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La sinistra non deve farsi ingabbiare in logiche liberiste ma deve pretendere il cambiamento, come da programma

Publie le lunedì 3 luglio 2006 par Open-Publishing

Urgenti questioni di governo nazionale e di governo locale
SANITA’, LAVORO, DIRITTI COMUNI

L’allarme lanciato dal segretario del PRC Franco Giordano la dice lunga su quanto sta avvenendo nel governo Prodi: a fronte del coerente impegno di governo di Rifondazione per l’attuazione del programma dell’Unione, sono in atto manovre per non rispettare l’impegno preso con gli elettori, dietro il sottile ricatto della stabilità del governo. E’ una cultura politica ipocrita questa dei "furbacchioni del centro", una cultura governista che dietro le parole nascondono la volontà di non uscire affatto, o del tutto, dal "berlusconismo". Nonostante gran parte del popolo italiano, vedi anche la schiacciante vittoria al referendum sulla Costituzione, abbia chiesto una cultura e una politica alternativa.

Questo ricatto, intriso di populismo, rischia di ricalcare le logiche del primo governo Prodi, oggi però, rischia di funzionare e lasciare Rifondazione di fronte a un dilemma lacerante: accettare di tutto o assumere un profilo conflittuale, rispettoso delle lotte e speranze dei movimenti di questi anni? Nel rispetto di quel binomio "unità e radicalità" coniato da Bertinotti alla base dell’accordo di programma comune dell’Unione; nel rispetto della nostra dignità politica; nel rispetto di quel popolo di sinistra che vogliamo far contare.

Come stare in un governo, anche in quelli regionali, provinciali e comunali, per quella che chiamiamo "sinistra radicale", è il tema d’attualità per capire realmente dove questo centrosinistra intende andare, ad esempio, su problemi discriminanti come la sanità (servizio pubblico e gratuito), lavoro (fine della precarietà e espansione dell’occupazione), diritti comuni ( gestione pubblica dell’acqua e politiche energetiche eco-rinnovabili). Uscire dal ricatto della stabilità a prescindere è vitale, pena l’inutilità politica della sinistra.

Questo è l’allarme che noi, impegnati sui temi delle politiche sanitarie e ambientali, in Piemonte lanciamo dopo oltre un’anno di Governo Bresso.

Liberazione di sabato 17 giugno ha pubblicato un’intervista a Mario Valpreda, assessore alla sanità del Piemonte e indipendente eletto nelle liste di Rifondazione, il quale affronta correttamente il problema del deficit ma edulcora le problematiche di un piano sanitario regionale per nulla condiviso dagli operatori della sanità del PRC, fortemente criticato dalle associazioni e recepito con perplessità dai sindacati. Di seguito diamo alcuni sintetici elementi di riflessione, per suscitare un dibattito proficuo sulle politiche sociali e istituzionali di tutta la sinistra radicale.

Le domande di fondo che poniamo sono queste: le lotte e le elaborazioni del movimento vanno subordinate, o peggio archiviate, di fronte agli equilibri tra le componenti di una Giunta di centrosinistra, fino ad accettare politiche sociali neoliberiste? Dopo un anno di inutili tentativi per interloquire con le politiche della Giunta crediamo che queste domande vanno poste pubblicamente agli organismi dirigenti nazionali di Rifondazione e alle istanze di movimento interessate, in particolare a tutta quella rete di organizzazioni e associazioni partecipi del percorso della Sinistra Europea.

Davanti alle pagine della proposta di PSSR della Regione Piemonte, non si può che provare delusione e sconforto: da un documento così importante per una nuova concezione della salute e della sua tutela, considerate le aspettative suscitate dalla vittoria del centro-sinistra in Piemonte, cittadini e operatori attendevano un segnale forte, nei contenuti e nei metodi di elaborazione. Nel piano non s’intravede neanche un’accenno di sforzo progettuale innovativo, per dar risposta alle esigenze della popolazione fatta sempre più di anziani, di cronici, di persone fragili e svantaggiate. Anche la difesa della prevenzione è in realtà accompagnata da una concomitante sottrazione di risorse economiche, ma soprattutto umane, indispensabili per farla funzionare, mentre sappiamo quanto contino gli uomini nella vigilanza sugli allarmi più minacciosi: territorio, ambiente, alimentazione e lavoro.

L’accorpamento delle aziende territoriali, a fronte di esigui risparmi delle figure dirigenziali, pone enormi problemi di sprechi e di disservizi per l’unificazione di tutte le infrastrutture di supporto oltre ad essere fonte di contenziosi interminabili con le amministrazioni locali e soprattutto con le popolazioni che hanno fondati motivi di ritenere che un’aggregazione si stabilizza molti anni dopo la sua introduzione, e che nel periodo intermedio è purtroppo il cittadino a fare da collante fra i servizi sanitari. Questo Piano non sembra tener conto dell’enorme problema della “logistica” delle aree vaste, problema che ha fatto fallire più di un tentativo in altre Regioni.

