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La platea: «Partito, partito» ma Vendola frena sui tempi

Publie le lunedì 15 dicembre 2008 par Open-Publishing

La platea: «Partito, partito» ma Vendola frena sui tempi

di Daniela Preziosi

All’assemblea i leader non parlano. Ma litigano sul nuovo soggetto

È l’intervento numero 22, l’anconetano Maurizio Foglia, a far cadere giù il teatro, che pure partecipa molto: «Io non ho l’autorevolezza per farlo, qui ci vuole un compagno importante che dica: chi vuole fondare un nuovo partito si alzi in piedi, andiamo nell’altra stanza». Foglia non voleva, ma Freud non perdona e in realtà più che la scena della nascita di un partito, evoca la scena di una scissione.

Al suo intervento, ieri pomeriggio all’Ambra Iovinelli, teatro romano troppo piccolo per contenere l’assemblea nazionale dell’associazione ’per la sinistra’ (830 posti a sedere, schermo fuori pioggia permettendo, steward impossibilitati a tenere fuori la folla), mezza platea si alza in piedi e urla «partito, partito».

L’altra metà, però, ci pensa su. Mattatore della serata Moni Ovadia, attore e autore di teatro deluso in tempi record dal Pd e padrino del nuovo futuro partito della sinistra, un «processo» di cui annuncia le tappe: a dicembre un’assemblea per le regole, a febbraio gazebo in tutta Italia per le ’primarie delle idee’, a fine febbraio nuovo appuntamento per la scelta «del partito. Speriamo», dice, «ma io sono solo un portavoce».

Il problema è la voce di chi portare. Gli interventi si distribuiscono fra quelli che spingono per fondare un partito subito, in maggioranza militanti Sd ma non solo, e quelli che chiedono un cammino senza le accelerazioni che hanno azzoppato la sinistra arcobaleno, «una discussione vera senza correre agli schieramenti», come dice la fiorentina Anna Picciolini. In tutto sono cinquanta, tre minuti, una decina di invitati (fra cui il direttore del manifesto e la giornalista Giuliana Sgrena, il segretario della Cgil Conoscenza Mimmo Pantaleo, l’ambientalista Gianni Mattioli), tutti gli altri vengono estratti a sorte fra chi chiede di parlare.

Anche così la sinistra cerca di combattere la sindrome da politburo, il vizio di far intervenire solo certi: alla vicinanza al capataz si sostituisce il caso, nell’auspicio che si riveli più democratico. Scuola, lavoro, ambiente, dibattito ricchissimo. I leader non parlano. Ci sono tutti quelli interessati al cantiere della sinistra. Nichi Vendola, Grazia Francescato, Paolo Cento, Loredana De Petris, Gennaro Migliore, Claudio Fava, Katia Bellillo, Umberto Guidoni, per parlare solo della prima fila. Più indietro, fra le poltrone, c’è Franco Giordano, Maria Luisa Boccia, Carlo Leone, Aldo Tortorella. Alcuni della minoranza Prc arrivano dopo aver ascoltato l’introduzione di Paolo Ferrero, al contemporaneo comitato politico: un gesto di cortesia in una situazione interna tesissima, segnata dalla polemica sulla rimozione del direttore di Liberazione Piero Sansonetti (presente qui), che potrebbe essere un punto di caduta del delicato equilibrio interno raggiunto fra maggioranza e minoranza. Fausto Bertinotti non c’è.

Manda un messaggio in cui definisce «la costruzione di una forza politica unitaria e plurale della sinistra», passaggio «difficile quanto necessario». Sui tempi si tiene sulle generali, la sua proposta del resto l’ha già fatta nelle sue «15 tesi da dove ripartire», ed è: nessuna accelerazione organizzativistica e, nell’immediato, cartello elettorale per le europee. Che fa litigare, da subito, il gruppo dirigente dell’associazione. In origine, infatti, ieri erano previsti gli interventi dei leader. Ma un’intervista di Claudio Fava fa imbufalire la minoranza Rifondazione e suggerisce saggiamente di non squadernare sul palco le differenze fra soci fondatori .

Il leader Sd si dichiara «indisponibile» al cartello elettorale e si impegna a dare subito «uno sbocco al voto» con chi ci «sta subito» e sapendo che nella nuova formazione «non ci sarà spazio per l’orgoglio comunista». Vendola la prende male: si dichiara «stupito», il nuovo soggetto dovrà «rispondere a una logica plurale e pluralista e realizzarsi attraverso un processo rigorosamente democratico, centrato sul massimo della partecipazione dal basso, riconsegnando i poteri decisionali al corpo vivo della sinistra diffusa». Quindi «ogni forzatura politicista contrasta in radice con il senso stesso dell’operazione che abbiamo avviato dando vita all’associazione».

Quanto all’orgoglio comunista, poi, Vendola dichiara che dovrà esserci spazio per il suo, nella futura formazione. E le primarie delle idee, che si sperimentano già ieri, rompono « con l’antica abitudine di presentare alla base solo decisioni già assunte». Controreplica di Fava: «Il nostro popolo è più avanti di noi, la platea chiede un partito». Per la cronaca, il cartello non piace neanche alla verde Grazia Francescato, ma piace al collega Paolo Cento. Insomma il cammino si farà camminando, al momento non c’è neanche la certezza dei compagni di viaggio.

Sola certezza, le primarie delle idee: in pratica una scheda con 25 valori cui il militante attribuisce la priorità. Il primo classificato ieri: la sinistra è «speranza di trasformazione contro il capitalismo contemporaneo».