Home > La questione morale
Ma che si debba sentire proprio Berlusconi, proprio lui, il grande corruttore, che, in campagna elettorale in Abruzzo, dice: "C’è una vera e propria questione morale oggi all’interno del Pd. Inutile nasconderlo" , questa è la vergogna maggiore.
Gli risponde secco Franceschini: "Berlusconi che parla di questione morale al Pd? E’ l’ultimo uomo al mondo che può permettersi di farlo. Provi a ripetere la stessa frase davanti allo specchio e vedrà che non ci riuscirà neppure lui per la vergogna".
Sì, vero, a parte che Berlusconi la vergogna non sa nemmeno cosa sia, ma fermarsi qui sarebbe troppo facile. E a Franceschini si dovrebbe rispondere: “Dove sta la tua moralità quando tu e Veltroni state brigando con Berlusconi per cambiare persino la forma parlamentare dello Stato e stravolgerlo in un presidenzialismo forte a diretta elezione popolare e senza contrappesi, che consegnerebbe il paese a un principato berlusconiano di fatto e di legge?
Ma ricordiamo Berlinguer:
“I partiti sono diventati macchine di potere e di clientela.”
"I partiti non fanno più politica, hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia".
“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni a partire dal governo, gli enti locali, gli enti di previdenza, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai tv, alcuni grandi giornali”
“La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico. "
“Una società piú austera può essere una società piú giusta, meno diseguale, realmente piú libera, piú democratica, piú umana”
“Molti italiani si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel ’74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell’81 per l’aborto, gli italiani hanno fornito l’immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.”
“Noi siamo diversi. Vediamo in cosa consiste questo nostro essere diversi.
Primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità.
Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.
Noi comunisti abbiamo 60 anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.
Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell’economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l’iniziativa individuale sia insostituibile, che l’impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell’attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie…
La socialdemocrazia non basta, si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l’occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.
Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici, non c’è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione, che, con questi nuovi voti, i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa Vada in giro per la Sicilia,vedrà che in gran parte c’è stato un trasferimento di clientele. Socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e sanza la quale la questione morale.
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli e denunciarli e metterli in galera.
La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, con la guerra per bande, con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semmplicemente abbandonati e superati. Ecco perché è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento solo se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare.
Il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. L’inflazione è l’altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l’una e contro l’altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l’inflazione si debba pagare il prezzo d’una recessione massiccia e d’una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.
Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industrializzati -di fronte all’aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all’avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell’economia, ma che l’insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l’avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell’austerità e della contemporanea lotta all’inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.
Il costo del lavoro va anch’esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell’aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire.
28 luglio 1981, 17 anni fa
Davvero possiamo dire che in questi 17 anni il cammino della sinistra è stato in questo senso?
Troppe cadute segnano un cammino interrotto: la bicamerale, lo scippo delle preferenze, il finanziamento ai partiti, la guerra nei Balcani e poi a fianco di Bush, le enormi spese in armi, il precariato, il tradimento del lavoro, le scalate bancarie, le tentazioni del potere, gli urti con la magistratura, gli abusi di casta, l’indulto ai ladri di stato, il Lodo Alfano, il conflitto di interessi mai affrontato, le doppie cariche, il nepotismo e il clientelismo, il regalo delle tv a B, e adesso la società con Confindustria, i patti col Vaticano.. E’ una lista senza fine e viene da piangere.
(video di Berlinguer: http://www.polisblog.it/post/935/enrico-berlinguer-e-la-questione-morale)
Se il Pd avesse affrontato la questione morale non avremmo visto tante aberrazioni e non basta lo spazio per dirle tutte. E se il Pd non ha vinto e in 6 mesi ha perso altri 5 punti e rischia di scomparire su piano europeo come la sx estrema, non è certo perché Veltroni ha impresso una forte ripresa morale. Tutta l’etica veltroniana si è limitata alla citazione di qualche bel personaggio della storia del mondo (nemmeno della storia della sx) e sempre citazione senza imitazione.
