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La sinistra è morta. Ricominciamo da comunisti
Publie le martedì 15 aprile 2008 par Open-Publishing1 commento
lanternerosse 15 aprile 2008
La sinistra è morta. Ricominciamo da comunisti
Marco Sferini
Col ventre ma anche col cervello
Scrivere a caldo a volte fa bene. Scarica la tensione, i nervi e permette di mettere nero su bianco gli umori che scaturiscono dall’assimilazione più o meno coatta delle migliaia di dati, notizie e commenti che si ricevono in queste ore di deludentissimo epilogo della campagna elettorale, del ricorso alle urne per il rinnovo del Parlamento. Non ci saranno rappresentanti comunisti, e più in generale della sinistra, nelle nuove Camere. Non ci sarà nessun senatore di Rifondazione Comunista o deputato, così neppure dei Comunisti Italiani, dei Verdi o di Sinistra Democratica.
E, seppure si parli di un recupero di resti a Rovereto e di un possibile senatore solitario del la Sinistra l’Arcobaleno nell’emiciclo della Camera Alta, la giornata che abbiamo vissuto e che rivediamo oggi con questo commento è e resta storica. Dalla fondazione della Repubblica in avanti non c’è stata legislatura in cui non fossero presenti sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama le sinistre, i comunisti. Insistiamo su questa ambivalenza perchè ci fa ancora più male che parole come "socialismo, comunismo, pacifismo, ecologismo" scompaiano dal Parlamento. Non dubitiamo del fatto che il Partito democratico e il Popolo della libertà pretenderanno di farsi carico almeno di un peloso riferimento al perseguimento di politiche di pace e di rispetto dell’ambiente (le prime con il reinvio e rafforzamento delle missioni belliche all’estero, le seconde con l’edificazione delle grandi opere dal ponte sullo stretto di Messina al Mose, dalla Tav alla base Usa di Vicenza); non dubitiamo che tenteranno anche di dirci, di suonarci la serenata che incanti i lavoratori sulla bontà dell’estensione del precariato, del lavoro flessibile e della defiscalizzazione massima per le imprese...
Senza rappresentanza. Vittoria per Confindustria e Vaticano
Per questo qualcuno tenterà di dire che, in fin dei conti, anche se i comunisti in Parlamento non ci sono più, quelle istanze sociali troveranno cittadinanza ugualmente. Ma la sconfitta, la vera e propria debacle de la Sinistra l’Arcobaleno interroga prima di tutto il punto della rappresentanza: chi porterà davanti al governo le richieste dei più deboli, dai lavoratori ai migranti, dai pensionati agli studenti, dai precari ai movimenti?
Chi farà le interrogazioni parlamentari sui Cpt? E sui criminali omicidi che quotidianamente si riscontrano nei cantieri e nelle fabbriche? Chi porterà sui banchi dei ministri i problemi della scuola pubblica, della sanità, delle pensioni? Che fine faranno le istanze di tutte queste persone? Forse qualche deputato o senatore del Partito democratico un poco meno centrista di altri si porrà qualche scrupolo e riceverà degli input dalla società, dai singoli come dalla collettività. Ma la risposta di un nuovo governo di destra, pervicacemente razzista, liberista e pericoloso per la stabilità democratica e per l’equilibrio tra i poteri dello Stato, sarà di chiusura anche verso il buon volontarismo di qualche sparuta reminiscenza socialisteggiante di un ex diessino o di un democristiano di sinistra che non abbia gettato del tutto alle ortiche il proprio passato, la propria provenienza.
Confindustria e il Vaticano possono ben cantare vittoria, possono affidarsi ad un larghissimo schieramento che condivide, con leggerissime differenziazioni, il primato della morale cattolica sul laicismo repubblicano e il primato del profitto sul salario. Basterebbero queste due polarizzazioni di attenzione politica verso i poteri forti per comprendere come il prossimo Parlamento sia una specie di monoblocco, un monolite attorno a cui aggirarsi a tratti increduli per le prime ore e, dopo aver superato lo schock, con uno spirito fortemente legato alla critica, ad una critica che torni al sociale, che si ritrovi nell’analisi del conflitto tra il capitale e il lavoro.
