto e lo ha esteso a reati puniti fino a quattro anni di reclusione (fra i quali rientrano il furto e i reati ambientali, ad esempio). Alfano ha precisato che non si tratta assolutamente di un’amnistia ma che si vorrebbe comunque assoggettare ad una pena “riparatoria”, nei confronti della società, coloro che già oggi, a legislazione vigente, non scontano un giorno di carcere per determinati reati, sempre che siano incensurati. Insomma, con questo provvedimento non la farebbero più franca gratis. Il fatto è che già oggi esiste la sospensione condizionale della pena, ottenibile per reati con una pena non superiore ai due anni. A quanto pare di capire, dunque, nel progetto del ministro la vera novità sarebbe che la “messa in prova” allargherebbe l’ambito oggettivo di applicazione, visto che riguarderebbe reati con pene non superiori ai quattro anni (e non più a due anni, come ora). Quindi, si tratta di un’estensione del beneficio. Non solo, ma bisogna considerare che l’istituto previsto dal progetto Alfano già esiste ed è stato introdotto nel nostro ordinamento, con la legge 11 giugno 2004, n. 145 e che prevede la possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena al compimento, da parte del reo, di lavori utili alla collettività, a patto che egli sia consenziente. Il progetto Alfano abolirebbe questa discrezionalità concessa al condannato, che sarebbe ora obbligato a svolgere un’attività socialmente utile per poter usufruire del beneficio (in sostanza una sorta di amnistia). Conclusione: ne potrebbero usufruire più persone ma non sarebbero più in grado di rifiutare il lavoro socialmente utile alla collettività.

I giudici si dichiarano ampiamente favorevoli, La Russa e la Lega sono perplessi, mentre Di Pietro spara ad alzo zero contro il provvedimento: “Il governo continua con la politica giudiziaria del doppio forno: a parole si vuole più sicurezza e una giustizia che funzioni, nei fatti, invece, si assicura l’impunità a tutti. Dopo il lodo Alfano e il Lodo Consolo per salvare i potenti, ora arriva la norma per salvare tutti gli incensurati. Forse è questo il loro modo di considerare la giustizia uguale per tutti. Un incensurato rischia di rimanerlo a vita anche se si macchia di reati per i quali sono previste condanne fino ai 4 anni come ad esempio tutti i reati ambientali, o fiscali o che riguardano la salute e gli incidenti sul lavoro. Basterà che, invece di andare da Messegué, se ne vada a tagliare un bel prato in un giardino pubblico, con tanto di foto per l’occasione, e si vedrà di nuovo incensurato».

L’ipotesi di provvedimento ripropone lo scontro fra i “giustizialisti” e i “garantisti”, in quella falsa dicotomia creata ad arte da ambigue prese di posizione che, nella realtà, nascondono il desiderio di mettere a punto una “giustizia castale”.