Intanto però, di questi cambiamenti poco avveduti, è il personale sanitario che finisce per pagare il prezzo più alto esposto com’è alla rabbia dei cittadini che lo considera direttamente responsabile della mancanza di una cartellonistica adeguata a segnalare nuove sedi e diverse funzioni, di centralini telefonici che non rispondono più, di servizi soppressi o resi inaccessibili, e quindi in conclusione della diminuzione di prestazioni indispensabili.

Ad oltre un anno dall’insediamento della Giunta Bresso, non si intravedono segnali che connotino una strategia della politica sanitaria coerente con un governo di centro-sinistra, anzi il testo attuale presenta una sostanziale continuità con i principi quando la sanità è stata mandata avanti, anche in assenza di un piano sanitario, fino all’attuale condizione di gravissimo dissesto economico. Dissesto economico che tuttavia non ha impedito alla Giunta di mantenere, con criteri di scelta politica e professionali poco trasparenti, come Commissari la maggioranza dei precedenti Direttori Generali facendo sorgere il legittimo dubbio se i dirigenti che hanno contribuito a crearlo siano oggi i più idonei a risanarlo.

Certamente è opportuno porsi il quesito se l’Assessore che rappresenta in Giunta il Partito della Rifondazione Comunista sia stato finora il più efficace interprete dei bisogni dei cittadini e delle istanze dei lavoratori che con grande entusiasmo e fiducia l’hanno sostenuto e votato.

E certamente non hanno votato per costruire un Piano sociosanitario dove le centralità sono rappresentate dalla sperimentazione pubblico-privato, dalle esternalizzazioni, dagli accorpamenti di asl con il solo scopo di risparmiare briciole, dalle nomine senza trasparenza.

Abbiamo visto questo percorso partire da lontano, con l’introduzione del principio di sussidiarietà e con una legge (la Bassanini) che attribuendo alle singole regioni pieni poteri in materia di sanità già preconizzava la rinuncia a garantire ad ogni singolo cittadino sul territorio nazionale uguali diritti in materia di salute, indipendentemente dal fatto di risiedere in una regione più o meno ricca, più o meno dotata di strutture, più o meno attenta ai bisogni sanitari.

È questa la strada che il governo Berlusconi - Confindustria ha percorso a tappe forzate: già nella Finanziaria 2001 era prevista la cessione alle Fondazioni ossia ai privati - di 16 IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, ossia strutture sanitarie prestigiose che dovrebbero rappresentare il livello di massimo avanzamento quanto a qualità delle cure). Po c’è stato l’accordo dalla Conferenza Stato-Regioni, che oltre a dare via libera alla sperimentazione del sistema sanitario lombardo, ha imposto tagli pesanti alla spesa sanitaria quali ad esempio la riduzione del numero dei posti letto per patologie acute, l’obbligo per le Aziende sanitarie del pareggio di bilancio a qualsiasi costo - e attraverso l’istituzione dei cosiddetti LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) si è sperimentato con efficacia che l’assistenza sanitaria non è più un diritto costituzionale e come tale inalienabile, ma un lusso: chi può si paga un’assistenza integrativa avendo diritto a cure adeguate al bisogno, per gli altri si garantisce i livelli minimi e per il resto tanti auguri di non ammalarsi, anche se di prevenzione se ne fa sempre di meno, oppure la fanno i privati a cui si riconosce sempre di più una funzione pubblica, quella che lo stato ha appunto abdicato.

Fette sempre più consistenti di servizi sia ospedalieri che territoriali rischiano di essere svendute "al miglior offerente", ditte private e cooperative più o meno profit, che risparmiando sulla qualità e sfruttando al massimo lavoratori sempre meno garantiti e sempre più sottopagati promettono di abbassare i costi di gestione. Nelle Aziende Ospedaliere le privatizzazioni, che dovrebbero per legge essere limitate ai servizi non assistenziali, da anni stanno estendenosi come un contagio all’intera attività sanitaria.

In questo scenario gli operatori della sanità continuano a lavorare in condizioni di perenne emergenza, con organici cronicamente carenti, carichi di lavoro insopportabili e salari sempre più lontani anche dal solo recupero dell’inflazione; le corsie degli ospedali assomigliano sempre di più ad unità produttive di una qualunque fabbrica di merci, con le attività di cura e assistenza ridotte alla pura manutenzione/riparazione dei corpi, e le economie di gestione che decidono della qualità del servizio.

Si vuole consegnare la salute degli uomini e delle donne alle leggi della “finanza creativa” di Berlusconi/Tremonti? Si vuole che la cura e l’assistenza cessino di essere un diritto universale? Si vuole che la sanità sia ridotta ad essere solo una merce fra le merci, prodotta comprata - venduta secondo regole che lungi dal garantire il benessere e la qualità di vita, la prevenzione del danno, l’efficacia e l’umanità della cura, sono dettate unicamente dal profitto?

Contro questa logica mercantile facciamo appello alle associazioni, ai singoli cittadini, agli operatori della sanità per difendere il diritto alla salute e alla qualità dell’assistenza, per condizioni di lavoro dignitose e la garanzia dei diritti dei lavoratori.

LA SALUTE NON E’ UNA MERCE, AVVISO ANCHE AL CENTRO-SINISTRA DEL PIEMONTE.

Redazione del periodico Lavoro e Salute

www.lavoroesalute.org