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La spazzatura tecnologica occidentale nascosta sotto il tappeto africano

Publie le venerdì 26 gennaio 2007 par Open-Publishing

Computer, videofonini, televisori dismessi per nuovi modelli vanno poi a finire nei Paesi poveri
La spazzatura tecnologica occidentale
nascosta sotto il tappetto africano

di Sandro Podda
ontagne di rifiuti tecnologici dai venefici effetti. Questo l’apocalittico panorama che attende i Paesi poveri del
pianeta, mentre nelle nazioni più ricche
aumenta esponenzialmente la corsa all’acquisto
di nuovi palmari, videofonini,
computer, schermi al plasma e quanto altro
sfornato dall’industria tecnologica e
proposto in forme allettanti come necessità
ai consumatori.
Rapida obsolescenza dei prodotti elettronici,
consumismo sfrenato, prezzi stracciati
che rendono più conveniente un nuovo
acquisto che una riparazione, sono alcuni
dei motivi per i quali ogni anno, secondo
le stime del Programma delle Nazioni
Unite per l’Ambiente (Unep), i Paesi
ricchi generano cinquanta milioni di tonnellate
di spazzatura elettronica, l’e-waste.
Questa enorme massa di superfluo che abbandoniamo
nel Pianeta è stata al centro
dell’intervento a novembre di Achim Steiner,
direttore dell’Unep, a Nairobi. In particolare
l’agenzia delle Nazioni Unite ha
puntato l’attenzione sugli effetti tossici ed
altamente inquinanti dei nostri scarti ed il
loro impatto sull’Africa, sponsorizzando la
necessità di rivedere e rendere più efficace
la Convenzione di Basel per ridurre la movimentazione
di materiali tossici.
I “beneficiari” di questi scarti sono diventati
in questi anni i Paesi africani, visto che
alcune regolamentazioni più strette hanno
ridotto il loro ingresso nelle nazioni
asiatiche come Cina e India. Un paradosso
della globalizzazione che rivela l’efficacia
del suggestivo principio enunciato da Lavoisier
nel ’700: «In natura, nulla si crea e
nulla si distrugge, ma tutto si trasforma».
Così, i preziosi componenti e metalli pesanti
presenti nei nostri computer, cellulari,
televisori, vengono estratti dalle profondità
del continente africano impoverendone
le risorse e sono spesso causa di guerre
e morte. Una volta utilizzati e dismessi
per i più disparati motivi, questi preziosi
elementi tornano in quei Paesi trasformati
in una nuova arma mortale.
M
Piombo, arsenico, triossido di antimonio,
cadmio, selenio, cobalto, mercurio, sono alcuni
degli elementi presenti in tubi catodici,
circuiti stampati, batterie. Elementi altamente
inquinanti, specie se non smaltiti in
maniera adeguata. Fumi tossici, falde acquifere
inquinate, ecosistemi distrutti, il risultato
del mancato riciclo di oggetti che
hanno nel primo mondo un valore bassissimo.
Centomila computer, sostituiti da nuovi
modelli sulle nostre scrivanie, entrano
ogni mese nel porto di Lagos in Nigeria. Recentemente
in Costa d’Avorio, i fumi tossici
prodotti dall’incenerimento di questi prodotti
ha causato nella zona di Abdijan la
morte di almeno dieci persone e l’intossicamento
di settantamila. Eppure, riciclaggio e
responsabilità ambientale potrebbero essere
un vero e proprio affare per il futuro anche
per le grosse corporations produttrici.
Da una parte si potrebbe utilizzare in maniera
virtuosa la preziosa intuizione di Lavoisier
per recuperare preziose (non solo
economicamente) materie prime. Dall’altra,
l’assumere comportamenti etici nei
confronti dell’ambiente, sembra ricevere
una risposta molto positiva dai consumatori
stessi.
Secondo sondaggi condotti da Greenpeace,
i consumatori sono sempre più orientati a
scegliere “macchine verdi”, computer costruiti
cioé con criteri di eco-sostenibilità,
per i quali sarebbero disposti a spendere cifre
maggiori (anche 200 dollari in più). Notizia
che ha già messo il sale sulla coda ai laboratori
di ricerca di industrie come Dell,
Hewlett Packard, Sony Ericsson. Apple, che
finora si è distinta per l’attenzione all’argomento
ambientale, è nel mirino di una efficace
campagna di Greenpeace per invitarla
a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale
dei propri prodotti, specie in vista dell’ingresso
di un altro probabile record di
vendite dopo l’I-Pod, ovvero l-Phone. Preceduto
da un battage pubblicitario che lo ha
reso la nuova frontiera del desiderio, il nuovo
palmare della Apple sostituirà probabilmente
molti dei nostri vecchi cellulari. Non
risolverà le nostre vite, non ci renderà più felici,
ma siccome ulla si distrugge...
http://www.liberazione.it/giornale/070125/archdef.asp