Reputo altamente immorale aver scelto il rinnegamento della sx, la distruzione della Costituzione e dei diritti che garantiva, per 1° l’eguaglianza di tutti di fronte alla legge (lodo Alfano!), poi la sovranità popolare (liste prefabbricate?!), l’equilibrio dei poteri, la forma parlamentare e non presidenziale, tutti i diritti del cittadino e dell’uomo, lo statuto dei lavoratori (quale precariato!?), la libera informazione ed espressione (censure?!), la difesa dei deboli (ma dove?), i bisogni dei giovani, l’ascolto dei cittadini, la funzione di servizio pubblico e non di potere privato, la pace, la giustizia, l’epurazione delle mele marce, il bene comune e non l’impunità di una casta...
Su tutti i fronti, se l’azione di D’Alema è sempre stata di combutta criminale con B, Veltroni è stato confuso, molle e troppo spesso dalla parte dei peggiori.
L’appoggio dato a persone come Bassolino o Del Turco ha messo Veltroni in discussione, la sua inettitudine come guida del partito si rivela ogni giorno nelle diaspore interne, ormai è diventato il Villari della situazione, troppe cose lo condannano: il suo inciucio con B sul presidenzialismo forte, la mollezza sul Lodo Alfano, non aver mai affrontato né prima né poi il conflitto di interessi, aver ceduto sulla riduzione delle libertà o le censure alla Magistratura o alle voci critiche, aver svenduto i lavoratori e i giovani, le donne e i deboli, calpestato il diritto di informazione, complottato per ridurre a servitù la giustizia, non aver mai preso le parti dei Pm che denunciavano rei di Stato
Dove sta Veltroni di fronte alla storia della sinistra ? Ai suoi valori etici? Alle sue promesse di libertà e democrazia? Di controllo del potere e di uguaglianza di tutti davanti alla legge? Di giustizia in cammino? Di dignità della persona? Di rispetto del lavoro?
Dove si è messo Veltroni di fronte alla giustizia sociale calpestata ogni giorno? Ai diritti del lavoro distrutti ogni giorno? Ai diritti civili rinnegati ogni giorno?
Come si mette Veltroni di fronte all’arroganza del capitale? Non più contrapposto ma socio dei rappresentanti di quello stesso capitale?! Al punto da presentarceli come i nostri rappresentanti?!
Ma come si mette Veltroni di fronte alla storia di questo partito? Alle sue lotte, alle sue rivendicazioni? Tutto dimenticato? Anche il nome di ‘sinistra’? Anche la matrice popolare?
Dov’è Veltroni e dove sono i governatori del Pd di fronte alla privatizzazione dell’acqua? E alla svendita dei beni comuni? Al regalo del territorio a stati stranieri? Allo stupro del territorio contro gli interessi della popolazione? Al rinnegamento supremo fino a chiedere un patto con la Lega xenofoba, misogina, razzista e nazista!!
Dove sta Veltroni di fronte alla perdita progressiva delle libertà fondamentali di tutto un popolo?
Di fronte all’introduzione degli OGM? Alla precarizzazione infinita? Ai rapporti con una Chiesa sempre più proterva, integralista, negatrice dei diritti della persona?
Cosa rappresenta Veltroni per il mondo delle donne, degli omosessuali, dei giovani, dei poveri, dei precari, dei senza potere, dei democratici, degli onesti?
Come si pone rispetto un contratto di Lisbona che reintroduce la pena di morte e riduce il Parlamento europeo a funzioni consultive mentre tenta di appiattire i salari e i diritti con la direttiva Bolkestein e prosegue con accanimento quella strategia liberista di cui constatiamo il fallimento colossale su piano globale?
da Masada n. 837
Messaggi
1. La questione morale, 7 dicembre 2008, 12:17, di nok
ok, ora però... la questione sociale!