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La seconda mi ha lasciato l’Aids, la prima mi ha reso la speranza
Publie le venerdì 26 gennaio 2007 par Open-PublishingLa seconda mi ha lasciato l’Aids, la prima mi ha reso la speranza…
Di a.g.94
A 16 anni, nel Nord della Francia, ho assaggiato la lotta, ho sfiorato la droga.
Quest’ultima mi ha lasciato l’Aids, la prima mi ha reso la speranza.
La comprensione del partito comunista passa attraverso la scoperta di quelle e di quelli che lo fanno. Passa per uno sguardo attento sulle lotte, i successi, i passi indietro, la storia della nostra nazione e della classe operaia. Comprendere il partito comunista esige che si intendano le parole delle donne e degli uomini que pagano a caro prezzo la loro solidarietà, il loro rifiuto dello sfruttamento dell’uomo.
Ho 48 anni e ho senza dubbio al mio attivo più arresti di José Bové, ho conosciuto i CRS che ci sparavano a braccio teso quando difendevamo radio Quinquin e la siderurgia. Ho ancora sul mento la cicatrice di quando gli scudi ci sono piombati addosso alla Renault di Douai.
Ho ancora l’immagine di René, un militante alto 1 metro e 55 che ha rifiutato di indietreggiare, ho ancora sulle mani il suo sangue, quando ci battevamo, quel 23 marzo 1978, e tentavamo di portarlo via. Ho ancora in me i ricordi di tutti quei compagni, spesso anonimi, che non hanno mai ceduto, anche se talvolta abbiamo ripiegato in disordine.
Ho manifestato per Angela, per Mandela, volevo occupare il consolato del Sud Africa a Lilla e i nostri compagni minatori hanno affrontato i guardiani armati, ho sentito Poniatowski trattarci da nazisti, qui ce ne sono ancora, ho sentito Gustave Ansart fare l’appello dei nostri morti per rispondergli.
Ho sentito la moglie di quel minatore il cui marito era morto in deportazione ed i cui due figli marcivano in prigione nel 1947. Ho visto le lacrime di Gervais : i suoi due figli erano stati fucilati. Ho visto i dieci della Renault trattati come dei delinquenti da un padronato assassino e da una giustizia di classe. Ho visto cadere Dulcie September. Ho incontrato centinaia di delegati della CGT la cui assunzione era vietata. Ho fatto, con un piacere unico, decine di feste de L’Humanité, ho pulito tonnellate di cozze, servito a tavola, incontrato il mondo senza muovermi dalla Courneuve.
Con un’emozione quasi insopportabile ho incontrato i compagni del sud, che avevano bloccato il treno che traslocava le presse della Renault di Douai : i feriti si contavano a decine. Ho occupato fabbriche di notte, di giorno, in settimana e nei week end, ho pianto di rabbia, di collera, di dolore.
Ho lasciato questo partito quando é diventato l’ombra di sé stesso, spingendosi fino a rinnegare il suo passato. Senza di lui, mi sono battuto come un orfano.
Ci sono ritornato perché ho tentato tante altre cose, ho perfino provato i pattini, ma questo partito che mi ha dato tanto e mi ha salvato la vita si sta rimettendo sui binari del Congresso di Tours e non vorrei perdermela per niente al mondo.
Ero allo Zenith e per me Marie-George era una donna, una donna di apparato – e allora ? – e tremavo…
Conoscevo il programma e scoprivo chi lo avrebbe sostenuto. Marie-George Buffet, certo, ma anzitutto quei 6000 cuori e teste che si muovevano allo stesso ritmo, quello della solidarietà, della fraternità, dell’uguaglianza, della libertà. Quella sera di Marie-George Buffet non ce n’era una sola, migliaia.
Idolatria, sentimentalismo ? No, ancora peggio, fusione.
I comunisti sono tornati. In piedi, liberi e fieri come Marie-George Buffet.
E’ un articolo piagnucoloso ma non importa, perché nel mio cervellino poco sviluppato di comunista c’é l’immagine di Guy Moquet, dei suoi 16 anni e dato che il poeta ha la parola, allora :
IL PROBLEMA NON E’ ESSERE PRIGIONIERI MA NON ARRENDERSI
Di : Nazim Hikmet
giovedi’ 25 gennaio 2007
http://bellaciao.org/fr/article.php3?id_article=41702
Tradotto dal francese da karl&rosa