Il giudizio su la Sinistra l’Arcobaleno?
Ma non voliamo alto, restiamo ad un piano di comprensione del voto. Gli analisti si affannano a ricercare un giudizio sulla coalizione della sinistra che sembrava dover dare seguito ad una domanda di recupero delle istanze dei più deboli e che, invece, ha solo dato e avuto come risposta un flop dalle dimensioni inequivocabilmente titaniche. Se proprio si vuole dare un giudizio sull’esperienza de la Sinistra l’Arcobaleno, sembra del tutto ovvio che quello migliore lo si possa affidare al voto medesimo: la nostra gente, le persone che per una vita hanno votato partiti comunisti, ecologisti o comunque di area anche solo socialista questa volta hanno deciso di comportarsi in alcuni modi che escludevano comunque un consenso per il tanto agognato soggetto "unitario e plurale":
1) c’è chi ha deciso di non recarsi alle urne e di esprimere così una protesta sia verso il più generale ambito della politica italiana, sia nei confronti di una sinistra fatta dai ceti politici e che ha saltato ogni momento assembleare, anche quelli meramente di partito o movimento, e che ha pensato di dare una risposta alla manifestazione del milione di comunisti a Roma il 20 ottobre con l’assemblea, quella con la "S" maiuscola, quella che doveva lanciare un percorso partecipativo dal basso che non si è mai concretato;
2) c’è chi ha pensato che la Sinistra l’Arcobaleno fosse un soggetto annacquato dal moderatismo espresso da Sinistra democratica e fatto proprio da alcuni dirigenti del PRC come Franco Giordano e la pattuglia di quelli che continuiamo a definire gli "scioglientisti": come dare torto a Manuela Palermi quando afferma che in risposta al suo sostegno ai giovani che a Bologna hanno fischiato Ferrara, Bertinotti è uscito pochi minuti dopo con un comunicato stampa che esprimeva solidarietà al leader degli antiabortisti? Questa dimostrazione di iper-istituzionalismo, derivata da una galanteria moderata veramente eccessiva, ha disorientato i nostri elettori e li ha portati verso altri lidi;
3) l’eredità del governo Prodi non è un fattore da trascurare: non abbiamo avuto neanche la politica dei due tempi. Abbiamo solamente sostenuto politiche di attacco al lavoro, alle pensioni e di militarizzazione del territorio, sperando che nel nuovo anno, in questo "annus horribilis", si aprisse una stagione di riforme sociali. Ma Veltroni ha fatto il capolavoro, ha destrutturato il centrosinistra e ha permesso alla destra di ritrovare una solida cartilagine unificante, proprio nel momento in cui lo sfaldamento della Casa delle Libertà appariva come irreversibile;
4) il tentativo di cancellare dalla storia politica di questo paese i comunisti che, va ricordato, ne la Sinistra l’Arcobaleno rappresentavano comunque l’80% delle forze che ne avevano dato vita, è stato azzardato con una discussione da operetta, anzi da bar..., sulla presenza o meno della falce e martello sul simbolo. Mussi ha fatto in fretta a dichiarare che lui i conti con quel simbolo li aveva già fatti all’atto di nascita del PDS e che, pertanto, la questione non si poneva. Ma dietro a queste affermazioni stà la traduzione più vera della contrapposizione tra sostenitori dei simboli del lavoro e detrattori dei medesimi: derubricare il comunismo dall’agenda della sinistra, creare una sinistra che, con una espressione che ci ha sempre fatto rabbrividire, fosse "senza aggettivi", che aspirasse a diventare "la" sinistra, per antonomasia, per eccellenza, per diritto di popolo. Ma, a quanto pare, questo diritto di emanazione popolare proprio non c’è stato. Anzi, siamo davanti ad una sonora bocciatura dell’esperimento federativo e quindi se va ripensato, questo va fatto su tutta un’altra impostazione, cambiando rotta e mettendo a valore le esperienze che esistono, i partiti che sono sulla scena politica da vent’anni dopo la Bolognina, i movimenti e le autorganizzazioni sociali che protestano per la salvaguardia dei territori, della sostenibilità tra ambiente e sviluppo, per la casa, il lavoro, la salute. Se c’è un verdetto nel risultato de la Sinistra l’Arcobaleno, ebbene questo è inocculatabile: chi voleva il partito unico della sinistra ora sa che non lo vogliono gli elettori. Ne prendano atto. Se non lo faranno, se si continuerà a proclamare ai quattro venti che l’irreversibilità del processo unificante e unico della sinistra è data, sancita e bollata per diritto quasi divino, allora del tutto probabilmente si esacerberanno gli animi di tanti e tanti militanti, di compagne e compagni che - diciamolo serenamente - hanno creduto pochissimo a la Sinistra l’Arcobaleno ma che, nonostante ciò, hanno lavorato per due mesi senza un attimo di sosta per una buona affermazione della lista dai colori dell’iride.
