Home > La risposta al neocon continua
Questa volta, contro la propaganda neocen, vorrei riportare le parole di una indiana nobilissima, ormai nota in tutto il mondo:
Arundhati Roy
.. bellissima e piena di grazia, piccola, sorridente e fragile. Ma è
la donna che spaventa l’India, la combattente più temuta dal governo e dalle
multinazionali, il cui grido risuona per tutta l’india e per il mondo.
“È cominciato tutto quando avevo 3 anni. Al mio villaggio io e mia madre, in
quanto donne, eravamo costrette a subire delle restrizioni. In quelle
condizioni, sviluppare una coscienza politica è stato inevitabile».
(Esce adesso il suo libro denuncia: “La guerra è pace”.)
“Quella che chiamiamo pace è poco più che la capitolazione al colpo delle
multinazionali. Sappiamo molto bene chi trae beneficio dalla guerra nell’epoca
dell’impero. Ma dobbiamo anche chiederci chi trae beneficio dalla pace nell’epoca
dell’impero? Vendere la guerra è un crimine. Ma parlare di pace senza
parlare di giustizia può facilmente diventare la difesa di una specie di
capitolazione. E parlare di pace senza smascherare le istituzioni e i
sistemi che perpetrano l’ingiustizia va ben oltre l’ipocrisia. E’ ipocrita
fare una distinzione morale tra l’inesprimibile brutalità del terrorismo e
la carneficina indiscriminata della guerra e dell’occupazione.
Entrambi i
tipi di violenza sono inaccettabili. Non possiamo sostenerne uno e
condannarne un altro
L’assalto alle sezioni vulnerabili e fragili della società è così totale,
crudele e abile che la sua sottile audacia ha intaccato la nostra
definizione di giustizia. Ci ha forzato a limitare le nostre vedute e a
ridurre le nostre speranze. Anche tra i benintenzionati, il nobile concetto
di giustizia viene gradualmente sostituito dal più semplice, e molto più
fragile, discorso dei "diritti umani".
Questo è un cambiamento allarmante....Quasi inconsciamente, stiamo cominciando
a pensare alla giustizia per i ricchi e ai diritti umani per i poveri.
Giustizia per il mondo delle multinazionali, diritti umani per le sue
vittime. Giustizia per gli americani, diritti umani per gli afgani e gli
iracheni. Giustizia per le caste alte degli indiani, diritti umani per i
dalit e gli adivasi. Giustizia per gli australiani bianchi, diritti umani
per gli aborigeni e gli immigrati (a volte nemmeno questo). Sta diventando
più che evidente che violare i diritti umani costituisce una parte inerente
e necessaria del processo di realizzazione di una struttura economica e
politica coercitiva e ingiusta nel mondo.
Sempre più spesso, le violazioni
dei diritti umani vengono ritratte come la sfortunata, quasi accidentale,
conseguenza di un altrimenti accettabile sistema economico e politico. Come
se fossero un piccolo problema che può venire eliminato con un po’ di
attenzione in più da parte di alcune organizzazioni non governative.
...L’invasione e l’occupazione illegale dell’Iraq sicuramente passerà alla
storia come una delle guerre più codarde, una guerra in cui una banda di
nazioni ricche, dotate di sufficienti armi nucleari da poter distruggere il
mondo intero, si è scagliata irosamente contro una nazione povera,
falsamente accusata di possedere armi nucleari, ha usato le Nazioni Unite
per costringerla al disarmo, poi l’ha invasa, occupata e adesso è in
procinto di venderla (alle sue multinazionali, si veda la vendita dell’agricoltura
irachena alla Monsanto)...
L’Iraq è un esempio di ciò che accadrà, segna l’inizio
di un nuovo ciclo. Ci offre l’opportunità di vedere la congiura tra le
multinazionali e il potere militare, che ha finito per farsi conoscere come
"impero", all’opera. Nel nuovo Iraq, il vero conflitto sta per cominciare.
Mentre la battaglia per il controllo delle risorse terrestri si intensifica,
il colonialismo economico per mezzo dell’aggressione militare ufficiale sta
inscenando il suo ritorno. L’Iraq è il culmine logico del processo di
globalizzazione delle multinazionali in cui si sono fusi il neocolonialismo
e il neoliberalismo. Se potessimo sbirciare dietro al sipario di sangue,
intravedremmo le spietate transazioni che hanno luogo nel retroscena.
Invaso e occupato, l’Iraq è stato costretto a pagare 200 milioni di dollari
americani (270 milioni di dollari) come "risarcimenti" per i profitti
perduti alle multinazionali, quali Halliburton, Shell, Mobil, Nestle, Pepsi,
Kentucky Fried Chicken e Toys R Us. Oltre al debito disumano di 125 miliardi
di dollari americani che l’ha costretto a rivolgersi all’IMF (Fondo
monetario internazionale), che aspettava tra le quinte come l’angelo della
morte, con il suo programma di ricostruzione strutturale. (Benché in Iraq
non sembrano essere rimaste molte strutture da ricostruire).
Allora qual è il significato di pace in questo mondo selvaggio, dominato
dalle multinazionali e militarizzato? Cosa significa pace per i popoli dell’Iraq,
della Palestina, del Kashmir, del Tibet e della Cecenia occupate? O per i
popoli aborigeni dell’Australia? O per i curdi della Turchia? O per i dalit
e gli adivasti dell’India? Che cosa significa pace per i non musulmani nei
paesi islamici, o per le donne dell’Iran, dell’Arabia Saudita e dell’Afganistan?
Che cosa significa per i milioni di persone che sono state sradicate dalle
proprie terre da progetti di irrigazione e sviluppo? Che cosa significa pace
per i poveri che vengono attivamente derubati delle proprie risorse? Per
loro, pace significa guerra.
È facile accusare il povero di essere povero. È semplice credere che il
mondo sia caduto nella spirale di un crescente terrorismo e della guerra.
Ciò consente a George Bush di dire:"sei o con noi, o con i terroristi". Ma
questa è una scelta falsa. Il terrorismo è solo la privatizzazione della
guerra. I terroristi sono i liberi mercanti della guerra. Coloro che credono
che l’uso legittimo della violenza non sia la sola prerogativa dello stato.
E’ ipocrita fare una distinzione morale tra l’inesprimibile brutalità del
terrorismo e la carneficina indiscriminata della guerra e dell’occupazione.
Entrambi i tipi di violenza sono inaccettabili. Non possiamo sostenerne uno
e condannarne un altro.
Fonte: http://www.commondreams.org/views04/1103
(da ’Masada’, giornalino di controinformazione, per riceverlo o per postarci articoli, citazioni, commenti versi...scrivi a vivianavivarelli@fuoriradio.com)