Dopo il voto
Dunque siamo extraparlamentari. Siamo un poco come nel ’68, ma allora forse c’era un qualche motivo di vanto nel rimanere fuori dalle sedi istituzionali. C’era l’ondata rivoluzionaria, il cambiamento radicale della società che sembrava a portata di mano. Oggi al governo ci sono per la terza volta Berlusconi, Bossi e Fini e in Parlamento c’è un’opposizione che, il più delle volte, si schiererà con la maggioranza ad esempio in politica estera o sul convenire che le imprese pagano troppe tasse, che il salario è una variabile dipendente dal mercato e che la flessibilità è un male necessario per alcuni, una benedizione per altri.
Va aperta una discussione. Una discussione franca, sincera, anche brutale. Va detto con chiarezza quello che bisogna dire, senza reticenze di alcun tipo, senza timidezze. Ne va dell’esistenza di Rifondazione Comunista, principalmente, in questo Paese. L’unica forza della sinistra che ha in sedici anni provato ad investire prima su un protagonismo operaio e poi su quello dei movimenti per finire nel cercare una coesistenza tra le lotte e il ruolo di governo. La linea portata avanti dal gruppo dirigente del PRC mostra oggi i segni di un cedimento strutturale questo sì irreversibile. C’è ancora la possibilità di mettere insieme sia l’autonomia dei comunisti che l’unità della sinistra. Ma l’unicità della sinistra no, ci porterebbe solamente a percentuali elettorali ancora più basse e ad una sclerotizzazione progressiva delle nostre strutture, ad una disaffezione di massa delle compagne e dei compagni proprio da quella politica che intendevamo salvare e che, invece, ci ha punito così severamente.
Squadra che perde si cambia. Attendiamo un segnale dai gruppi dirigenti. L’esempio di Boselli forse lo dovrebbero seguire in molti.
Una cosiderazione personalissima
La sinistra è morta. Parafrasando un grande attore americano potrei dire che anche io non mi sento troppo bene... Ma non è vero. Certo, il colpo è stato forte, ma siccome non siamo ancora sul limitare della storia e siccome almeno noi trentenni vorremmo poter sperare di vivere una nuova stagione in cui ridare all’Italia un forte partito comunista, ci sia permesso lavorare in questo senso. Dedichiamo tutte le nostre energie, intellettuali e manuali alla ricostruzione della sinistra che passa, prima di tutto, per una riorganizzazione politica dei comunisti in Italia. Non è ancora finita, compagne e compagni. E citando Guccini...: "Ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me che cos’è la libertà...".
Messaggi
1. La sinistra è morta. Ricominciamo da comunisti, 16 aprile 2008, 22:14, di antonio
per discutere vi consiglio questo sito:
www.marcorizzo.eu
Vedi on line : discutiamo del futuro...